Il Ministro Roberto Calderoli alla sorgente del Po, Pian del Re, Crissolo, Piemonte.
Il Ministro Roberto Calderoli
Il Ministro Roberto Calderoli
Il Ministro Roberto CalderoliDopo oltre trent’anni, l’Italia si è dotata di una nuova Legge per la Montagna, un provvedimento che ridisegna le politiche per le terre alte con l’obiettivo di renderle più eque, concrete e attuali. La norma - approvata in via definitiva dal Parlamento nel settembre 2025 - dà finalmente una definizione giuridica di “montagna”, introduce una nuova classificazione dei Comuni montani e istituisce la Strategia nazionale per la Montagna Italiana (SMI), pensata per coordinare le azioni dello Stato, delle Regioni e degli enti locali.
La legge mira a contrastare lo spopolamento, garantire i servizi essenziali e valorizzare lo sviluppo sostenibile dei territori montani, mettendo al centro le comunità che li abitano. Tra le misure previste: incentivi fiscali per chi decide di trasferirsi o aprire un’attività in montagna, sostegni per scuole e sanità nelle aree più isolate, interventi ambientali contro gli effetti del cambiamento climatico e il riconoscimento delle professioni che operano nelle terre alte.
Ne abbiamo parlato, in un'intervista esclusiva, con il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, promotore della riforma, per capire cosa rende davvero nuova questa legge rispetto a quella del 1994, come intende rispondere alle sfide di spopolamento e rilancio economico e quale futuro il Governo immagina per le montagne italiane.
Ministro, dopo 30 anni che cosa rende davvero nuova questa legge rispetto alla normativa del 1994?
Anzitutto, e direi finalmente, viene data una chiara definizione di cosa sia ‘Montagna’ in Italia, andando a colmare quel vuoto normativo che vede la tutela della montagna in Costituzione ma non una definizione precisa in una legge vigente. Inoltre verrà realizzata una nuova classificazione dei Comuni che comprenda quelli realmente montani, così che le risorse destinate alla montagna finiscano davvero in montagna. Fino a questo momento avevamo oltre il 55% di Comuni classificati come ‘montani’ a vario titolo, nonostante in Italia solo il 35% del territorio sia effettivamente montano. Da oggi in avanti, grazie alle norme previste dalla nostra legge, la musica cambierà.
Questa legge guarda più alla tutela ambientale, al rilancio economico o al contrasto dello spopolamento? Qual è la priorità politica del Governo?
Ognuno di questi argomenti è importante ed è stato valorizzato dalla nuova legge, proprio perché la priorità è dare dignità alle vere terre alte sotto ogni aspetto. Per contrastare lo spopolamento e favorire il ripopolamento abbiamo anzitutto previsto misure per garantire i servizi pubblici essenziali come scuola e sanità, per esempio il raddoppio dei punteggi per chi opera nella sanità e un punteggio aggiuntivo per chi lavora nella scuola e sceglie di lavorare in zone montane; un contributo per chi va ad alloggiare in montagna, un’indennità aggiuntiva per chi lavora nella sanità e la semplificazione per realizzare asili nido in montagna. Il tutto senza dimenticare altri servizi essenziali come poste, banche, farmacie, una connessione al digitale adeguata e tutti quei servizi di interesse economico generale. Vengono inoltre introdotti incentivi fiscali a chi acquista o ristruttura la propria casa per trasferirsi in montagna. Dal punto di vista dello sviluppo economico, ai giovani che investono sul territorio e aprono un’attività, viene assicurato un supporto tramite agevolazioni. In ottica ambientale sono previsti interventi straordinari per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, attività di monitoraggio e prevenzione in tema di disponibilità delle risorse idriche, misure per vigilare sui grandi carnivori e valorizzazione dei sistemi agro-silvo-pastorali montani. E queste sono solo alcune delle iniziative principali.
Quali sono i tre obiettivi concreti che si aspetta di vedere realizzati entro i primi cinque anni di applicazione della legge?
