© Par Velatrix - WikicommonsC’è un momento preciso, ogni anno, in cui la montagna cambia voce. Non è l’inverno pieno, non è ancora la stagione delle ciaspole né quella dei ramponi. È quel tempo sospeso in cui i boschi profumano di foglie bagnate, le giornate si accorciano e la temperatura, appena cala il sole, precipita all’improvviso. È lì che fa la sua comparsa una delle insidie più subdole e sottovalutate della stagione: il verglas.
La parola verglas deriva dal francese e significa letteralmente “ghiaccio vetrificato” o “strato di ghiaccio trasparente”.
È composta da “verre” (vetro) e “glace” (ghiaccio): l’immagine è precisa - un sottile velo di ghiaccio così liscio e lucido da sembrare vetro. Non è ghiaccio spesso, non è neve compatta. È uno strato sottile, trasparente, spesso invisibile, che si forma nella notte o all’alba sulle pietre lisce, sulle passerelle in legno, sui gradoni levigati dai passi di tutta l’estate. Non scricchiola sotto gli scarponi, non brilla come i cristalli invernali, non avvisa. Eppure basta un appoggio leggermente sbagliato per perdere aderenza e ritrovarsi a terra, spesso in modo violento.
Il paradosso è che questo ghiaccio “leggero” arriva proprio quando molti escursionisti abbassano la guardia. L’aria è fresca ma il sole scalda ancora, i sentieri sono frequentati, gli zaini sono leggeri. Si esce pensando di prolungare la stagione estiva, ma la montagna, silenziosamente, si sta già preparando ad un’altra fase.
Il “vetrato” si annida nei punti meno appariscenti: sui versanti in ombra dove il sole non arriva più, vicino a piccoli rigagnoli o canalette che nella notte gelano, su quelle lastre piatte di roccia che sembrano innocue. Lo incontri spesso nei tratti bassi, nei tornanti boscati, nelle zone d’ingresso dei sentieri, dove la prudenza, paradossalmente, è minore. E quando succede, la scivolata è secca e improvvisa.
Chi lavora nel soccorso lo sa bene: il verglas è un classico delle prime settimane fredde perché non lo vedi arrivare porta con sé piccole fratture, slogature, contusioni.
La prevenzione, in questi casi, è questione di attenzione più che di attrezzatura. Camminare con passo più consapevole, guardare dove si mettono i piedi, percepire la temperatura dell’aria come un segnale e non come un dettaglio. Capire che una lastra bagnata all’ombra alle otto del mattino non è la stessa cosa che a mezzogiorno. E accettare che anche l’autunno ha i suoi pericoli.
La bellezza di questa stagione è proprio lì: nella luce limpida, nel ritmo lento, nel silenzio che si allunga tra un passo e l’altro. Ma è una bellezza che va ascoltata con la stessa attenzione con cui si legge una parete o si segue un sentiero in quota. Perché la montagna, quando cambia stagione, non lo annuncia con le parole. Lo fa con un velo sottile di ghiaccio invisibile.