Malghe sotto la neve © PixabayCon l'inverno ormai alle porte, i dati sulla presenza di neve fotografano un quadro di forte criticità, quantomeno in Italia: accumuli di neve significativamente inferiori alla media storica e un preoccupante deficit di Snow Water Equivalent (SWE) - l’indicatore che quantifica quanta acqua sarebbe disponibile se la neve si fondesse completamente - con implicazioni dirette per la disponibilità futura di acqua dolce nel Paese.
I primi dati di dicembre: un inverno “debole”
Secondo gli aggiornamenti più recenti della Fondazione CIMA, l’inizio della stagione nivale 2025-2026 ha avuto un avvio incerto: pur partendo da segnali incoraggianti a fine novembre, l’arrivo di una fase di clima insolitamente mite e di precipitazioni scarse ha interrotto l’accumulo di neve su molte aree montane italiane. Al 17 dicembre 2025, l’equivalente idrico nivale complessivo a scala nazionale mostra un deficit di circa -61% rispetto alle medie storiche, con significative differenze territoriali.
Nel bacino del Po, che rappresenta il serbatoio nevoso più importante della Penisola, il gap rispetto alla media si attesta attorno al -48%, mentre nell’area dell’Adige il deficit supera il -50%. Sulle Alpi a quote medio-basse, l’accumulo risulta particolarmente vulnerabile a oscillazioni termiche, e solo oltre i 2500 metri si osservano situazioni leggermente migliori ma comunque al di sotto della norma.
ISPRA: scarse precipitazioni e bilancio idrico sotto osservazione
Il rapporto ISPRA sullo stato di severità idrica nazionale racconta un contesto pluviometrico complessivamente siccitoso nelle ultime settimane, con precipitazioni inferiori alla media e condizioni anticicloniche che hanno favorito giornate miti anziché nevose sulle montagne italiane. La combinazione di pioggia anziché neve nelle fasce di alta quota e temperature più elevate del normale ha ridotto significativamente la capacità delle montagne di accumulare risorsa idrica sotto forma di neve.
Queste condizioni sono particolarmente critiche nelle aree appenniniche, dove la quota neve è risultata intermittente, e dove un mix di temperature troppo miti e precipitazioni insufficienti ha portato a accumuli molto al di sotto della media storica.
Le cause principali
L'analisi dei dati evidenzia come la prima parte di dicembre sia stata caratterizzata da un’anomalia termica positiva, con temperature marcatamente sopra la media stagionale su gran parte del territorio, e da una distribuzione di precipitazioni irregolare. Questo schema meteorologico ha favorito la fusione precoce delle nevicate di novembre e ha ostacolato la formazione di un manto nevoso consistente nel mese corrente.
Le previsioni stagionali a breve termine indicano una possibile persistenza di temperature sopra la media per buona parte del Paese, con precipitazioni destinate a rimanere sotto la norma soprattutto al centro e al sud. Ciò rende ancora incerta la possibilità di chiudere in positivo il deficit di SWE durante l’inverno, se non con un significativo cambio nella circolazione atmosferica.
Il valore di Snow Water Equivalent non è un semplice dato meteorologico: rappresenta la quantità di acqua potenziale immagazzinata nelle montagne, che andrà poi a rifornire fiumi, falde, invasi e l’agricoltura durante la primavera e l’estate. Una stagione con accumuli così bassi può contribuire ad aumentare il rischio di siccità idrica nei mesi caldi, soprattutto se le piogge primaverili non riusciranno a compensare il deficit accumulato.
Secondo gli scenari storici, anni con basso SWE sono spesso associati a periodi di stress idrico estivo, con impatti su irrigazione, produzione energetica idroelettrica e gestione delle risorse idriche. Analisi di lungo periodo evidenziano già una tendenza alla riduzione di accumuli nevosi negli ultimi decenni, collegata anche ai cambiamenti climatici in atto.
Il prossimo aggiornamento dei dati nivometrici, atteso intorno alla metà di gennaio 2026, sarà importante per capire se questa tendenza negativa potrà in qualche modo invertire rotta oppure se la stagione rimarrà una delle più “legate” agli estremi recenti. Una situazione che non riguarda solo i comprensori sciistici ma l’equilibrio idrico dell’intero Paese.