Il silenzio bianco: ritratto d’inverno in montagna

Un viaggio nella stagione che avvolge ogni cosa nel suo candore, sospendendo il tempo e la vita sotto un velo di quiete. L’inverno appare come un mistero lento e potente, fragile come un fiocco di neve eppure sovrano della montagna.
Paesaggio invernale, acquerello. Foto di Filippo Del Vecchio

Quando anche le ultime foglie rossastre dell’autunno fluttuano nell’aria per poi adagiarsi al suolo insieme alle altre, l’inverno ha già fatto il suo arrivo.

Gli abeti continuano ad essere verdi, i larici e i loro aghi brillanti oramai a terra, diventano grigi e scuri, le betulle rimangono in piedi come stuzzicadenti bianchi.

All’improvviso, l’inverno è arrivato, accompagnato dalla sua più fedele compagna, che, senza annunci, è comparsa insieme lui. La neve.

L’inverno giunge inatteso, piombando su ogni cosa che incontra lungo il suo percorso. Come ultima stagione dell’anno, dopo i mille colori della primavera e dopo il sole dell’estate, che scalda le rocce e ingiallisce le foglie, arriva il bianco della neve, che copre e uniforma tutto. 

L’inverno, in montagna, rappresenta la chiusura di un anno che volge al termine, è la stagione che accompagna la fine dell’anno, quando il tempo sembra rallentare e invecchiare. Come una persona anziana, bianca e silenziosa in superficie ma con un calore interno che testimonia la vita che continua sotto quell’apparente freddezza, così anche la montagna d’inverno, vestita di neve e di quiete, custodisce un’energia nascosta, che aspetta solo di emergere. 

La neve cade da lassù, lenta e inesorabile, dal cielo plumbeo e paro, che si poggia sopra la vita che prosegue nella valle. Inizia toccando le cime delle montagne, che dalla loro altezza sono le prime ad incontrarla; lì, quando si accumula, addolcisce anche le punte più aspre. Poi, scende senza fermarsi, appoggiandosi lenta sopra ogni sporgenza di roccia, ogni sasso, ogni protuberanza impercettibile della montagna, fino ad incontrare i pendii e la valle e i primi alberi e cespugli. Avvolgendoli di fiocchi bianchi li ricopre, persino tra i rami e gli aghi più fitti, sino ad incrinarli rovinosamente sotto il suo peso, che, fiocco dopo fiocco, aumenta fino a quando “loro” la sgrullano via e “lei”, leggera, si libra in aria come cristallo.

La neve arriva poi sui tetti delle case, li trasforma tutti dello stesso colore, sfidando anche quelli più inclinati che hanno dei fermi per tenerla; sui balconi con qualche geranio dimenticato e, sulle persiane aperte. La neve, mentre cerca un qualunque punto dove potersi fermare, dopo i tetti, sfida i comignoli più caldi e i torrenti e i laghi, dove, silenziosamente, muore. I fiocchi che resistono ricoprono le strade, i vialetti, i marciapiedi, le macchine, le biciclette e le panchine, intanto che gli spazzaneve e le pale costruiscono un labirinto bianco entro cui districarsi. 

Silenziosa e ineluttabile, la neve ha avvolto tutto come una coperta e ha reso tutto meno spigoloso e rigido, le temperature sottozero e i pochi raggi di sole che non faranno in tempo a scioglierla, saranno il suo alleato per i prossimi mesi, così che l’inverno, ultimo arrivato delle quattro stagioni, può finalmente iniziare a mostrarsi.

Le montagne sono diventate azzurrastre, quasi che si confondono con il cielo poco illuminato dal sole, che non può più esprimersi al meglio. Quando l’inverno cala sulle montagne, i sentieri calpestati per mesi tornano a riposare sotto il silenzio della neve. La montagna indossa la sua veste migliore, il bianco delle grandi occasioni che l’hanno resa protagonista di storie gloriose dell’alpinismo invernale, pronta ad accogliere solo chi sa leggere la traccia giusta per raggiungerla. La neve diventa così una pagina immacolata, su cui l’alpinista scrive, con i propri passi, il permesso di salire fino in cima. 

Ma l’inverno, come la montagna, non concede nulla senza adattamento; così anche l’abbigliamento si fa più severo e il terreno duro; ghiaccio e ombra esigono attrezzatura altrettanto severa, come piccozza e ramponi, che insieme diventano compagni indispensabili per aggrapparsi a tutto ciò che resiste solo al gelo.

Tutto, dalla cima più alta fino giù nella valle al suo cospetto, appare domato dal ghiaccio. Tutto quello che prima si muoveva appare dunque immobilizzato

L’inverno sembra riflettere una violenta inquietudine del cielo, che sembra voler cedere da un momento all’altro, portando con sé l’invito a fermarsi e a ragionare sullo stato d’animo nostro e del tempo stesso. L’inverno, come un libro, si apre agli occhi di chi lo sa osservare, che, abbagliato dal bianco, dal candore, dalla purezza e dalla perfezione, rischia di tralasciare il lato più freddo, austero, fermo e distaccato, che si cela sotto quel mantello bianco. 

Questa stagione, unica anche soltanto per le condizioni climatiche richieste per far sì che accada questo magico candore, invita a riflettere e insieme ad attendere. Ci restituisce il senso del tempo che passa e del suo inevitabile declino. Nell’aria si diffonde un’atmosfera sospesa, in cui sembra di percepire i rintocchi e le intermittenti vibrazioni del cuore. Proprio come quando si aspetta, trepidanti, la neve dietro il vetro della finestra. 

La lunga stagione fredda, con i suoi geli, i suoi silenzi e i suoi momenti di apparente immobilità, diventa così la rappresentazione di un mistero che sembra immenso e inconoscibile, come una nebbia fitta in cui lo sguardo umano non può penetrare, se non aspettando con pazienza.

È una stagione che porta con sé una pace lenta e una specie di tristezza e di malinconia, di quiete e di gioia ineffabile che si posano nell’anima. 

L’inverno, così impellente, intenso e deciso si contraddistingue, unico, dalle tre stagioni che lo precedono. In primavera restano i fiori, anche quando appassiscono; d’estate il sole si avverte sulla pelle e lascia poi il suo segno nelle foglie d’autunno, secche e bruciate dal calore. 

L’inverno è diverso, con il suo bianco candore è effimero, passeggero ma costante e proprio per questo prezioso e speciale. Si può ammirarlo, viverlo e goderlo in mille modi, pur sapendo che è destinato a svanire. 

È un po' come cercare di afferrare un fiocco di neve, consapevoli che si fonderà tra le dita.