Foto di Pexels da PixabayC’è una nuova problematica che, in maniera crescente, sta interessando le montagne italiane, legandosi al più ampio fenomeno della disinformazione. Si tratta dell’uso poco responsabile dei droni in ambiente naturale, con potenziali conseguenze, in termini di disturbo sulla fauna selvatica. Nella giornata di giovedì 7 agosto, il Parco Nazionale del Gran Paradiso è intervenuto sul tema, denunciando in un post condiviso sui canali social, un caso di utilizzo scorretto del drone, a danno di alcuni esemplari di lupo. La vicenda, come evidenziato dall’Ente, si è verificata al di fuori dei confini del Parco, ma può servire da prezioso spunto per riflettere sul diffondersi di nuove tendenze, potenzialmente dannose per l’ambiente.
Nel dettaglio, il pilota del drone ha realizzato un video nella Valle di Rhemes, in Valle d'Aosta, riprendendo alcuni lupi. L’area, come anticipato, ricade al di fuori dei confini del Parco, all’interno del quale i sorvoli devono essere necessariamente autorizzati. Perché dunque parlarne?
La ragione è da ricercarsi nel “dopo”. Il video è stato infatti diffuso su testate e social, diventando virale. “Fatti come questi purtroppo accadono sempre di più, a causa dello sviluppo dei social e delle testate che riprendono i video rendendoli virali – denuncia il Parco Nazionale - , spesso senza contestualizzare o senza una spiegazione scientifica dei comportamenti. I lupi ripresi sono chiaramente in condizione di stress a causa del drone, indipendentemente quindi dal fatto che il video sia stato fatto fuori Parco invitiamo tutti ad una riflessione su quanto accaduto, perchè il disturbo della fauna non ha confini.”
“Numerosi studi, condotti negli ultimi anni in ambiente alpino - prosegue l'Ente - dimostrano come questi possano causare un notevole disturbo nei confronti della fauna selvatica, poichè causano reazioni di fuga, che comportano un notevole dispendio di energia, con conseguenze potenzialmente negative per quanto riguarda la sopravvivenza e perfino la riproduzione, oltre ad aumentare il rischio di cadute accidentali. Quando si riprende e fotografa un animale, anche non con un drone, dobbiamo sapere che, avvicinandoci troppo, abbiamo un impatto che provoca stress o fuga: è necessario mantenere una giusta distanza, evitare rumori e movimenti che disturbino gli animali, soprattutto durante momenti delicati come nidificazione e alimentazione. Ricordiamo che il sorvolo di droni nei Parchi Nazionali necessitano sempre di autorizzazione preventiva dall’Ente per il quale, la prima regola, è non interferire con le dinamiche della fauna selvatica. Nel Parco è infatti, di norma, la presenza del Corpo di Sorveglianza in caso di riprese con drone autorizzate.”
La scelta del Parco di riportare sui propri canali di comunicazione un fatto di non diretto interesse dell’area protetta, ha una principale finalità, che dall’utilizzo dei droni, può essere estesa più ampiamente alla fruizione dell’ambiente montano: portare all’attenzione del vasto pubblico, la necessità di un approccio responsabile. Essenziale è prendere coscienza della necessità di salvaguardare gli equilibri dell’ambiente in cui ci si muova, ambiente inteso come flora, fauna ma anche componenti abiotiche.
Nel post si evidenzia inoltre un rimando a quello che è un fenomeno in diffusione: la emulazione da social. Che si tratti di un video realizzato da un drone o di un reel che racconti una escursione su una cima alpina, l’effetto cui si assiste sempre più di frequente è il “copia-incolla”. Il tentativo di ripetere esperienze descritte spesso in maniera sommaria, anche in funzione della breve durata dei contenuti condivisi, senza aver raccolto le adeguate informazioni di contorno.
Nel caso specifico dei droni, è da un lato importante informarsi, in funzione dello strumento di cui si è in possesso, se sia necessario per il volo essere in possesso di un patentino, e dove il volo sia liberamente consentito, secondo la normativa italiana e i regolamenti delle aree protette. In secondo luogo, è essenziale impegnarsi nel limitare il disturbo alla fauna selvatica che, all’interno delle aree protette, è punibile con una sanzione amministrativa.
Droni: istruzioni per l’uso in natura
Per utilizzare correttamente un drone in Italia, senza incorrere in sanzioni, è bene conoscere la normativa nazionale, basata sulle disposizioni dell’ENAC (Ente Nazionale per l'Aviazione Civile). Tale normativa prevede l'obbligo o meno di acquisizione di un patentino, in funzione del peso della strumentazione.
Attualmente, droni con un peso massimo al decollo (MTOM) inferiore a 250 grammi e privi di una telecamera o altri sensori che possano acquisire dati personali, non richiedono un patentino per il loro utilizzo all’esterno. Nel caso in cui, nonostante il ridotto peso, il drone sia equipaggiato di telecamera o sistemi di acquisizione di foto o video, è necessario registrarsi come operatore UAS sul portale D-Flight dell'ENAC e apporre il proprio codice identificativo sul drone.
Oltre i 200 grammi di MTOM, risulta obbligatorio dotarsi di un patentino. È possibile conseguire attestati differenti (A1, A2, A3), in funzione del peso del drone e della sua applicazione, ovvero se la finalità sia utilizzarlo in aree distanti da persone, aree residenziali, commerciali, industriali e ricreative o in ambienti in cui siano presenti individui, pur nel rispetto di una distanza minima di sicurezza.
Indipendentemente dall’obbligo o meno di acquisizione di un patentino, è necessario dotarsi di una assicurazione RC. Altra regola, valida dai droni “giocattolo” ai più professionali, è di volare in vista diretta (VLOS), raggiungendo una altezza massima di 120 metri dal suolo e rispettando le “no fly zone”, ovvero le aree interdette al volo, riportate nelle mappe consultabili sul portale D-flight.
Il caso delle aree protette
Le aree protette sono considerate "no fly zone" per i droni, a meno di una specifica autorizzazione. All’interno dei parchi, vige infatti una combinazione di normative. Accanto a quella italiana ed europea precedentemente descritta, vi sono la Legge Quadro sulle aree protette (Legge n. 394/1991), il cui art. 11 riporta il divieto di sorvolo di velivoli non autorizzati nelle aree protette. Questo divieto generico, risalente a prima dell'avvento dei droni moderni, è il fondamento su cui si basano le restrizioni attuali. Obiettivo è proteggere la fauna, gli habitat naturali e la quiete dell'ambiente.
In caso di specifiche necessità, quali prese professionali, realizzazione di documentari o monitoraggio scientifico, è possibile richiedere un'autorizzazione all'Ente Parco o all'ente gestore dell'area protetta. La procedura varia da parco a parco. L’art 11 della Legge n. 394/1991 vieta inoltre esplicitamente il disturbo delle specie animali all'interno dei parchi naturali. L'articolo 30 della stessa Legge prevede sanzioni penali, come l'arresto e l'ammenda, per chi viola questi divieti. Nelle aree protette, il disturbo causato da un drone è dunque considerato un grave illecito, anche nel caso in cui non comporti danni fisici.