Karakorum: trio americano apre due vie su vette senza nome

Dopo la rinuncia al Dansam Peak, Dane Steadman, Cody Winckler e Blake Berghoff tracciano due prime ascensioni in stile alpino tra le montagne del Pakistan.

C’è un momento in cui la montagna ti costringe a fare i conti con la realtà. È successo così agli americani Dane Steadman, Cody Winckler e Blake Berghoff. I tre giovani alpinisti, tra cui figurano anche i due vincitori del Piolet d’Or 2025 per la via Tiger Lily Buttress sul pilastro nord dello Yashkuk Sar, erano partiti lo scorso settembre verso il Pakistan con in testa un sogno coltivato per anni: salire la parete nord del Dansam Peak, conosciuta anche come K13, una delle ultime grandi vette inviolate dell’area.

“Ho visto per la prima volta una foto del Dansam Peak nel 2021, e sono rimasto immediatamente affascinato dalla sua splendida parete nord” ha raccontato Steadman sui social, spiegando come quell’immagine si fosse trasformata in una bussola per la sua carriera alpinistica. Quando finalmente, dopo anni di attese e permessi difficili da ottenere, il governo pakistano ha concesso l’autorizzazione per tentare la montagna, sembrava che tutto fosse pronto per trasformare quel sogno in realtà.

Arrivati al campo base, a oltre 4000 metri di quota, il cielo si è aperto come per dare loro il benvenuto. “Quando abbiamo svoltato l’angolo del ghiacciaio Ming Ling, il Dansam Peak è apparso in tutta la sua gloria drammatica” scrive Steadman. Ma lo stupore, presto, ha lasciato spazio all’inquietudine. Quella parete perfetta che nelle foto sembrava di granito compatto, sotto gli occhi dei tre americani si è rivelata un caos di rocce instabili e fragili, un ammasso di “granito che si sfalda”, come l’ha definito lui stesso. Anche la discesa, osservata al binocolo, appariva impossibile da gestire in sicurezza. “Non importa quanto a lungo l’avessi tenuta su un piedistallo nella mia mente – confessa Steadman – quella montagna non valeva la vita di nessuno”.

La decisione di rinunciare, presa dopo giorni di osservazioni e riflessioni, è arrivata quasi da sé, suggellata da un enorme boato nel silenzio serale: una valanga ha spazzato il canalone proprio sotto la loro linea di salita. “Per un minuto il mondo è stato solo vento e neve – ricorda Steadman –. Se la decisione non fosse stata già presa, in quel momento non c’era più alcun dubbio”.

 

Ricacolo della spedizione

Rientrati al campo base, il senso di sconfitta si è trasformato in una nuova energia. “Mentre camminavamo verso valle, il senso di smarrimento è stato presto sostituito dall’eccitazione”, scrive ancora Steadman. È stato allora che, in una valle laterale del ghiacciaio Ming Ling, hanno individuato una torre di granito che nessuna carta riportava. “Una zanna di pietra che sembrava spuntata dal nulla”, l’ha descritta. In pochi giorni, con un’attrezzatura ridotta al minimo e un piccolo campo avanzato, i tre hanno attaccato la parete.

Il 23 settembre hanno raggiunto la vetta, a circa 6082 metri, dopo tre giorni di scalata e due bivacchi in parete. La via, circa 500 metri di sviluppo, alterna passaggi di ghiaccio e roccia con difficoltà fino a M6 e A2+. “Abbiamo trovato un’arrampicata varia e bellissima, dalle fessure ripide e soleggiate al misto tecnico, fino ai camini ghiacciati in cui usavamo contemporaneamente piccozze e scarpette” racconta Steadman.

Pochi giorni dopo, forte dell’acclimatazione e di una rinnovata fiducia, la cordata ha individuato un’altra linea, questa volta su una cima anonima di oltre 6300 metri che dominava la testata della valle. Blake Berghoff, colpito da un principio di congelamento ai piedi durante la prima salita, ha deciso con saggezza di fermarsi al campo base, mentre Steadman e Winckler hanno proseguito verso l’obiettivo.

La salita, durata quattro giorni, è stata un viaggio intenso. Dopo quasi 1500 metri di dislivello, i due hanno raggiunto la vetta sotto una leggera nevicata. “La nostra tenda sul ghiacciaio era un piccolo punto nel bianco assoluto”, ricordano. “Sapevamo che la tempesta stava arrivando, ma ci siamo concessi un ultimo sguardo su tutto ciò che avevamo vissuto”. La via, stimata intorno al grado M7 con tratti di AI4+, rappresenta probabilmente la prima ascensione di quella montagna sconosciuta. Appena rientrati al campo base, la neve ha cominciato a cadere e non ha smesso per sei giorni. Il segnale che era tempo di chiudere la spedizione.