Luca Schiera: "Changabang, torneremo. Fattibile in giornata"

La spedizione di Luca Schiera, Luca Moroni e Giacomo Mauri è stata bloccata dal maltempo, ma i tre rimangono fedeli all'idea iniziale, con ancora più voglia di tentare un'ascesa veloce e leggera
Il campo sotto il Changabang © FB Luca Moroni

Luca Schiera, Luca Moroni e Giacomo Mauri questa primavera sono partiti per il Changabang, nell’Himalaya indiano, con l’obiettivo di scalare la mitica montagna che ha ispirato tanti alpinisti e gli stessi Peter Boardman e Joe Tasker, che nel 1976 per primi hanno superato integralmente la temuta parete ovest.  Boardman ha poi reso internazionalmente utilizzato il termine montagna di luce per descrivere il Changabang, grazie a un libro divorato da diverse generazioni di scalatori. “Forse proprio quel libro, considerato uno dei capolavori della letteratura di montagna, è quello che ci ha ispirato ad andare al Changabang: una montagna iconica, alta 6864 metri, formata da creste affilate e pareti di granito così bianco che a fatica si distingue dalla neve che la circonda” spiega Schiera sul sito dei Ragni di Lecco, al ritorno dal tentativo non andato a buon fine questa primavera. Il team non è riuscito mai a scalare, non ha mai trovato condizioni sufficienti per un tentativo sulla parete ovest, che i tre volevano salire in stile alpino.

 

A livello meteo siete stati bersagliati dalla sfortuna? Normale variabilità o forse sono gli effetti del cambiamento climatico?
Abbiamo avuto sfortuna, senza dubbio. Il monsone dovrebbe arrivare nei tre mesi estivi, ma il meteo ha fatto come durante il monsone anche se eravamo in anticipo. Vero è che negli ultimi anni il monsone si sposta. Potrebbe essere una cosa dovuta al cambiamento climatico, non saprei, verso la fine della nostra permanenza abbiamo preso diversi temporali.

 

Cosa siete riusciti a fare?
Siamo arrivati due volte alla base della via, facendo il colle, perché la via inizia a quota 5950 metri. I primi tiri sembrano facilissimi e nelle condizioni che abbiamo trovato è un grosso svantaggio, perché la parete si sporca molto. Le lunghezze iniziali sono sul quarto e quinto grado, ma sei in mezzo alla neve. Se la parete fosse un po' più ripida, seguiresti un sistema di fessure, anche con condizioni difficili potresti progredire in artificiale. Ma così è davvero improponibile.

Un raro momento di bel tempo © FB Ragni di Lecco

Siete riusciti a farvi un'idea migliore sui possibili tempi di salita?
No, dalla base no, ma è sicuramente fattibile in giornata, con buone condizioni. Rimane questo grandissimo dubbio sul tempo di salita, è difficile da dire per il fattore della quota. E i pendii di ghiaccio finale? Quanto ci potremmo mettere? Per essere più precisi bisogna trovarsi lì.

 

Siete rimasti molto scottati dall'esperienza?
No, siamo comunque soddisfatti: non c'era modo di fare altro, forse una salita di ripiego, ma siamo soddisfatti che non abbiamo commesso nessun errore tattico. Il resto è fuori dal controllo che puoi avere e comunque siamo stati in un posto fantastico. La cosa positiva è che siamo rimasti dell'idea iniziale: non ci interessa andare su tanto per andare. I neozelandesi sono stati su con portaledge e via dicendo, però per noi è importante utilizzare un approccio il più leggero possibile in quota. Siamo rimasti fedeli a quello e rimane il nostro obiettivo.

 

Chi ha sofferto di più l'impossibilità di agire? Tornerete?
Con Giacomo siamo stati due volte in Patagonia, ci conosciamo bene ed eravamo anche abituati a certe situazioni, con Luca ho scalato forse due volte in falesia ma ci siamo trovati benissimo. Lì al Changabang comunque era Luca quello che scalpitava di più...Io vorrei tornare, ma al momento non abbiamo una data. Siamo stati in ballo un anno e mezzo tra permessi e tutto quello che serve. I costi sono alti, devi stare lì tanto. Comunque sono andato in tanti posti con probabilità basse, ma provi e vedi quel che viene. Non è il fatto che non sia andata bene che ci ha fatto parcheggiare il progetto per il momento.

La cordata in azione © FB Ragni di Lecco

Siete riusciti a scalare altro?
Abbiamo fatto una salita di acclimatamento in un'altra valle, ma la quota che avevamo era sbagliata: pensavamo di essere a 5800-6000 metri e invece erano 5600. Poi abbiamo portato tutta l'attrezzatura al Changabang. Il meteo era tanto brutto, tentare qualcosa voleva dire stare fuori nel white-out, muoversi su certi pendii, non valeva la pena rischiare…tanto per fare qualcosa. Abbiamo fatto dieci giorni fermi al campo base, bloccati per tentare e nemmeno acclimatati bene. Per salire sul Changabang devi essere veloce, che non vuol dire correre come dalle nostre parti, su roccia, dove letteralmente vai in velocità. Lì devi essere un po' veloce, ma non così tanto, del tempo lo spendi e bisogna essere molto bene acclimatati per reggere la quota.

 

I tuoi programmi per il resto dell'anno?
A fine anno torniamo sulla Egger, in Patagonia, ora sto riprendendo ad arrampicare. Vediamo come si sistema il mio problema alla caviglia, per il resto ci sono un paio di cose, sia sul Bianco che in val Masino...