Cryosat - Foto ESA/AOES Medialab
Antartide - Foto di Peter Mcnally da Pixabay
Laghi subglaciali - Foto ESA (Data source: Wilson, S. et al., 2025)
Antartide - Foto Prof. A. E. Hogg/ Uni. Leeds
Antartide -Foto di AlKalenski da PixabayCosa c’è sotto i ghiacci dell’Antartide? Nuove indicazioni su come immaginare il continente, celato sotto la bianca coltre di ghiaccio e neve, arrivano dallo spazio, grazie ai dati raccolti in un decennio dal satellite Cryosat, dell’Agenzia Spaziale Europea.
Nascosti sotto la più estesa massa di ghiaccio al mondo, vi sono centinaia di laghi subglaciali. Una ricerca pubblicata di recente su Nature Communications rivela la identificazione di 85 nuovi bacini, la cui presenza era finora non nota, distribuiti a diversi chilometri sotto la superficie ghiacciata.
La presenza di questi serbatoi di acqua ha un suo effetto sul “benessere” del continente e dell’intero Pianeta. Sono infatti in grado di influenzare la stabilità dei ghiacciai antartici e l'innalzamento del livello globale del mare.
Satelliti “esploratori” delle profondità antartiche
I dati satellitari raccolti tra il 2010 e il 2020 da Cryosat, hanno consentito ai ricercatori di ricostruire non solo la presenza di questi 85 laghi subglaciali ma anche di verificarne lo stato di attività. Alcuni laghi risultano infatti stabili, come il più grande lago subglaciale antartico finora noto, che è il Vostok, contenente circa 5.000-65.000 km cubi d'acqua, nascosti sotto 4 km di ghiaccio. Altri manifestano cicli di riempimento e svuotamento e presentano anche interconnessioni tra loro, andando a costituire delle reti di drenaggio.
Informazioni estremamente preziose in quanto, come sottolineato da Sally Wilson, ricercatrice dell'Università di Leeds e autrice principale dello studio, in virtù della loro posizione “scomoda”, a chilometri di profondità sotto la superficie ghiacciata, i laghi subglaciali risultano difficili da analizzare. In particolare, i cicli di riempimento e svuotamento, che possono durare mesi o anni, sono stati molto di rado osservati e studiati nel dettaglio. Prima di questa ricerca, erano stati osservati su scala globale circa 36 cicli completi. Ora la cifra sale a 48.
Ma come fanno i satelliti a vedere oltre centinaia di metri di spessore del ghiaccio antartico? Il meccanismo è piuttosto semplice e intuitivo. Il satellite Cryosat non “studia” soltanto l’Antartide ma è in grado di misurare lo spessore del ghiaccio marino e la variazione in altezza delle calotte polari, sia in Antartide che in Artico (Groenlandia), e di qualsiasi altro ghiacciaio nel mondo. Lo fa attraverso la tecnologia radar, in maniera molto certosina. È infatti in grado di identificare anche piccole variazioni localizzate.
Analizzando un decennio di dati raccolti in Antartide, i ricercatori sono stati in grado di rilevare modifiche localizzate nell’altezza della superficie ghiacciata. Variazioni corrispondenti a una sorta di respiro: aumento, diminuzione, aumento, diminuzione. Un ciclo legato ai sottostanti laghi subglaciali che si riempiono e svuotano. In questo modo, studiando i respiri della superficie, hanno potuto mappare i bacini subglaciali.
La ricerca ha risvolti molto importanti in un’ottica di previsione degli effetti del cambiamento climatico. Come evidenziato dagli autori, finora i modelli di innalzamento del livello globale dei mari, hanno basato le proiezioni del contributo antartico sul fenomeno, focalizzandosi esclusivamente sulla calotta glaciale, senza tenere conto della dinamica subglaciale. I dati raccolti, che definiscono la posizione e le modifiche di questi bacini, consentiranno di approfondire le conoscenze sui processi che determinano i flussi di acqua sotto la superficie antartica.
Il legame tra laghi subglaciali e innalzamento dei mari non è diretto. L’acqua di cui si compongono questi laghi è acqua di fusione subglaciale, generata per effetto del calore geotermico, derivante dalla superficie rocciosa su cui poggiano i ghiacci, e del calore che si origina per attrito nello scivolamento del ghiaccio sulla roccia. L’acqua si accumula sul substrato roccioso e ciclicamente defluisce, e tale flusso comporta una riduzione dell’attrito tra il ghiaccio e la roccia su cui esso poggia, favorendone lo scivolamento, verso l’oceano.
Si tratta dunque di elementi sotterranei in grado di influenzare il futuro del continente, agendo sulla stabilità della calotta, e dell’intero Pianeta, andando a influenzare il livello del mare su scala globale. “Mappando dove e quando questi laghi sono attivi – dichiara Sally Wilson - possiamo iniziare a quantificare il loro impatto sulla dinamica glaciali e migliorare le proiezioni future sull'innalzamento del livello del mare".