Le foreste, una "barriera verde" che protegge dalle valanghe

Le foreste proteggono dalle valanghe, ma non tutte allo stesso modo. Uno studio in corso da 50 anni in Svizzera evidenzia quanto altezza e specie influenzino l'efficacia di queste barriere verdi.

Le foreste svolgono un ruolo importante nel proteggere i versanti montani dal distacco di valanghe, stabilizzando il manto nevoso e limitando la formazione di uno strato continuo e fragile, più prono a distacchi. Uno studio di recente pubblicazione sulla rivista scientifica Cold Regions Science and Technology, mette in evidenza il fatto che non tutte le foreste sono in grado di garantire la medesima protezione

 

Questione di altezza, e non solo…

Quali sono i fattori chiave che consentono a una foresta di svolgere una funzione protettiva nei confronti delle valanghe? Per rispondere a questo quesito, i ricercatori dell'Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF), con sede a Davos, in Svizzera, hanno condotto 50 anni di osservazioni in un sito di rimboschimento a Stillberg, un’area sperimentale nei pressi di Davos. 

Il progetto, che spegne le sue prime 50 candeline proprio nel mese di settembre, ha visto inizialmente i ricercatori preparare l’area sperimentale, piantando lungo un pendio, con pendenza di circa 38 gradi, sopra la valle del Dischma, piantine di diverse specie: pino cembro, pino mugo e larice. Tre specie di conifere, di cui le prime due sempreverdi, l’ultima caducifoglie.

Negli anni a seguire, gli scienziati hanno monitorato l’evolversi del bosco, andando a misurare con regolarità le dimensioni degli alberi e, in inverno, il manto nevoso. In 50 anni si è registrato un numero di valanghe totali nella zona pari a 214. Un dato non distribuito in maniera omogenea in questo ampio lasso temporale.

Fino agli anni Novanta infatti, le valanghe si sono verificate annualmente con una frequenza similare. A seguire, la frequenza è diminuita. La ragione principale, secondo gli scienziati, è da ricercarsi nell’altezza raggiunta dagli alberi, in media pari al doppio del manto nevoso, attorno al 1998. 

Come evidenziato da Peter Bebi, responsabile del gruppo di ricerca sugli ecosistemi montani del SLF, “in seguito, ci sono state significativamente meno valanghe, quasi tutte in singoli canali dove la maggior parte degli alberi era già morta precocemente". La distribuzione delle valanghe è dunque mutata, passando da distacchi diffusi su tutta l’area di studio a zone caratterizzate da accumuli di neve più elevati e densità arboree inferiori. 

L’altezza degli alberi riveste pertanto un ruolo essenziale nella protezione dei versanti dalle valanghe, ma a entrare in gioco vi sono anche altri fattori, quali le specie arboree di cui il bosco è costituito e anche la presenza ed estensione di radure forestali, ovvero di spazi in cui manchi la copertura boschiva, e venga meno l’effetto di stabilizzazione del manto nevoso, operato dagli alberi. 

A livello di specie, lo studio presenta un focus su alcune conifere, classicamente utilizzate per i rimboschimenti in area alpina. Tra le specie utilizzate a Davos, si denota una sostanziale differenza nella capacità di trattenere la neve: le sempreverdi risultano in tal senso migliori del larice caducifoglie. Il motivo è presto chiarito: le sempreverdi hanno la possibilità di trattenere più neve a livello di chioma, consentendo al manto nevoso di restare più basso e irregolare, limitando la formazione di strati deboli che possono innescare distacchi. 

Il larice, che presenta aghi che cadono in autunno, dopo aver acquisito una suggestiva colorazione dorata che rende la specie facilmente identificabile, la neve raggiunge direttamente il suolo, creando accumuli maggiori e più omogenei. Nella pianificazione di un rimboschimento in un’area alpina, allo scopo di garantire una maggiore protezione dalle valanghe, è dunque da preferire una specie sempreverde, in grado di raggiungere altezze significative rispetto al manto nevoso, come l’abete rosso o il pino cembro.

I dati raccolti nel corso di 50 anni presso l’area sperimentale, come sottolineato dai ricercatori, presentano limitazioni in termini geografici nonché di numero di specie arboree prese in considerazione, pertanto non è possibile generalizzare i risultati e ritenerli validi in ogni altra area oggetto di rimboschimento. Possono essere presi come riferimento per la elaborazione di applicazioni pratiche, in aree che presentino condizioni topografiche e forestali simili. Nel caso di paesaggi differenti, i ricercatori raccomandano cautela nell'applicazione delle conclusioni. 

Nonostante tali limiti, come si legge nelle conclusioni della pubblicazione, lo studio "fornisce preziose informazioni sulle interazioni foresta-neve-valanghe” e "mette in luce i vantaggi a lungo termine delle foreste nelle aree soggette a valanghe e il potenziale per migliorare ulteriormente questi benefici al di sopra dell'attuale limite degli alberi.”