Le imponenti placche del Qualido
Alessandro su placca @Nicolò Conterno - Crimp Films
Il maltempo ha accompagnato la scalata @Nicolò Conterno - Crimp Films
Tante ore passate in portaledge
Alessandro in fessura @Nicolò Conterno - Crimp Films
Joy Division al Qualido, in Val masino, è quello che si può definire un “vione” senza timore di essere smentiti: 20 tiri e già al primo si incontra un 8b, la massima difficoltà della multipitch. Continuando a salire poi non è che le cose si facciano semplici: il grado inganna e ci vogliono davvero tanta tecnica e determinazione per scalare il concatenamento ideato da Simone Pedeferri nel 2004. Le tre vie che la compongono sono Forse si, forse no (I. Koller, P. Machai, M. Piala, 1996), Mellodramma (Gianni e Paolo Covelli, S. Fieschi, F. Spatola, 1989) e Melat (S. Brambati, A. Carnati e P. Vitali, 1993) e non sono troppe le ripetizioni in libera che si sono viste sul suo granito. Questa estate ci hanno pensato Pietro Vidi e Alessandro Larcher a farla tornare di moda, con una salita che, a detta dello stesso Larcher “è stata soprattutto una bella avventura”.
Per una prima multipitch insieme, avete scelto un bell'impegno...
È un bel vione sì, era da un po' che io e Pietro volevamo fare qualcosa insieme. Siamo molto amici, ma io ero a Roma a studiare, lui sempre in giro a scalare. Comunque anche io ultimamente ho preso la direzione delle multipitch e alla fine mi ha proposto questa via. Sapevo che era di Simone, di cui ho molta stima, per cui ho accettato molto volentieri.
Il meteo però non vi ha aiutato, per usare un eufemismo.
Abbiamo trovato un tempo un po' così...diciamo. Eravamo ad Arco a preparare il materiale e dava brutto, abbiamo sentito Simone e Paolo Marazzi ed entrambi ci hanno confermato che non era il massimo. Comunque abbiamo deciso di andare su...siamo passati dal bar di Simone a prendere un caffé e siamo arrivati al bivacco all'una di notte. Le previsioni davano bello al mattino e invece non si vedeva niente, era brutto e c'era nebbia. Abbiamo comunque provato l'8b e l'abbiamo fatto, ma la nostra idea era di provare almeno 5-6 tiri.
È iniziata una corsa contro il tempo.
Il giorno dopo non c'era modo di scalare, ma non avevamo molto tempo, perché poi io sarei dovuto andare in Svizzera e anche Pietro aveva da fare. Così il giorno seguente, approfittando del sole, siamo partiti: avevamo cibo per quattro giorni e ci siamo detti che era un peccato non provarci, anche se ci aspettavano 20 tiri, nessuna idea di come fossero e previsioni meteo piuttosto orribili. Il primo tiro non si riusciva a scalarlo in libera: troppo caldo, sui microcristalli la suola delle scarpette non teneva. Però siamo andati avanti: io ho fatto il secondo, lui il terzo, un 7b e un 7b+ molto duri per il grado che hanno dato. Al quarto tiro abbiamo fatto l'8b e poi abbiamo montato la portaledge.
Avete dovuto misurare la vostra pazienza...
Da lì in poi è iniziata l'epopea: siamo rimasti in portaledge dalle 9 della sera alle 5 del giorno dopo. Alla fine la nostra amicizia ha fatto un salto in avanti, quando stai così tanto tempo in una situazione del genere o vai d'accordo, oppure si fa difficile. Non ce la siamo passata male, ma ogni mezz'ora uscivamo a vedere se si poteva riprendere...il secondo giorno siamo riusciti giusto a rifare un tiro già fatto e provarne altri due, ma poi è venuto buio. Ci siamo fatti un'altra notte, poi abbiamo ripreso. Al quarto giorno finalmente abbiamo trovato tempo buono, siamo riusciti a scalare l'8a e ad andare fino in cima. Non è stato banale, perché comunque eravamo stanchi, avevamo fatto molti bivacchi, la pelle rimasta era poca. Le difficoltà sono calate, ma comunque bisognava scalare ancora 300 metri, 9 tiri, più a carattere alpinistico.
Non eravate del tutto soddisfatti però.
In cima eravamo molto contenti, ma siamo tornati alla base con l'idea di fare anche l'8b iniziale. Siamo arrivati che era sera, abbiamo dormito in bivacco e al mattino l'abbiamo fatto, ci tenevamo a trovare un modo per fare tutti i tiri in libera, anche se quella lunghezza l'avevamo già scalata qualche giorno prima.
Cosa ti rimane di questa big wall?
La cosa più bella è stata l'avventura. Condividere i dubbi, prendere le decisioni insieme e riuscire a fare quello che volevamo, nonostante tutte le incertezze. Abbiamo fatto bene a provarci. E poi come cordata siamo complementari, in futuro spero di scalare ancora insieme a Pietro. Lui ha più esperienza, è stato fantastico, mi ha dato ottimi consigli.
Non avevi mai scalato una via così lunga?
No. Questa estate in Turchia avevamo aperto una via di 700 metri e devo dire che quell'esperienza mi ha aiutato, anche a capire che su un terreno più alpinistico mi trovo a mio agio. Qui ho scalato per la prima volta in multipitch sul granito: un bel battesimo…vista anche tutta l'acqua che abbiamo preso.
Ti orienterai sempre di più sulle multipitch?
Ero gasato anche prima, ma stavo studiando medicina a Roma e non avevo né tempo né energie per dedicarmici davvero. A luglio di quest'anno invece mi sono laureato. Ora sono più pronto per le sfide e sono in cerca di qualcosa di nuovo nell'arrampicata. Per un annetto voglio fare il medico, lavorare in pronto soccorso, in Trentino: ne approfitterò per fare esperienza e avere un po' di tempo per scalare come si deve. Poi mi piacerebbe fare un viaggio tipo Yosemite, dove si possono fare vie lunghe senza essere ostaggio del meteo. Con mio papà sull'Half Dome avevamo salito Snake dike: è una via facile ma stupenda, al tempo arrampicavo appena da due anni, ne avevo 14. Sicuramente ci voglio tornare.