Hansjörg Auer sale in free solo la “Via Attraverso il pesce” in Marmolada (2007). Foto Heiko WilhelmIrrequieto genio senza paura, fragile e ambizioso al tempo stesso. È il ritratto che Hansjörg Auer ci restituisce di sé nell’autobiografia,Parete Sud (pp. 304, 22 euro, Corbaccio 2024), molto più che un elenco di imprese strabilianti e visionarie, fra cui spicca la salita in free solo della “Via Attraverso il pesce” in Marmolada, nel 2007. Il 18 febbraio compirebbe 41 anni, se il 16 aprile 2019, con il connazionale David Lama e lo statunitense Jess Roskelley, non fosse stato travolto da una valanga sull’Howse Peak, in Canada. Pochi mesi dopo avrebbe vinto il Piolets d’Or.
UMANO, TROPPO UMANO
La prima salita a 6 anni, con il padre, sui 3000 metri del vicino Hemrachkogel, un’escursione “normalissima” per chi abita a Umhausen, paesino di circa 3500 persone in Austria. Per diversi anni, con amici e fratelli (lui è il terzo di cinque), in montagna va solo per camminare o correre. Lo sport gli serve a sfidare se stesso fisicamente, ma anche a “non perdere la testa” per via delle prese in giro che subisce a scuola (oggi parleremmo di bullismo). “Da giovane venivo spesso ridicolizzato”, scrive, “ero una facile preda”. Forse perché è uno studente introverso, riservato, gli piace stare da solo, andarsene in giro per le sue montagne, dove invece l’insicurezza si trasforma in forza. Quella solitudine diventerà marchio d’artista, qualche anno dopo.
C’è un sentiero proprio vicino a casa, 200 metri oltre il bosco circostante, conduce in cima a una piccola montagna: un dislivello di 1300 metri che nel giro di pochi anni colma in 55 minuti scarsi (per fare i conti, si pensi che le medie prevedono circa 300 metri all’ora).
A casa vive serenamente: suo padre dirige il locale ufficio postale e a casa si occupa della stalla, sua madre non ha tempo che per la famiglia, oltre ai cinque figli deve badare anche ai nonni, coltiva l’orto, ne trasforma i prodotti, garantendo a tutti cibo sano a chilometro zero.
L’interesse per l’arrampicata arriva per caso, su una paretina vicino a casa, che all’inizio non riesce a salire: diventa un tarlo, dopo la scuola torna sempre lì, prova e riprova, finché non riesce a superare il passaggio chiave. Dice di avvertire una “spinta interiore”, una coazione a ripetere che diventa vera e propria fascinazione verso la leggerezza per quei gesti dapprima innaturali, poi sempre più fluidi.
“L’amore per la montagna l’ho sicuramente ereditato da mia madre, l’amore per il rischio da mio padre. L’ambizione sportiva, poi, da tutti e due!”. È il mix che lancia quello che diventerà un talento internazionale dell’arrampicata: per Reinhold Messner, autore della prefazione, il meglio della “gioventù arrampicante” mondiale, simbolo sempre più raro della preziosa essenza dell’alpinismo tradizionale.
Gli occhi della comunità alpinistica mondiale si girano verso quella figura alta e magra che all’improvviso stupisce tutti con un’impresa epica come la salita in free solo della “Via Attraverso il pesce” in Marmolada, nel 2007, perfetta sintesi del carattere e del talento di Auer, che un paio di anni prima è diventato anche guida alpina a Chamonix.
Una figura magra, troppo magra. L’ambizione se lo sta divorando: dietro il successo, mai cercato in quanto tale, c’è l’ossessione per spingere il proprio limite sempre più in là. Hansjörg si dimentica di mangiare un po’ troppo spesso e inizia a soffrire di anoressia. Si chiude nella sua ricerca sempre più sfrenata della perfezione, della difficoltà: “Non voglio far altro che arrampicare, ma l’arrampicata e ciò che ne deriva si sono trasformate in una nuova dimensione che mi tiene prigioniero e mi trovo a vivere all’interno di una spirale che si fa sempre più stretta. Piango piuttosto spesso e non ne parlo, voglio nascondere tutto”.
