India-Pakistan: tensioni geopolitiche e permessi negati. L’alpinismo nell’era 2.0

Nel cuore delle più alte montagne della Terra, l’alpinismo si scontra con divieti, incertezze e cambi di rotta. Le spedizioni del 2025 raccontano molto più che semplici ascensioni.
La parete Diamir del Nanga Parbat © Wikimedia Commons

Nel cuore delle montagne più alte e isolate del mondo non è solo la natura a dettare legge. L’alpinismo si sta confrontando con questioni vhe vanno ben oltre le difficoltà tecnicbe delle vie. Le recenti tensioni tra India e Pakistan hanno infatti avuto ripercussioni dirette sulle spedizioni alpinistiche in corso nel Karakorum, costringendo numerosi gruppi a rivedere, modificare o addirittura annullare i propri obiettivi.

 

Le prime spedizioni

Tra i primi a muoversi in Pakistan il francese Helias Millerioux, arrivato nel Paese tre settimane fa con piani ambiziosi si è ritrovato solo, dopo il forfait dei compagni, in un territorio complesso. Senza una meta precisa, Millerioux ha trascorso alcuni giorni sul ghiacciaio Momhil esplorando vie potenzialmente scalabili e offrendo corsi di arrampicata ai giovani locali di Karimabad. Alla fine è stato raggiunto da Medhi Vidault e un altro compagno, con i quali ha scalato e sciato alcune cime minori di 6000 metri. Lunedì scorso il trio ha raggiunto la vetta dell’Ambareen Sar (6171 m), una montagna modesta rispetto ai giganti circostanti ma salita solo due volte prima d’ora. Una scelta “di ripiego” che si è trasformata in una nuova avventura.

Meno fortunata la spedizione statunitense composta da Vitaliy Musiyenko e Sean McLane. I due, che già erano arrivati in india da un mese, avevano pianificato l’ascesa del Kishtwar Shivling. A causa dell’inasprirsi delle tensioni con il Pakistan, si sono visti negare il permesso. La scelta alternativa è caduta sul Chaukhamba I, una zona poco esplorata e logisticamente complessa, dove le difficoltà si sono subito moltiplicate.

“Oltre ai seracchi instabili e alle valanghe, il caldo improvviso ha reso il ghiaccio pericoloso, trasformandolo in cascate e lastre scivolose”, ha raccontato Musiyenko. “Volevamo una storia di resistenza, ma a un certo punto bisogna riconoscere che la vita conta di più” ha concluso ricordando anche il momento in cui è caduto in un crepaccio.

Allo stesso modo anche la spedizione italo-americana composta da Michael Hutchins, Stefano Ragazzo e Chris Wright ha subito un destino analogo. I tre avevano pianificato l’impegnativa scalata della parete sud-ovest del Rimo III, una vetta remota nell’estremo est del Karakorum indiano. Anche per loro, permessi negati e obiettivi da riformulare in corsa.

 

Chi ce l'ha fatta?

Non tutte le spedizioni sono state colpite. Alcuni hanno raggiunto con successo le mete previste, come quelli sull'Ultar Sar e sullo Spantik. Altri sono attualmente in azione, tra cui i gruppi guidati da Denis Urubko e David Goettler sul Nanga Parbat. Altre squadre, francesi e italiane, sono in viaggio verso il Gasherbrum IV.

Vedremo cosa ci riserverà questa difficile, ma ricca stagione.