Confido in una riscoperta della montagna non solo come luogo dove trascorrere le vacanze, ma anche per realizzarsi nella vita. Al fianco delle tante iniziative per sostenere economicamente famiglie e imprese, vi sono ad esempio incentivi per stimolare alcune attività a disporre il lavoro agile attraverso i nuovi strumenti tecnologici. Può essere un’occasione per coniugare il proprio mestiere con il desiderio di vivere in un ambiente non caotico, com’è per definizione la città, e questo potrebbe aumentare il numero degli italiani che tornano a vivere in montagna. L’auspicio è che aumentino anche le attività operative in montagna e le professioni specifiche per queste zone, non solo quelle favorite dalle misure dello smart working. E poi, naturalmente, l’obiettivo è che avvenga un ripopolamento in senso stretto e dunque tanti cittadini tornino a vivere in montagna.
La montagna è materia di competenza regionale: come farà lo Stato a garantire un coordinamento efficace ed evitare conflitti istituzionali? Ma, soprattutto, la Strategia per la Montagna Italiana non rischia di duplicare strumenti già esistenti, come la Strategia nazionale per le Aree interne?
La collaborazione con le Regioni e tutti gli Enti territoriali è uno dei pilastri della mia attività al Governo, l’ho portata avanti fin dal primo giorno e con orgoglio. Posso garantire che verranno rispettate le prerogative che spettano alle Regioni, alle quali peraltro continueranno a venire destinati anche i 100 milioni di euro della quota regionale del Fosmit. Va poi tenuto conto del fatto che all’interno della legge abbiamo previsto dei meccanismi di monitoraggio che coinvolgono attivamente gli enti locali, come ad esempio la relazione annuale per verificare l’attuazione e l’impatto sia della SMI, sia degli investimenti del Fosmit. Nella legge abbiamo previsto che venga presentata in Parlamento ogni anno entro febbraio e sentendo il parere della Conferenza unificata, dove sono presenti tutti gli enti territoriali. Dunque, prendendo ad esempio questo caso, il coordinamento avverrà con i meccanismi già previsti. Per quanto riguarda il rischio di duplicazione degli strumenti, voglio rassicurare chi ci legge: non c’è alcun pericolo che ciò avvenga. Fin da prima di questa legge esistono due canali distinti tra il Fondo per lo Sviluppo delle Montagne e il Fondo per la Strategia delle Aree interne, dunque non si va a duplicare nulla. Anzi, visto che molte zone montane sono anche aree interne, potrebbero vedersi riconosciuti dei contributi anche sotto quell’aspetto.
La legge appare ricca di principi, ma molto dipenderà dai decreti attuativi: come garantire che non resti una “cornice vuota”?
La fase dei decreti attuativi è arrivata per questa legge così come avviene per tutte le leggi, ci lavoreremo adeguatamente senza tralasciare nulla. Da parte nostra, dopo l’entrata in vigore della legge, non abbiamo perso tempo e avviato rapidamente l’iter per il decreto di classificazione dei Comuni montani, che terrà in considerazione i diversi tipi e caratteristiche delle montagne presenti nel nostro Paese. Il via libera ai 6 esperti che collaboreranno con gli Affari regionali è arrivato giusto qualche giorno fa (2 ottobre, nda) ed è già fissata per questa settimana anche la prima riunione per avviare rapidamente i loro lavori. Ho voluto che fossero gli Enti Territoriali a indicare la rosa dei nomi, perché ritengo fondamentale l’ascolto tra le amministrazioni. I 6 esperti indicati sono professionisti di alto livello, riconosciuti per la loro professionalità e competenza su questi temi. Sono certo che sapranno dare il loro importante contributo. Superato questo passaggio, potremo procedere all’assegnazione delle risorse che andranno a rispondere alle esigenze dei territori davvero montani e dei cittadini che li abitano.
Vorremmo toccare un tema che oggi è centrale: la montagna viene spesso ricordata solo per overtourism o incidenti, come riportarla al centro dell’agenda politica quotidiana?