Gli amici non lo abbandonano. Risale la china, e diventa sempre più forte. Il suo alpinismo, nato in Tirolo e decollato sulle Dolomiti, si allarga al mondo, dove le vette e le pareti ancora da salire sono fortunatamente molto più di quelle già raggiunte, come il Nilgiri South, in Himalaya (2015). È questa l’impresa che apre il racconto: forse perché insieme alla gioia della salita si è portata dietro la perdita dell’amico carissimo Gerry Fiegl.
Un ritratto di Auer.IL LIBRO
A questa fa riferimento quando Auer afferma di aver scritto il suo libro quando ormai ha alle spalle “parecchie altre pareti, molte giornate grandiose, numerose sorprese, ma anche qualche battuta d’arresto e una tragedia”. La stessa a cui andrà incontro anche lui, qualche anno dopo, in Canada, nel Banff National Park.
“Eravamo tutti coscienti dei rischi che comportavano queste imprese” confessa nella postfazione la sua compagna, Tatjana Raich. Ma la fiducia nelle sue capacità placava i timori. “Abbiamo accettato la voglia di Hansjörg di vivere la sua passione”. Il saluto prima della partenza è in realtà l’ultimo: una valanga chiude il sipario, arrestando ogni ambizione e progetto futuro. Probabilmente non solo alpinistico.
Ci restano grandi imprese e un libro (con qualche fotografia) che racconta di un alpinista eccezionale e di un uomo schivo. Un’accoppiata non sempre facile.
L’originale tedesco appare in Austria nel 2017, in Italia molto dopo. All’epoca Hansjörg e il fratello Vitus hanno appena partecipato come scalatori-attori al film di Messner Dramma sul Monte Kenya, uscito nel 2016 (si può noleggiare dal catalogo della Cineteca CAI).
Come fa intendere il traduttore Luca Calvi, nell’introduzione, se non ci fosse stato il covid la traduzione sarebbe forse uscita un po’ prima. A promuoverne la pubblicazione nel nostro Paese sono l’architetta sudtirolese Marlene Roner e il presidente del CAI Alto Adige Carlo Alberto Zanella, con il pieno avallo della famiglia Auer.
La copertina del libro.LE IMPRESE
Non compaiono come mero elenco, si diceva, ma ci sono, contestualizzate nel percorso di vita di Hansjörg e dunque ancor più “umanizzate” pur restando eccezionali.
Ci sono le salite iconiche in free solo delle vie più iconiche in Marmolada: Tempi Moderni (850 m, 7b+, 2006) e Attraverso il Pesce (900 metri, 7b+, 2007), la prima da lui considerata “un’esperienza chiave” superiore alla seconda, perché ha rappresentato la realizzazione del sogno di salire quella via in quel modo.
Eppure, a renderlo famoso è la “Via Attraverso il pesce”, aperta nel 1981 dai cecoslovacchi Igor Koller e Jndrich Sustr: il 29 aprile 2007, a 23 anni, Auer compie infatti la prima salita in free solo assoluta di una delle più famose vie della Parete d’argento: Matteo Della Bordella l’ha salita per primo in libera e a vista un paio di anni prima, per festeggiare i 21 anni (il 4 luglio 2005), la stessa età che avrà Federica Mingolla il 17 luglio 2016 quando sarà la prima donna a ripeterla in libera. Auer impiega tre ore contro le 10 di Maurizio Giordani che si era assicurato per 9 tiri (su 38). Lo fa per se stesso, senza annunci, non perché la via è famosa, ma perché gli piace la roccia fin da quando l’ha salita con un amico nel 2004.
