Microplastiche, rilevata la presenza nelle larve dei moscerini antartici

L'inquinamento da plastica non conosce confini: l'identificazione di microplastiche nelle larve dell'unico insetto autoctono del continente bianco, lancia un severo monito globale.

La diffusione delle microplastiche, frammenti di plastica di dimensioni inferiori ai 5 millimetri, rappresenta un problema di portata planetaria. Con una produzione annua che nel 2023 ha raggiunto circa quota 414 milioni di tonnellate, gran parte dei rifiuti plastici finisce per accumularsi negli ambienti naturali, persistendo per decenni e degradandosi in particelle sempre più piccole. Questi inquinanti sono ormai onnipresenti: dai fondali marini alle vette montane, dai ghiacciai ai tessuti degli organismi viventi.

Anche gli ambienti più remoti e apparentemente incontaminati, come l’Antartide, non sono immuni da questa forma di inquinamento. Sebbene le concentrazioni siano inferiori rispetto ad altre regioni del mondo, correnti oceaniche, trasporto eolico a lunga distanza e attività umane legate alle basi di ricerca e alle navi da turismo, continuano a veicolare la plastica fino al continente bianco. Precedenti studi avevano già rilevato la presenza dei minuscoli inquinanti nella neve e nell’acqua, ma una nuova ricerca ha portato a una evidenza ancora più allarmante: le microplastiche sono entrate nel ciclo alimentare dell’unico insetto autoctono dell’Antartide, il moscerino Belgica antarctica.

 

Belgica antartica, supereroe polare non immune alle microplastiche

Sulla rivista "Science of the Total Environment” sono stati pubblicati i risultati di una ricerca internazionale, condotta da un team dell’Università del Kentucky, dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e di Elettra Sincrotrone Trieste, finalizzata a esaminare l’impatto delle microplastiche sull’unico insetto endemico dell'Antartide: il moscerino non pungitore Belgica antarctica.

Lo studio è nato con un duplice obiettivo: indagare le conseguenze fisiologiche dell'esposizione alle microplastiche in laboratorio e valutare l'effettiva presenza di microplastiche ingerite in larve del moscerino, raccolte direttamente in natura.

Belgica antarctica è l’insetto più meridionale della Terra. Grande quanto un chicco di riso, produce larve che possono raggiungere densità di quasi 40.000 per metro quadrato, che vivono nelle umide chiazze di muschio e alghe lungo la Penisola Antartica. Qui le larve contribuiscono alla decomposizione del materiale vegetale morto, rivestendo pertanto un ruolo cruciale nel ciclo dei nutrienti nel suolo. 

Come facilmente intuibile, è una specie definita "poli-estremofila" per la sua capacità di sopravvivere a condizioni estreme come freddo intenso, disidratazione, alta salinità e forti radiazioni UV. Un supereroe polare, non immune alle nuove forme di inquinamento.

Per valutare l’impatto delle microplastiche sulla fisiologia della specie, ii moscerini sono stati sottoposti a una serie di test in laboratorio, esponendo le larve a microsfere di polietilene, con un diametro di circa 27-45 micrometri, in varie concentrazioni per un periodo di 10 giorni.

I risultati iniziali sono risultati in parte inattesi. Anche alle più alte concentrazioni di plastica, la sopravvivenza delle larve e i loro tassi metabolici di base non hanno subito variazioni significative. Tuttavia, un'analisi più approfondita ha rivelato un costo fisiologico più sottile ma elevato. Sebbene i livelli di carboidrati e proteine siano rimasti stabili, le larve esposte a concentrazioni più elevate di microplastiche hanno mostrato riserve lipidiche inferiori. 

Questo suggerisce che, anche se non direttamente letale a breve termine, l'ingestione di microplastiche possa incidere negativamente sul metabolismo dei lipidi. Ipotesi che, come evidenziato dai ricercatori, andrebbe validata con esperimenti di maggiore durata, particolarmente complessi da condurre a causa dalle difficoltà logistiche offerte dall’Antartide.

 

Microplastiche nello stomaco degli insetti

La seconda fase del progetto è stata realizzata nell’ambiente naturale del moscerino antartico, per comprendere se e quanto le microplastiche stiano influenzando la vita dell’insetto polare. La domanda fondamentale cui gli scienziati hanno tentato di fornire risposta è se le microplastiche siano già entrate nel ciclo alimentare della specie.

Durante una spedizione di ricerca realizzata nel 2023 lungo la Penisola Antartica occidentale, il team ha raccolto larve da 20 siti, distribuiti tra 13 isole, procedendo successivamente all’analisi del contenuto intestinale. Mediante sistemi avanzati di imaging, i ricercatori sono stati in grado di confermare la presenza di frammenti plastici in meno del 7% delle larve esaminate (2 frammenti su 40 larve).

Sebbene il numero possa sembrare piccolo, il ritrovamento fornisce un chiaro segnale d'allarme. Come evidenziato da Jack J. Devlin, primo autore della ricerca, “l'Antartide presenta ancora livelli di plastica molto bassi rispetto alla maggior parte del Pianeta, e questa è una buona notizia. Il nostro studio suggerisce che al momento le microplastiche non stanno inondando le comunità del suolo ma possiamo dire che stiano entrando nel sistema e che, a livelli sufficientemente alti, possano iniziare a modificare l'equilibrio energetico dell'insetto".

Il moscerino Belgica antarctica non ha predatori terrestri noti, il che significa che la plastica ingerita probabilmente non si propaga molto nella catena alimentare antartica. Tuttavia, la preoccupazione rimane alta: la fase larvale di questo insetto dura due anni, e la continua ingestione di microplastiche, unita a stress aggiuntivi come il riscaldamento e la disidratazione dovuti ai cambiamenti climatici, potrebbe avere conseguenze non ancora del tutto chiare sulla sopravvivenza della specie.

I risultati della ricerca evidenziano in modo lampante quanto l'inquinamento di origine umana si sia esteso, andando a contaminare, in maniera spesso impercettibile all’occhio umano, come nel caso delle microplastiche, anche gli ambienti più remoti del Pianeta. Una diffusione così estesa che sorge spontaneo pensare, se non sia forse da domandarsi dove non siano ancora arrivate le microplastiche