In un altro mondo. Wolfgang Güllich e i 7 metri di Separate Reality

Nel luglio 1987 Alp pubblica una copertina memorabile: Wolfgang Güllich, sospeso nel vuoto su Separate Reality, senza corda né appigli psicologici. Un gesto puro, tra coraggio e trascendenza, che ridefinisce il confine tra paura e lucidità.
Wolfgang Güllich

Nel luglio del 1987 Alp pubblica la copertina più emozionante. La foto di Heinz Zak è vecchia di qualche mese, ma resta allucinante. Immortala il fuoriclasse tedesco Wolfgang Güllich, a torso nudo e in pantaloncini leopardati, che scala senza corda e senza rete il soffitto orizzontale di Separate reality, in CaliforniaDecisamente non è un’immagine per deboli di cuore, valutiamo in redazione, e la proponiamo con il gusto delle cose proibite.

Güllich era un ragazzo timido e gentile, tutto il contrario dell’aspirante suicida. Portava capelli folti e neri tagliati alla paggetto e si era ritirato dalle gare di Bardonecchia del 1985 perché non sapeva esibirsi davanti alle folle: “Una massa di gente fa cerchio intorno a me, mi scruta da rigida distanza. Penso che è lo stesso tipo di relazione che c’è tra le scimmie e i visitatori dello zoo». Güllich aveva un talento sconfinato per la scalata e sapeva guardare lontano. Nell’ottobre del 1986, soggiornando per un certo tempo all’accampamento dei climber di Yosemite, aveva cercato l’ispirazione e l’attimo per entrare nella realtà separata. L’ispirazione non arrivava e lui fremeva, finché un giorno, quando ormai pensava seriamente di rinunciare, aveva raccolto la calma necessaria ad annullare i duecento metri di precipizio che separano il tetto di Separate dal torrente giù in fondo, il Merced River, e a concentrarsi sulla fessura di Ron Kauk fino al punto da farla sua: “Ora non c’è più la paura che paralizza, che è come un’oppressione che ti pervade. Ho raccolto tutte le informazioni sulla via, conosco esattamente ogni movimento e l’impegno che mi richiederà. Solo movimenti perfetti, non è concesso nessun errore… Sono tranquillo, un ultimo controllo prima della partenza e mi stacco. La roccia mi fa una fredda accoglienza, le mani devono aderire perfettamente e non devono sudare. I nervi sono saldi, la concentrazione è totale…

Punto tutte le mie forze sulla concentrazione, ogni mossa, ogni metro è calcolato. Salendo mi trovo appeso nel vuoto, senza spinta, ma non mi arrendo e vado avanti”.

L’amico fotografo Heinz Zak racconta: “All’inizio non volevo assolutamente scattare fotografie. Ovviamente a me non poteva succedere nulla, ma immaginate se attraverso le lenti avessi visto Wolfgang cadere davanti ai miei occhi. Pensieri come quello possono farti ammalare… Era come se fosse attraversato dalla corrente e tremava per l’eccitazione. Salì sulla via senza riscaldamento, senza averla neanche scalata prima con una corda. Fece i sette metri verticali iniziali, poi fu in un altro mondo”.