Inarpa, Desarpa, Sappamukki, lo strano vocabolario dell'alpeggio

La tradizione alpina dell'alpeggio è scandita da termini locali, veri e propri pilastri del patrimonio culturale, che variano di regione in regione, talvolta anche di valle in valle.

Tra le vette alpine, annualmente si ripete un rito millenario, in grado di scandire le stagioni. Una tradizione ciclica che vede il suo avvio agli inizi della stagione estiva, quando i prati in quota rifulgono di un verde intenso, e termina, generalmente, in autunno, all’arrivo dei primi freddi in quota, segnale dell’inverno in avvicinamento. Stiamo parlando dell’alpeggio

Termine che non è da intendersi come semplice sinonimo di spostamento del bestiame dalle valli ai pascoli in quota, ma come espressione di una sapienza contadina che, da secoli, collabora nel modellare i versanti, preservare la biodiversità e produrre eccellenze casearie. Oggi, però, l'eco delle campane che annuncia la salita estiva, risuona con una nota di profonda malinconia: l'ombra incalzante della crisi climatica minaccia di spezzare questo legame secolare tra uomo, animali e alta quota. 

L'estate 2025 ha reso evidente quanto il cambiamento climatico stia alterando antichi equilibri. Le temperature elevate di inizio estate, associate anche a una scarsa riserva nevosa invernale, ha determinato da un lato il rapido ingiallimento delle erbe, dall’altro una prolungata carenza idrica, che ha portato in alcuni casi gli allevatori a scegliere la via del rientro anticipato a valle. 

A testimoniare l’antichità e diffusione di questa pratica lungo l’arco alpina sono le denominazioni con cui essa è riconosciuta, e tramandata. Nomi che appaiono talvolta estremamente distanti dalla lingua italiana, tanto da rendere complicata una ipotesi etimologica, affondando le proprie radici nei dialetti locali. 

 

Tanti nomi per una sola tradizione

L'alpeggio è una pratica tradizionale alpina, che prevede lo spostamento del bestiame dalle stalle ai pascoli in quota (monticazione), con permanenza delle greggi o delle mandrie a quote superiori ai 1.000 metri, tipicamente da giugno a settembre, quando avviene il ritorno alle stalle di fondovalle (demonticazione).

Il termine alpeggio fa riferimento, in particolare, all'edificio (alpeggio o malga) che rappresenta il punto di appoggio, sia per il bestiame che per l’allevatore, caratterizzato dalla presenza delle stalle e di un' area destinata alla trasformazione del latte, dunque un caseificio, o casera, ma viene esteso all'intero processo di salita, permanenza e discesa. La migrazione ai pascoli e dai pascoli, è anche detta transumanza

I pascoli offrono, all’inizio dell’estate, abbondanza di erbe, ideali per la produzione di un latte di alta qualità, la cui composizione unica conferisce ai formaggi alpini (come Fontina, Bitto, o formaggio di malga) caratteristiche ineguagliabili. Il valore ecologico di questo rito è inestimabile. Il pascolamento controllato previene infatti l'imboschimento delle praterie d'alta quota, favorendo al contempo la conservazione della loro biodiversità

Il passaggio da fondovalle ai pascoli e viceversa, è scandito da termini locali, veri e propri pilastri del patrimonio culturale, che variano di regione in regione, talvolta anche di valle in valle. 

L'atto iniziale, la monticazione, è celebrato ad esempio in Valle d'Aosta con il termine patois o franco-provenzale di inarpa. La discesa è nota come desarpa e avviene, tradizionalmente, attorno al giorno di San Michele (29 settembre). Una eccezione intraregionale è rappresentata dal patois di Cogne, dove il termine inarpa è sostituito da vétéya e desarpa da devétéya, interpretabili come “vestizione" e “svestizione” della montagna. 

In Piemonte, dove il pascolo in quota è noto nel gergo dialettale come “Aup” o “Alp”, la salita all’alpeggio diventa Andé a l'Aup. In Lombardia ci si può invece imbattere nell’espressione similare andà a mut, dove “mut” sta per pascoli di monte, dal dialetto bergamasco. 

In Trentino è diffuso il termine dialettale desmontegada, mentre in Alto Adige è in uso il termine tedesco almabtrieb. A Sappada, in Friuli Venezia Giulia, si utilizza invece una espressione molto particolare, per identificare nello specifico la festa legata alla demonticazione, che è sappamukki. Niente a che vedere con il giapponese, cui apparentemente potrebbe rimandare, semplicemente un neologismo nato per fusione del nome italiano di Sappada e del termine ladino Ploradisch che indica le vacche, ovvero “mukki”. La discesa dai pascoli diventa spesso occasione di giubilo, una vera e propria festa di paese che vede le mucche sfilare addobbate di ghirlande floreali

Una manciata di esempi che denota quanto profondo sia il legame tra la pratica pastorale e l'identità locale. Difendere l'alpeggio, con le sue tradizioni e i suoi ritmi, significa difendere l'identità più profonda delle Alpi.