Monviso: Anselmo Giolitti e Michele Tomatis aprono "Crumbling empire"

La salita ha uno svilppo di 300 metri ed è valutata ED+ IV/5+ M5, richiede però condizioni particolari per essere scalata. "Si sarebbe potuto continuare oltre i 6 tiri, ma abbiamo preferito tracciare un itinerario moderno"
In uscita dall’ultima bellissima lunghezza © archivio A. Giolitti

Lo scorso 25 aprile, Anselmo Giolitti con Michele Tomatis hanno aperto sul colatoio nord-est del Monviso la nuova via di misto Crumbling Empire, valutata ED+ IV/5+ M5. L’itinerario si sviluppa per 300 metri circa, lungo 6 tiri ed è una linea interessante, che non va sottovalutata. Per poterla salire ci devono essere infatti condizioni ambientali particolari, come ci ha raccontato lo stesso Giolitti. “È stata una bella sorpresa. Sul Viso ci ho sempre girato: sono originario della Val Varaita, ho iniziato a fare alpinismo lì eppure non è affatto scontato trovare la situazione che permette di aprire una via del genere. Per esempio, nel 2013 avevo incontrato condizioni eccezionali e avevamo ripetuto una via di Guido Ghigo, Tristano Gallo ed Enrico Tessera, la Yoghi Gully. In quella occasione avevamo trovato condizioni super e aperto una variante sui primi tre tiri, poi avevamo seguito l’itinerario originale sugli ultimi due. Settimane dopo avevamo aperto una via sulla destra [Benvenuto Mister X, ED, IV/5+, 400 metri, con Olivier Davit e Patrick Demichelis] -.  Con le nevicate si erano formate queste placche di neve e un dedalo di grigole. Lì è fantastico per il ghiaccio misto, quando becchi la settimana giusta”.

Sul primo tiro chiave © archivio Anselmo Giolitti
Selfie al ritorno a terra © archivio Anselmo Giolitti

Il tempo premia chi è paziente e 12 anni dopo la magia si è ripetuta: “Quest’anno sono andato a fare una gita di scialpinismo e quando sono arrivato al Colle del Viso ho guardato a est: ho buttato un occhio su una linea che era veramente discontinua, ma con i tempi che corrono…non si lascia perdere niente. Dalla cima del Viso Mozzo poi la linea la vedevi tutta e mi sono detto: qua bisogna tornarci. Quella settimana lì però hanno dato neve, mentre la settimana dopo c’era bel tempo. La linea fantasticamente si è presentata come continua. Nel giro di pochi giorni bisognava andare. Ho trovato il socio e il 25 aprile siamo risaliti su ottime condizioni anche solo di avvicinamento: neve bella e già a un quarto d’ora dalla macchina abbiamo calzato gli sci”.

Un corteggiamento tanto attento è stato premiato, anche se l’oggetto del desiderio si è mostrato in tutta la sua mutevole ed effimera complessità. “La linea era come l’avevo vista, ma anche se abbiamo attaccato alle 7.30 del mattino, già prendeva un po’ di sole. Quel poco ghiaccio che c'era e le croste inconsistenti già iniziavano a disfarsi. Siamo entrati in un diedro verticale, dove faceva queste placche di ghiaccio, ma spesso abbiamo scalato con le picche sulla roccia. Ci siamo ritrovati anche a mettere qualche friend, ma non troppi perché le possibilità di proteggere erano limitate. Lo dico per fare capire che è una via da prendere nel modo giusto, anche successivamente abbiamo trovato neve farinosa e ghiaccio sottile, mentre la roccia tutto sommato era abbastanza compatta. Bisognava comunque alternare sempre diversi stili”.

Dopo i 6 tiri della via c’era possibilità di andare più in alto per un canale di neve e canalini più piccoli, fino a un piccolo dente al limitare del ghiacciaio nord-est “ma abbiamo pensato che sarebbe stato poco coerente con quello che avevamo fatto. Abbiamo voluto lasciare una salita nel complesso un po’ più moderna rispetto ad altre, che vanno fino in cima”. Giolitti e Tomatis durante la salita hanno allestito solo soste a friend, a eccezione di una sosta a chiodi nella parte finale, che comunque hanno rimosso. “Le calate invece - da 60 metri l’una- sono state fatte a spit, pensando anche a eventuali ripetitori”.

La linea di salita con la suddivisione dei tiri © archivio Anselmo Giolitti