Incendi, nel 2025 bruciati oltre 100 chilometri quadrati di boschi

Dal 1° gennaio al 15 settembre si sono verificati in Italia circa 1600 grandi incendi boschivi che hanno causato il danneggiamento di circa 115 chilometri quadrati di boschi, il 40% ricadente in aree protette.

Nel 2025 l'Italia, come molte altre nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, ha dovuto fare i conti con una stagione estiva caratterizzata da ondate di calore, siccità prolungata e venti intensi, condizioni che hanno favorito la diffusione e ostacolato il controllo di roghi che, secondo le stime, hanno distrutto su scala europea oltre 1 milione di ettari di superficie forestale.

A sintetizzare l’anno nero degli incendi del 2025 su scala nazionale, è l’ISPRA (istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) che nei giorni scorsi ha diffuso una serie di dati, basati sull’ultimo aggiornamento messo a disposizione dall'EFFIS (European Forest Fire Information System), da cui emerge che in Italia, dal 1° gennaio al 15 settembre, si siano verificati circa 1600 grandi incendi boschivi, a seguito dei quali è andata in fumo una superficie totale stimata pari a circa 890 chilometri quadrati, di cui il 13% rappresentato da boschi. 

 

Estate 2025, la stagione nera degli incendi boschivi

Quando si parla di “stagione degli incendi”, non si fa riferimento a un periodo dell'anno definito e costante, o meglio, non sempre. Per esigenze di carattere logistico, il Dipartimento della Protezione Civile riconosce come stagione degli incendi il periodo che va dal 15 giugno al 30 settembre, periodo durante il quale viene attivata della campagna antincendio boschiva, che prevede il rafforzamento delle capacità operative di prevenzione e lotta attiva, mobilitando mezzi aerei e a terra regionali e statali. In generale per l'Italia, la stagione degli incendi ha durata variabile, in funzione della distribuzione statistica dei roghi, comprendendo i mesi estivi e, a seconda delle annate, occasionalmente anche i mesi di marzo o ottobre. Per il 2025, l'ISPRA ha identificato come finestra temporale della stagione estiva il periodo che va dal 15 giugno al 15 settembre 2025, nel quale si è concentrata la maggioranza dei grandi roghi. 

I fattori che promuovono un incremento in frequenza degli incendi boschivi nei mesi estivi, sono molteplici. Gli incendi negli ecosistemi naturali sono eventi non prevedibili, spesso innescati da attività umane, accidentali o dolose, che possono potenzialmente verificarsi in qualsiasi stagione. Ma la loro propagazione è fortemente favorita da condizioni meteo-climatiche specifiche: l'associazione di temperature elevate e assenza prolungata di precipitazioni rende la vegetazione estremamente prona alla combustione. Condizioni che si manifestano con maggiore frequenza in estate, specialmente nell'Italia peninsulare, e sono spesso aggravate da particolari condizioni di ventosità.

Sulla base dei dati dell’ISPRA, la stagione incendi del 2025 si trova a gareggiare con quella del 2023 “per il peggiore risultato negli ultimi 4 anni, sia in termini di superficie complessiva bruciata, che per impatto sugli ecosistemi forestali.”

Nel dettaglio, dal 15 giugno al 15 settembre 2025, risultano essere andati in fumo circa 100 chilometri quadrati di superficie forestale, pari quasi al 13% della superficie totale percorsa da incendi. La categoria maggiormente danneggiata è quella delle foreste di latifoglie sempreverdi (ca. 50 chilometri quadrati), principalmente rappresentata da leccete e macchia mediterranea. A seguire le foreste di latifoglie decidue (ca. 25 chilometri quadrati), quali querceti, faggete e boschi misti. Al terzo posto si posizionano i boschi di conifere (ca. 20 chilometri quadrati), seguiti da 5 chilometri quadrati di foreste con classificate. Dal 1° gennaio al 15 settembre, i dati aumentano leggermente, portando il totale della superficie forestale bruciata a 115 chilometri quadrati

Di particolare rilevanza è il dettaglio che quasi il 40% degli ecosistemi forestali colpiti da incendio, ricadano all’interno di aree naturali protette. Questi siti, istituiti per garantire la conservazione degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali selvatiche, hanno subito un danno ecologico profondo e difficilmente reversibile nel breve periodo, compromettendo gli sforzi di tutela a lungo termine.

