Un momento della serata
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Un momento della serata
Un momento della serataGuardando sul mio PC il film “K2 – La grande controversia” (da qualche giorno disponibile al cinema), per prepararmi (emozionatissimo) a condurre nel ruolo di moderatore la prima nazionale dell’opera, non ho potuto fare a meno di pensare: “Ma non è che Messner la sta facendo troppo semplice?”
Assuefatto (intossicato?) da sessant’anni di libri, articoli e interviste che hanno vivisezionato la vicenda della prima salita della seconda vetta del Pianeta, esaminando nei minimi dettagli la successione cronologica dei fatti, i movimenti degli alpinisti sulla montagna e la posizione millimetrica dei campi, mi domandavo come questa narrazione, così semplice e lineare, potesse aggiungere qualcosa di più al “caso K2”.
La risposta alla domanda è arrivata da una frase pronunciata dallo stesso Messner nel corso del film e poi ripresa e chiarita la scorsa domenica sera sul palco del Teatro Manzoni di Milano: “Per far fiorire questa storia serve una visione nuova”.
Ecco il punto cruciale: la prima ascensione del K2 non è un “caso”, ma una “storia”, una straordinaria storia di coraggio, ambizione, avventura e anche di motivazioni e umane debolezze. Non è fatta dell’infinita successione dei commenti alle polemiche innescate da un articolo giornalistico comparso dieci anni dopo i fatti, e alle diatribe che si sono susseguite negli anni, ma da ciò che è accaduto sulla grande montagna nel 1954 e da come i protagonisti lo hanno vissuto.
Ed eccola la visione nuova auspicata da Messner: “L’alpinismo è fatto di azione e di racconto dell’azione, un racconto che non più essere fatto da chi se ne sta comodamente seduto su un divano, ma deve passare attraverso lo sguardo di chi lassù c’è stato e comprende veramente cosa significhi trovarsi in determinate situazioni”.
“Chi accusa Bonatti di aver avuto l’intenzione di tentare la cima e di aver per questo utilizzato l’ossigeno destinato a Compagnoni e Lacedelli, perla senza cognizione di causa e non ha capito nulla! - avverte il primo salitore dei 14 Ottomila - Prima di tutto perché non aveva con sé la maschera per poter utilizzare l’ossigeno, ma soprattutto perché, dopo l’immane fatica del trasporto delle bombole dal campo 7 fino quasi al campo 9 e il bivacco infernale a 8100 metri di quota, è già quasi incredibile che sia riuscito a sopravvivere e abbia trovato la forza di scendere dalla montagna”.
Altrettanto fuori strada è chi non riesce a capire come la determinazione (magari anche spietata e autoritaria) di Desio sia stata fondamentale per il successo dell’impresa, o chi cerca nei fatti accaduti nella notte tra il 30 e il 31 luglio del ’54 un qualche intento criminale: “Il posto scelto da Compagnoni per piazzare il campo 9 era semplicemente il più logico e sicuro”. E ancora: “La ragione per cui Compagnoni e Lacedelli hanno chiesto a Bonatti e Mahdi di lasciare le bombole sotto al campo 9 e di scendere è molto semplice: sarebbe stato letteralmente impossibile stare in quattro nella minuscola tenda che avevano a disposizione”.
Ma questa visione nuova va ben oltre i singoli eventi: “Non si tratta tanto di stabilire la 'Verità', concetto che, anche sotto l’aspetto filosofico, è insensato. Tanto più che la memoria dei fatti e della loro successione, nel racconto degli stessi protagonisti, si è inevitabilmente alterata e trasformata nel tempo. Non si tratta neppure di giudicare o stabilire chi erano i buoni e i cattivi. Quello che conta è capire le motivazioni, conoscere una grande esperienza vissuta ai limiti dell’umano”. Questo è il grande lascito dell’alpinismo come racconto dell’azione: un patrimonio di esperienze consegnate al futuro, che ci insegnano qualcosa non solo sul senso dell’andar per montagne, ma, spesso, anche sul significato più profondo del nostro esistere e dell’avventura umana.
Sul palco del Teatro Manzoni, alle parole di Messner hanno fatto eco quelle del presidente generale del CAI Antonio Montani, che ha ricordato come il Club Alpino, pur con colpevole ritardo, abbia chiuso il “caso K2” nel 2004, con la relazione dei “tre saggi” (Fosco Maraini, Alberto Monticone e Luigi Zanzi) e oggi, con il sostegno dato alla realizzazione di questo progetto cinematografico, abbia voluto fare un ulteriore passo avanti, contribuendo ad accendere i riflettori sulla storia della prima ascensione del K2 e ai valori dell’alpinismo tradizionale che essa esprime, al di là delle polemiche che ne sono seguite.
Mei prossimi mesi “K2 – La grande controversia”, prodotto da Mescalito Film, sarà proiettato in centinaia di sale cinematografiche in tutta Italia. L’auspicio, però, è che vada ben oltre. Fino ad oggi quella della prima ascensione del K2 è stata una storia italiana, forse troppo… Fuori dai confini del nostro Paese, avverte Messner, di questa spedizione si sa ben poco: “Forse gli appassionati di montagna hanno in mente qualche foto di vetta, ma nulla più. Questa epopea merita di essere conosciuta e raccontata in tutto il mondo, alla pari di quelle che sono entrate nell’immaginario di tutti gli alpinisti, come la prima salita dell’Annapurna o quella dell’Everest”.