Jirishanca, Gietl: "Roccia fantastica, via impegnativa"

L'alpinista sudtirolese racconta la spedizione del dream team sul Seimila peruviano: "In alto le condizioni erano pessime". La storia del versante meridionale è fatta più di rinunce che di successi
Arnold, Gietl e Huber sulla cima est dello Jirishanca © YT S. Gietl

Dopo avere pubblicato la notizia della salita allo Jirishanca per una nuova via sulla parete sud-est/cresta est, Simon Gietl ha fornito ulteriori dettagli sulla scalata della linea con quello che lui stesso ha chiamato un "dream team". Conoscendo il carattere della guida alpina della Valle Aurina, siamo sicuri che non si tratta di una celebrazione del proprio ego, ma crediamo piuttosto che la definizione abbia a che vedere con l'idea di una squadra desiderosa di inseguire e capace di realizzare i propri sogni.

Ecco quanto riportato da Simon: "Il 15 luglio, alle 9.15, abbiamo raggiunto la cima est dopo due bivacchi!. La via inizia nella parte bassa del muro, talvolta con passaggi in placca, in altri casi su strapiombo, spesso difficili da assicurare. Questa sezione è caratterizzata principalmente da tiri impegnativi, con run-out in punti dove bisogna arrampicare fino al grado 8, in alcune occasioni con passaggi in artificiale fino ad A2. La qualità del calcare a ogni modo è unica: solida, abrasiva, gripposa, una roccia che non troveresti da nessuna altra parte a una altitudine di oltre 5mila metri. La sezione mediana della nuova via segue la rampa diretta di quella aperta dagli italiani, prima di seguire un sistema di fessure interconnesse nella parte alta del muro, fino a incrociare la cresta est, l'itinerario dei primi salitori (Egger/Jungmair, 1957)".

I tre alpinisti successivamente hanno deciso di non proseguire dalla cima orientale fino alla vetta principale "a causa delle pessime condizioni della neve e dell'elevato rischio oggettivo". Huber, Arnold e Gietl hanno dichiarato che si è trattato di una "chiara decisione, motivata da ragioni di sicurezza".

La storia delle salite allo Jirishanca per il versante orientale/meridionale affonda le proprie radici in un passato distante quasi settant'anni, anche se le ascese più importanti sono appena una decina. Nel 1957, gli austriaci Toni Egger e Siegfried Jungmeir attaccano la parete secondo lo stile dell'epoca, facendo largo uso di corde fisse. Al primo tentativo i due trovano neve profonda sulla cresta sommitale e ridiscendono, ma torneranno dopo avere scalato il vicino Yerupajà Chico. Raggiungono nuovamente il punto più alto del precedente push e scalano la parte rimanente, riuscendo così nell'impresa di salire l'ultimo Seimila vergine del Perù.
Nel 1973, un team di 15 alpinisti guidato da Masayuki Shinohara si impegna per più di un mese sulla parte sinistra della parete rocciosa di destra, congiungendosi alla via del 1957 sotto il pilastro più alto. Da lì proseguono fino alla cima. L'anno successivo una nuova spedizione austriaca - guidata da Jürgen Gumpold- cerca una nuova linea sulla parete all'estremità orientale, ma il team deve ritirarsi per via del maltempo.
Bisogna poi attendere l'anno 2000 per un ulteriore infruttuoso tentativo (Kovac-Kozjek-Monasterio), questa volta sulla cresta sud, mentre tre anni più tardi una cordata britannica (Bullock-Powell) riesce a salire per 900 metri a sinistra della via giapponese. Nello stesso anno si registra anche un'ascesa fino alla cima: i francesi Aymeric Clouet e Didier Jourdain attrezzano i primi sei tiri con corde fisse e proseguono poi in stile alpino al centro della parete principale. Raggiungono la cima per lo sperone est. Nello stesso anno Piccini, De Luca e Stoppini, con l'utilizzo del trapano, aprono una linea sulla parte destra della parete - dove saliranno anche Gietl e compagni-, fino a raggiungere la via del 1957, quindi si ritirano.
Dal 2003 dobbiamo registrare un nuovo salto di quasi vent'anni, fino al 2022, quando Vince Anderson e Josh Wharton salgono in libera la parte bassa della via italiana, con difficoltà fino a 7c+, quindi proseguono per la cresta est fino in cima. La via viene chiamata Suerte Integral. Nello stesso anno i canadesi Alik Berg e Quentin Roberts salgono la via Reina Hongo: scalano il contrafforte sud-sud/est, quindi proseguono per la cresta sud fino alla cima principale.