Nino Viale in discesa sulla nord del Monviso
Il versante nord del Monviso: il couloir Coolidge è il canale di neve che, dalla base, risale fino al ghiacciaio sospeso intermedio, proseguendo poi verso la vetta.
Il Monviso in veste invernale
Il MonvisoÈ il 22 luglio 1975, e un ragazzo allora venticinquenne sta compiendo gli ultimi, delicati passi lungo la cresta. Indossa un maglione blu, pantaloni elasticizzati, scarponi da pista blu e gialli. Dietro di lui, a pochi passi, l’amico Claudio Bodrone porta sulle spalle un paio di sci lunghi due metri e dieci, a strisce bianche, blu e rosse. Il silenzio è assoluto: si sentono solo i suoni dei ramponi che graffiano la roccia e il fiato corto dei due alpinisti. Quando finalmente si fermano sulla vetta del Monviso, a quota 3841 metri, il tempo sembra sospendersi.
L’obiettivo è chiaro: compiere la prima discesa del versante nord della montagna, lungo il canale Coolidge. A provarci è Nino Viale, giovane ferroviere e maestro di sci di Limone Piemonte. Una discesa che non ammette errori, con pendenze comprese tra il 50 e il 55 percento.
L’idea era nata durante una chiacchierata tra maestri di sci, come ricorda lo stesso Viale. A parlare fu l'allora direttore della scuola di Limone Nino Perino, che menzionando il Monviso disse che una discesa per la nord era semplicemente impossibile. Parole che bastarono ad accendere in Viale una fiamma: “Non c’è niente di impossibile. Oltre a desiderare, occorre fare”.
In breve tempo Viale si organizza e coinvolge nel progetto il collega ferroviere Bodrone, appassionato di montagna. Claudio accetta di accompagnarlo fino in vetta, aiutandolo a trasportare gli sci per non affaticarlo in vista della discesa. Ma non solo: con una cinepresa Super8 filma tutto, rendendo immortali quelle effimere curve sulla neve del Monviso.
La salita
La mattina del 21 luglio, Claudio Bodrone raggiunge Nino Viale a Limone Piemonte. Caricano i materiali e si parte alla volta di Pian del Re, in Valle Po. Viaggiano a bordo di una 127 rossa, con gli sci sul tettuccio. “Non era l’epoca delle sciate sui ghiacciai. Scena, dunque, al limite del surreale. La gente, da Limone al Pian del Re, ci guardava come fossimo due cretini”, ricorda divertito Viale in un’intervista a La Stampa.
Raggiunto il rifugio Quintino Sella, dove avrebbero trascorso la notte, la tensione sale. Di quella notte Viale ricorda le ore insonni. “Sapevo di andare a un appuntamento al buio”. Non era mai salito sul Monviso, non lo conosceva. Il canalone? Mai visto prima. Eppure si stava preparando ad affrontare qualcosa di enorme, che molti ritenevano non solo difficile, ma quasi impossibile.
Alle 4.45 del mattino partono alla luce delle frontali. Il giorno arriva presto. Alle 8.30 sono in vetta. Una colazione veloce, qualche minuto di riposo. È tempo di provarci.
La discesa
Il caldo piacevole del sole sulla vetta del Monviso contrastava con il gelo della sua parete nord. Viale scruta a lungo il cielo prima di decidere. Il tempo peggiora, poi schiarisce, verso le 14 arriva la scelta definitiva: si parte. I primi quaranta metri li affronta in corda doppia, per superare un tratto diventato impervio a causa del sole. Poi solo silenzio, concentrazione il coraggio di dare quel colpo per scollare gli sci e andare. “Un appoggio maldestro o un incrocio degli sci sarebbe stato fatale”. Ma ormai Nino è in gioco. Sapeva bene che era un’occasione irripetibile: le condizioni erano perfette e la parete era carica di neve. Ogni tanto banchi di nebbia limitano la visibilità. “Sono stati un aiuto fondamentale: non potevo scorgere il fondovalle e quella pendenza del 55%”.
Nel frattempo, Bodrone segue la discesa passo passo con la Super8, senza perdere nemmeno una curva. Per permettergli di filmare, Viale si ferma ogni cinquanta metri. Un rischio enorme per lo sciatore fermare l’azione, far raffreddare i muscolie dare tempo al cervello di pensare, rischiando di perdere la concentrazione. Così fino al bivacco Villata, che i due raggiunsero alle 17, così per mille metri di dislivello negativo. “Ho alzato le braccia al cielo in segno di vittoria”. Quando Bodrone lo raggiunge, iniziano a parlare. “Mi confessò che i suoi genitori non erano d’accordo con le sue uscite in solitaria”.
Pochi mesi dopo, Claudio Bodrone - coetaneo di Viale - morirà sul Visolotto. Era solo.