In parte, anche grazie alla nostra legge, ciò sta avvenendo proprio in questo momento. Il percorso parlamentare è durato circa un anno e ha visto un ampio dibattito all’interno delle Camere, con ben 3 passaggi e rispettive approvazioni, senza contare che il dialogo con le opposizioni è stato proficuo e diverse proposte sono state approvate anche senza essere figlie della maggioranza di governo. Nel corso di questi anni, per citare qualche ulteriore esempio, abbiamo promosso insieme all’Università della Montagna il Libro Bianco per la Montagna, un testo che racchiude analisi e riscontri effettivi su questi territori straordinari. Da quando sono Ministro per gli Affari Regionali, inoltre, ho voluto che la giornata della montagna venisse celebrata in zone di montagna e dunque anche nei borghi tra i più caratteristici del nostro Paese. Il primo anno a Edolo, il secondo a Scanno e Villalago, il terzo alle Frabose. Inoltre, sempre per incentivare il dialogo con i territori, all’inizio del mio mandato ho predisposto un’indagine per ascoltare le esigenze degli attori principali che vivono e mantengono vive le montagne italiane. Le occasioni per parlare di montagna si possono sempre creare, e io faccio il possibile per mantenere alto il tema sulla scena nazionale.
Ministro, le risorse del Fondo Fosmit, che scende a meno di 100 milioni annui, non rischiano di essere troppo limitate per sostenere davvero la nuova legge sulla montagna? Ci saranno incrementi di risorse nei prossimi anni o rischiamo di avere una legge ambiziosa ma sottofinanziata?
Per quanto riguarda le risorse, mi sia consentito di fare una precisazione di sostanza: dire che “il Fosmit scende a 100 milioni” non è esatto e potrebbe confondere i lettori. Il Fosmit è e resta da 200 milioni, divisi come sempre per metà in quota statale e per l’altra metà in quota regionale. Ha sempre camminato su due diverse gambe perché nasce proprio per portare avanti le politiche per la montagna da due punti di vista differenti: quello dell’Amministrazione centrale e quello degli Enti territoriali. Aggiungo poi che, guardando solo ai numeri, c’è un dato oggettivo e incontrovertibile: per la montagna non si sono mai viste così tante risorse a disposizione. Giusto per dare un metro di paragone: nel 2021 sono stati stanziati meno di 7 milioni, nel 2022 i milioni sono saliti a 100 milioni e oggi ne abbiamo 200 ogni anno, a partire dal 2023. Inoltre, elemento non trascurabile, queste risorse verranno destinate solo in zone realmente montane grazie ai parametri altimetrico e di pendenza, dunque la torta è aumentata e le fette saranno date solo a chi davvero ne ha necessità. Dall’insediamento di questo Governo, per la montagna sono stati già erogati oltre 500 milioni e ci apprestiamo a erogare anche i 200 milioni del 2025 proprio grazie alle misure contenute nella legge. Il totale fa qualcosa come 700 milioni in 3 anni, mentre fino ai governi precedenti c’erano praticamente solo briciole. Potrebbe essere di più, ma certamente non è poco. E, sempre per chiarezza, faccio notare che i circa 200 milioni annui del Fosmit continueranno a essere integralmente investiti per le zone montane. Ho parlato con il ministro Foti anche della possibilità di destinare parte dei fondi del Piano strategico Aree interne a quelle zone montane che sono anche aree interne e marginali, in questo modo potremo andare a finanziare la SMI e alla montagna potrebbero essere indirizzati anche più dei 200 milioni ora previsti. In poche parole, qualcosa si può ancora fare e da parte mia posso garantire che continuerò a cercare sempre più risorse per le terre alte, perché più ce ne sono e meglio è.
Venendo ai temi del turismo e della responsabilità: Perché non è stata accolta la definizione di rifugio proposta dal CAI, che li intende come presidi lontani da rotabili e impianti di risalita e come mai non si è introdotto in modo chiaro il principio di autoresponsabilità, come chiedevano molti operatori, invece di limitarlo a un riferimento indiretto al codice civile?
