"In bosco lasciate solo impronte", dagli USA un appello contro le incisioni dei tronchi

Dal Devils Tower National Monument un monito contro il vandalismo "romantico": ecco cosa può succedere sotto la corteccia degli alberi quando incidiamo iniziali o figure.

Quante volte capita di imbattersi in incisioni, per la maggioranza rappresentate da iniziali di nomi e cognomi, apposte su tronchi d’albero a mo’ di ricordo del proprio passaggio? Quella che può sembrare una romanticheria o un gesto innocuo, un’abitudine d’antica data che sfida i tempi, può avere delle conseguenze sull’essere vivente vittima della "decorazione artistica", che spesso sfuggono agli autori. 

A riportarne una efficace testimonianza è il Devils Tower National Monument, area protetta degli Stati Uniti, situata nel nord-est del Wyoming, che nei giorni scorsi ha condiviso sui social l’immagine di un pino giallo (Pinus ponderosa), specie endemica degli Stati Uniti, segnato da incisioni umane che hanno promosso il diffondersi di una infezione nei tessuti dell’albero. 

 

Perché il porcospino può e noi no?

Per agevolare la comprensione da parte del pubblico di quanto e perché, incidere con un coltello il tronco di un albero possa risultare impattante sulla salute di una pianta, è stato riportato a confronto il caso di un danno realizzato sulla medesima corteccia da animali, nello specifico da un porcospino.

 

Il porcospino, in quanto roditore, ha l’abitudine di rosicchiare la corteccia del pino per accedere al tessuto sottostante, di cui si ciba soprattutto nella stagione invernale, quando altre fonti di cibo scarseggiano. Come evidenziato dall’ente, l'animale “è una parte naturale dell'ecosistema” e la pianta sa come reagire al danno inferto.

“Un pino giallo può guarire la ferita creata da un porcospino creando un tessuto calloso attorno ai bordi della cicatrice – spiegano gli esperti del Devils Tower National Monument - e sigillando lo strato interno esposto”.

Questo processo di rapida chiusura della ferita non è detto che abbia successo in caso di tagli più profondi, come quelli che possono essere “praticati da un visitatore sconsiderato”, in quanto “espongono l'albero a patogeni e insetti”, fattori che possono diventare letali per la pianta.

In caso di ferite, gli alberi non sono in grado di sostituire le cellule danneggiate con cellule nuove, ma adottano una strategia di difesa nota come compartimentazione, un processo descritto negli anni Settanta dallo studioso americano Alex Shigo. L’albero tenta di costruire delle barriere fisiche e chimiche, dei veri e propri “muri” interni, per isolare il danno ed evitare la propagazione di organismi e microrganismi invasori nei tessuti sani. Come nel caso di una nave che inizi a imbarcare acqua, le piante procedono in questo modo a chiudere i compartimenti stagni. 

Tuttavia, come evidenziato dall'area protetta, mentre un danno superficiale può essere isolato velocemente, il sistema non funziona adeguatamente in caso di tagli profondi. Per comprendere la gravità della ferita causata in questo caso a un albero, è necessario andare oltre la superficie, oltre la corteccia, prendendo coscienza di cosa si celi sotto di essa. 

Sotto la corteccia si trovano i tessuti vascolari della pianta: il floema, deputato al trasporto dei nutrienti dalle foglie alle radici e lo xilema, che trasporta acqua e sali minerali dalle radici verso le foglie. Tra i due tessuti vascolari si trova un sottilissimo strato intermedio, detto cambio, composto da cellule in grado di dare origine a nuovo xilema e floema. In caso di taglio profondo, il sistema di difesa attivato dalla pianta potrebbe non essere sufficientemente rapido nell’arginare il problema, con conseguente accesso facilitato ai tessuti profondi da parte di microrganismi, come i funghi della carie, o insetti xilofagi. L’albero rischia così di essere consumato dall’interno, diventando strutturalmente fragile e instabile.

Come conclude il Devils Tower nel suo appello, lasciare un marchio può sembrare innocuo, ma sottrae bellezza e salute a esseri viventi, talvolta millenari. Il monito per ogni escursionista rimane quello di un'etica del rispetto: “scattate solo fotografie e non lasciate nient'altro che le vostre impronte”.