“Per me è stata una giornata abbastanza normale, per il mondo alpinistico invece è stato quasi uno shock” afferma lui in una video intervista nel 2008 al Trento Film Festival. Lo riporta Carlo Budel nel suo libro La sentinella delle Dolomiti, dove ad Auer è dedicato un intero capitolo, tanto l’autore è colpito da quel ragazzo, “un così grande atleta e una persona umanamente squisita”, incontrato nel 2018 durante un breve soggiorno alla Capanna di Punta Penia che Budel ha gestito fino all’estate 2024.
Seguono altre scalate e salite alpinistiche di rilievo: la prima salita in libera della “Via Silberschrei” (300 m, 7c) sul Sasso di Santa Croce, e di “Vogelfrei” (400 m, 8b/+) sulla Schüsselkarspitze, entrambe nel 2009. La prima salita di “Waiting for Godot” (750 m, 7b), nelle Torri del Paine, nel 2010. Tante le prime salite, perché Hansjörg Auer andava dove non andavano gli altri.
IL PIOLETS D’OR
Auer è morto da quattro mesi quando la giuria del Piolets d’Or decide di premiarlo con l’Oscar dell’alpinismo per la salita in solitaria del Lupgar Sar West (7181 m), nel Karakorum occidentale, in Pakistan, realizzata nel 2018. Un riconoscimento che avrebbe ritirato insieme a David Lama, visto che anche al connazionale è stato assegnato per la salita in solitaria della Cresta Ovest del Lunag Ri (6895 m), in Nepal.
L’austriaco ha sfiorato il Piolets d’Or già nel 2014, con la prima salita assoluta del Kunyang Chhish East (7400 m, Karakorum, Pakistan), insieme al fratello Matthias e a Simon Anthamatten, il 18 luglio 2013. A cui sono seguite nel 2016 le salite all’inviolata parete nord del Gimmigela East (7005 m, nell’Himalaya orientale), insieme a Alex Blümel, e sempre con Blümel ma anche con David Lama alla cresta Sud-Est dell’Annapurna III, 2300 metri di dislivello rimasti inscalati a causa delle avverse condizioni meteo. A testimonianza ci resta il pluripremiato cortometraggio Annapurna III Unclimbed, diretto da Jochen Schmoll. In mezzo la già ricordata spedizione dell’ottobre 2015 al Nilgiri South, nell’Annapurna nepalese, salito dalla Parete Sud, all’epoca mai scalata, in cui morì Gerhard Fiegl.
I colossi di Himalaya e Karakorum erano un sogno per Auer, coltivato forse fin da quando, ancora dodicenne, aveva iniziato ad arrampicare insieme alla sua famiglia, frequentando un corso del Club Alpino Austriaco. Ma oltre a quelli, Auer esplorò anche molte altre vette in giro per il mondo, arrivando anche in Patagonia e Norvegia.
UNA VALANGA CHIUDE IL SIPARIO
Oltre alle imprese iconiche, Auer ha dunque aperto e salito parecchie vie su roccia e ghiaccio quando parte per il Canada, diretto all’Howse Peak, nel Parco Nazionale di Banff. Con lui (35 anni) ci sono l’enfantprodige David Lama (28 anni) e Jess Roskelley (36 anni). La salita sulla “Via M-16” di quella vetta alta 3295 metri nelle Montagne Rocciose canadesi è però l’ultima per i tre, travolti da una valanga mentre stanno scendendo, il 16 aprile 2019.
Tocca a John Roskelley, padre di Jess, importante himalaysta statunitense attivo fra gli anni ’70 e ’80, recuperare i corpi dei giovani, pochi giorni dopo. E anche ricostruire l’esatto percorso seguito dalla spedizione, grazie al ritrovamento della GoPro di David Lama e delle foto del cellulare di suo figlio Jess. Contro ogni detrattore, John Roskelley dimostra che la spedizione ha salito addirittura una variante della pericolosa “M-19” aperta da Steve House, Barry Blanchard e Scott Backes nel 1999.
Si chiude così l’ultimo atto di una vita lanciata verso le più alte vette dell’alpinismo, nella consapevolezza di poter morire, ma con l’urgenza di esplorare i confini dell’anima.