Abbiamo dialogato ben volentieri con il Club Alpino Italiano, che ci ha fornito spunti importanti frutto di una conoscenza diretta sul campo. Purtroppo, in alcuni casi, mettere a terra le norme non è semplice e questo è stato uno di quei casi. Nella definizione di “rifugio” si è scelto di tenere conto delle varie esigenze regionali e cercare una sintesi, senza voler prevaricare né rischiare sovrapposizioni di competenze con le Regioni, ma riconoscendo il ruolo che hanno nel sistema montano. Per quanto riguarda il principio di autoresponsabilità, faccio notare che è previsto all’interno della legge e precisamente all’articolo 22. Proprio su questo punto vorrei ringraziare il presidente Montani per aver elogiato questa norma sulle tv a livello nazionale, definendola una misura “eccezionale” che proprio il CAI ha chiesto e ottenuto grazie alla nostra legge.
La legge riconosce le professioni di montagna come presìdi di tutela e valorizzazione del territorio. In concreto, quali nuove opportunità apre per chi già lavora in montagna?
Il riconoscimento delle professioni di montagna è un’opportunità in più per la montagna, e chi la vive, di promuovere le proprie qualità e valorizzare le proprie eccellenze. Ricordo anzitutto che in montagna operano già professioni riconosciute per legge, come ad esempio le guide alpine e i maestri di sci, ma soprattutto che l’esercizio di tali professioni è subordinato all’iscrizione in appositi albi professionali che garantiscono competenza tecnica, conoscenze del territorio, qualità del servizio, rispetto delle norme di sicurezza. Sono professioni che danno valore alla montagna, perché ribadiscono il concetto che in montagna tutto va fatto seriamente, perché parliamo sempre di un ambiente severo che richiede adeguata preparazione. Per scalare, camminare e sciare servono persone competenti che ci accompagnino; non ci si può improvvisare, perché la natura può anche non perdonare. Era doveroso che la nostra legge riconoscesse queste professioni e anche le Regioni potranno fare la loro parte in questo senso. Ma la legge prevede anche che al fianco di queste professioni, diciamo ‘storiche’, ci sia il riconoscimento di nuove professioni, quali quelle rivolte all’ambiente e al paesaggio, alla loro cura e salvaguardia; o le professioni del turismo e dell’accoglienza; oppure le professioni culturali e creative, capaci di dare valore alla storia, alle tradizioni, alle nuove idee; oppure le professioni volte allo sviluppo locale nel segno della sostenibilità. Sono tutte professioni, queste, che non solo rappresentano una grande opportunità per la montagna ma anche per chi la vive, perché attraverso la promozione appassionata del proprio territorio, può esprimere se stesso e il proprio valore, in un connubio montagna-montanaro davvero inscindibile.
In una battuta: questa legge riuscirà davvero a invertire la rotta dello spopolamento o è solo un primo passo?
Il nostro obiettivo è che questa legge possa già dare risposte concrete e invertire la rotta, ci abbiamo lavorato molto e l’auspicio è che i risultati possano dimostrare concretamente la bontà delle iniziative che abbiamo previsto. Come in tutte le cose, servirà mettere a terra il pacchetto completo e osservare gli effetti delle misure. Mi sento però di condividere con i vostri lettori una riflessione: dal periodo della pandemia in avanti, molte persone hanno sviluppato una consapevolezza diversa sulla qualità della vita e dato più valore al proprio tempo, ricercando molto spesso uno stile che non fosse necessariamente frenetico come quello della città. C’è chi ha scelto una “vita lenta” rinunciando in parte alle proprie ambizioni e chi ha fatto la scelta opposta mentre ora, anche grazie a questa legge, le due opzioni possono coesistere. Le moderne tecnologie possono consentire alle aziende di dislocare i propri dipendenti anche in luoghi di lavoro remoti, purché reperibili e operativi attraverso il lavoro agile. Allo stesso tempo, con la garanzia di servizi adeguati, si riducono i divari con le zone del Paese e dunque c’è la possibilità di trovare ciò di cui si ha bisogno senza la necessità di una vita frenetica in città. Sono scelte politiche che abbiamo previsto per rendere attrattiva la montagna anche in chiave moderna, come luogo che può davvero coniugare tutto questo. La legge fornisce tutti gli strumenti utili ai cittadini, sta a loro cogliere le opportunità che queste norme offrono.