 

A pagare i danni maggiori i boschi del Mezzogiorno

In termini di distribuzione lungo la Penisola, gli incendi verificatisi durante tra gennaio e settembre, mostrano una evidente disomogeneità, a conferma della complessità di fattori in gioco nel promuovere l’innesco e il diffondersi di tali fenomeni, quali clima, vegetazione ma soprattutto azione antropica. Le regioni del Sud Italia hanno sostenuto quasi l'intero onere della devastazione: le quattro regioni più colpite – Sicilia, Calabria, Puglia e Campania – contribuiscono insieme per l'85% del totale delle aree bruciate su scala nazionale.

La Sicilia detiene il primato per superficie complessiva percorsa dal fuoco, con ben 480 chilometri quadrati bruciati, che costituiscono più della metà del totale nazionale, di cui 37 rappresentati da ecosistemi forestali.

Segue la Calabria, dove su un totale di 143 chilometri quadrati percorsi dal fuoco, la parte forestale ammonta a 26. La Puglia ha visto bruciare 81 chilometri quadrati, di cui 10 di superficie forestale. Infine, la Campania ha registrato 58 chilometri quadrati di superficie percorsa da incendio, di cui 18 di aree forestali.

L'analisi a livello provinciale vede al primo posto la provincia di Agrigento, in Sicilia, con 171 chilometri quadrati percorsi dal fuoco, che corrispondono al 19% dell'intera superficie nazionale bruciata. Tuttavia, è il territorio provinciale di Cosenza, in Calabria, a registrare il dato più preoccupante, in relazione al patrimonio boschivo, con 13 chilometri quadrati di ecosistemi forestali distrutti.

 

I casi più gravi del 2025

La stagione 2025 è stata segnata da alcuni episodi di particolare gravità che hanno minacciato e danneggiato aree di inestimabile valore naturalistico, molte delle quali sotto tutela ambientale. Tra questi, spicca l'incendio che il 20 luglio ha devastato la provincia di Trapani, coinvolgendo i comuni di Buseto Palizzolo, Castellammare del Golfo, Custonaci e San Vito Lo Capo. Il fuoco ha interessato oltre 55 chilometri quadrati di superfici naturali arbustive e prative. L’area bruciata ricade prevalentemente all’interno di siti ad elevato valore di conservazione come i siti Natura 2000 (Monte Cofano, Capo San Vito, Monte Sparagio) e, in particolare, la Riserva Naturale Regionale Orientata dello Zingaro.

Altri episodi di rilievo che hanno interessato direttamente gli ecosistemi boschivi si sono verificati tra il 22 e il 23 luglio e il 13 agosto nelle province di Enna e Caltanissetta. Qui, la superficie forestale bruciata è stata stimata in circa 11 chilometri quadrati, con incendi localizzati in comuni come Caltagirone, Gela e Niscemi. Anche in questo caso, il fuoco ha aggredito siti compresi nella Rete Natura 2000, in particolare le Zone Speciali di Conservazione dei "Boschi di Piazza Armerina" e la "Sughereta di Niscemi", provocando danni irreversibili a formazioni boschive uniche.

Infine, sulle pendici del Vesuvio, tra il 5 e il 12 agosto, un incendio di vaste proporzioni ha interessato circa 8 chilometri quadrati nei territori comunali della provincia di Napoli (tra cui Boscotrecase e Terzigno). Di questa estensione, 3 erano superficie forestale, e l'intera area bruciata si trova all'interno del settore sud-orientale del Parco Nazionale del Vesuvio e dei relativi siti della Rete Natura 2000.

Il bilancio finale della stagione incendi 2025 non è da leggersi come una mera lista di eventi di cronaca, ma come testimonianza della fragilità del patrimonio boschivo italiano, che necessita di investimenti maggiori e strategie di prevenzione più efficaci.