Luca Sinigaglia, l'alpinista morto sul Pik Pobeda dopo un coraggioso soccorso in alta quota

Sul Pik Pobeda si interrompono, causa maltempo, le operazioni di soccorso dell'alpinista russa Natalia Nagovitsyna. Si attende, nei prossimi giorni, il recupero del corpo di Luca Sinigaglia, alpinista milanese morto a causa di un edema cerebrale, dopo averle prestato soccorso a 7.200 metri di quota.
Luca Sinigaglia, deceduto sul Pik Pobeda dopo un soccorso in alta quota © FB Luka Sinigaglia

Sul Pik Pobeda (7.439 m), la vetta più alta del Kirghizistan e della catena del Tien Shan, si spengono le speranze di recuperare in vita l'alpinista russa Natalia Nagovitsyna, rimasta bloccata a una quota di circa 7.200 metri, dal 12 agosto. Tra tentativi di avvicinamento in elicottero e soccorsi via terra, si è giocata negli ultimi giorni, una corsa contro il tempo, purtroppo ostacolata dalle condizioni meteo avverse. Come riportato dalla redazione di Mountain.ru, la squadra di soccorso, che ieri aveva toccato quota 5.800 metri, è stata oggi costretta a tornare al Campo 1, a causa del nuovo peggioramento del meteo. 

L'alpinista, che a seguito di una caduta, aveva riportato la frattura di una gamba, è stata soccorsa dall’alpinista italiano Luca Sinigaglia e dal tedesco Gunter Siegmund. I due le avrebbero fornito il necessario per sopravvivere in attesa di soccorsi, ovvero una tenda, un sacco a pelo, un fornelletto e del gas, dei viveri, e sarebbero rimasti assieme a lei, trascorrendo una notte in alta quota, in condizioni estreme. Luca avrebbe iniziato ad accusare successivamente problemi di salute e sarebbe deceduto, presumibilmente, per un edema cerebrale, il 15 agosto. Il suo corpo giace in una cava di ghiaccio, a circa quota 6.900 metri. Il recupero verrà effettuato via elicottero, non appena le condizioni meteo renderanno possibile il volo nei prossimi giorni.

Un gesto eroico quello compiuto da Luca e Gunter, che ha consentito a Natalia di resistere una settimana ad alta quota, come confermato da un sorvolo via drone effettuato il 19 agosto. I soccorritori hanno fatto il possibile nelle ultime 48 ore, per raggiungerla, avanzando via terra sulle pendici di quello che è considerato il più ostile tra i Settemila. 

 

L'ultima vetta di Luca Sinigaglia

A fornire i dettagli di quanto accaduto sul Picco della Vittoria, tra il 12 e il 15 agosto, è la sorella di Luca, Patrizia Sinigaglia, che in una intervista rilasciata al Corriere di Milano, racconta l’ultimo contatto avuto col fratello, il 13 agosto, mentre si trovava in tenda con Natalia e Gunter, a 7.200 metri di quota.

Secondo le informazioni fornite, Luca avrebbe raggiunto la vetta in solitaria, per poi iniziare la discesa, fermandosi in una cava di ghiaccio, a circa 6.900 metri. Qui, mentre era insieme all’amico Gunter, sarebbe stato raggiunto dal compagno di cordata di Natalia, Roman, che li avrebbe informati dell’incidente occorso all’alpinista. I due sarebbero quindi risaliti, in suo soccorso. Il 13 agosto, nonostante le condizioni meteo sulla montagna fossero proibitive, i due avrebbero deciso di trascorrere la notte in quota con lei

“Mi aveva chiesto di allertare la Farnesina – racconta Patrizia - . Dal campo base mi dicevano di convincerli a scendere, poiché l’elicottero avrebbe potuto salvare solo una persona” . 

Il fratello ha cercato di rincuorarla, informandola che sarebbe sceso all’indomani. Il 14 agosto, lasciata Natalia nella tenda a 7.200 metri, Luca e Gunter sono tornati alla grotta. Avrebbero dovuto continuare la discesa, ma le condizioni di salute dell’italiano sono peggiorate, in conseguenza del lungo tempo trascorso in carenza di ossigeno in alta quota. Nel pomeriggio di Ferragosto, Patrizia è stata informata del fatto che il fratello non stesse bene. Nella stessa giornata è deceduto per un edema cerebrale.

Luca Sinigaglia, 49 anni, originario di Melzo (MI), si occupava di cyber security, e da circa 20 anni coltivava una forte passione per l’alpinismo. Tra i suoi sogni, quello di conquistare il Premio Leopardo delle Nevi, attribuito a chi riesca a raggiungere la cima delle 5 montagne over 7.000 metri dei territori dell’ex URSS. Una lista cui mancava solo il Pik Pobeda, che dunque può essere considerata completa. 

“Scalava da oltre vent’anni vette importanti come se fosse fare una passeggiata”, ricorda la sorella, evidenziando quanto Luca non fosse uno sprovveduto. Era uno scalatore esperto, in grado di pianificare con attenzione le sue spedizioni. E nelle vesti di soccorritore di alta quota già si era trovato in precedenza, e proprio con Natalia. I due si conobbero sulle pendici del Khan Tengri, in Kazakistan. L'alpinista russa si trovava in difficoltà, il marito Sergej fu infatti colpito da un ictus in alta quota, e volle restargli accanto fino all’ultimo. Fu l'italiano ad aiutarla poi a tornare al campo base. 

“Mio fratello avrebbe salvato chiunque”, il pensiero di Patrizia che, assieme al padre, al fratello Fabio e ai nipoti, spera di poter riportare Luca a casa il prima possibile.