Funivia di Zermatt, sullo sfondo il Cervino © PixabayLo chiamano greenwashing e significa “Strategia di comunicazione perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo”. Un bel lavaggio verde e la macchia sparisce. Ma a dire il vero le grandi lobby non ne hanno bisogno e i loro obiettivi sono evidenti: costruire nuovi impianti perché l’ammodernamento di quelli esistenti non produce abbastanza profitti; costruire nuovi edifici a cinque o sei stelle; gonfiare i prezzi delle case e dell’offerta alzando il target dal turismo della domenica a quello del lusso; promuovere le destinazioni presso i super ricchi di Cina, Giappone, Medio Oriente, America e Russia. Questi signori sono sinceri, a modo loro, anche se non conosciamo le loro facce, ma sappiamo che non c’entrano niente con gli speculatori degli anni sessanta e settanta del Novecento, quando costruire un impianto o una stazione di sci spesso significava salvare una valle dallo spopolamento, e a sciare ci andavano quasi tutti, con il tesserino a punti.
Adesso lo sci è uno sport da privilegiati, gente che non si accontenta. Due mesi prima che il Covid fermasse il mondo, il pluripremiato tour operator londinese Scott Dunn, creatore di viaggi esclusivi, ha lanciato l’Epic round the world ski tour, una vacanza sulla neve di 34 giorni che attraversa cinque Paesi e tre continenti per “sperimentare alcuni dei migliori ghiacciai e i più esaltanti fuoripista del Pianeta”. Prima destinazione Zermatt, con pernottamento all’hotel Schweizerhof, il “rifugio di montagna” della Small Luxury Hotels of the World; in alternativa, notte in igloo riscaldato per chi lo desidera. Da Zermatt a Zurigo con il treno dei ghiacciai, poi volo notturno a Sapporo e Niseko, il paradiso della polvere giapponese. Breve shopping doposci a Tokyo, prima di decollare per Whistler e la British Columbia, mecca dell’eliski. Nuovo spostamento ad Aspen in Colorado e altro voletto via Chicago a Reykjavik, in Islanda, verso la penisola di Troll. Tour in elicottero sul ghiacciaio Langjokull, eccetera.
Alla stravaganza del lusso non c’è limite, sarebbe una contraddizione. In quell’ordine di pensieri e strategie c’è solo il segno più. Zermatt sale, Cervinia sale, Campiglio sale, Cortina è già salita così tanto che i figli degli ampezzani devono cercare casa altrove perché le loro costano troppo. La carissima funivia del Piccolo Cervino serve ad attirare i miliardari che atterrano a Zermatt in elicottero; le Cime Bianche potrebbero essere sacrificate al Grand Tour di fantomatici sciatori d’oltre confine e oltre ogni pudore, che poi forse non ci andranno nemmeno. Questo è il modello che guida gli investimenti di oggi, in larga parte pubblici, e a mio parere andrebbe criticato prima di tutto per ragioni di giustizia sociale, prima ancora che di protezione ambientale. Vi sembra giusto che tutti noi paghiamo la neve finta e i paradisi artificiali di chi ha così tanti soldi da annoiarsi a contarli?