MIrco e Samuele in cima al Phandambiri
La topo della via
Il Phandambiri
La spedizione con alcuni abitanti del villaggio
La spedizione con alcuni abitanti del villaggio
La parete est del Phandambiri
Il villaggio con, in lontananza, il Phandambiri
Il Phandambiri
Il Phandambiri
Il Phandambiri
Il Phandambiri
In scalata sulla est del PhandambiriLa spedizione “Verso il Phandambiri” che vede protagonisti gli alpinisti Manrico Dell’Agnola, Maurizio Giordani, Mirco Grasso, Samuele Mazzolini, Antonella Giacomini, Anna Mazzolini e Nancy Paoletto è riuscita nella prima salita del grande e affascinante monolite granitico che sbuca dalla pianura del Mozambico. Il 6 agosto scorso Mirco Grasso e Samuele Mazzolini hanno completato con successo la prima salita, battezzando il nuovo itinerario con il nome "O caminho dos cogumelos" (Il cammino dei funghi).
La salita, lunga 890 metri e suddivisa in 19 tiri, percorre la parete est del Phandambiri. Mirco e Samuele hanno affrontato, per 6 giorni di arrampicata, un granito compatto, caratterizzato da numerose protuberanze rocciose ("knob" o "funghi"), che ha dato il nome alla via. Con difficoltà massima di 7a, la via è stata attrezzata in stile sportivo con 70 spit, data l'assenza di fessure adatte a chiodi o friend. Un risultato che ha ripagato settimane di sforzi, come racconta Samuele: “È sempre grande l’emozione che si prova quando si sale una parete inviolata, ma quando sei dall’altra parte del mondo, in un ambiente vasto come la savana, a contatto con una cultura diversa, è difficile spiegare a parole cosa si prova”. Anche Mirco esprime la sua soddisfazione: “La salita realizzata è il frutto del giusto approccio che si deve avere quando una parete non è mai stata salita e della quale non si sa niente. Il risultato che abbiamo ottenuto è una via bella, su roccia magnifica e che sarà sicuramente piacevole da ripetere”.
L’avvicinamento
L'arrivo ai piedi di questa montagna vergine è stato un'odissea in sé. L'avvicinamento al massiccio, che si erge al centro di una riserva di 38mila ettari, ha richiesto numerosi giorni di viaggio e un complesso iter burocratico. Fondamentale è stato il contributo di Anna Mazzolini, mediatrice culturale che ha accompagnato il gruppo nei numerosi passaggi con le amministrazioni e le comunità locali. Il 29 luglio, dopo due giorni di jeep e un ultimo tratto a bordo di un vecchio Defender, la spedizione ha raggiunto il campo base.
Lungo il percorso, il team ha incontrato il responsabile del distretto di Macossa, è stato accolto da una delegazione a Nhamagua e ha stretto amicizia con la comunità di Zembe, che vive in capanne ai piedi del monte. Molti di loro ricordavano il primo incontro con Manrico e Antonella dell'anno precedente. Prima di iniziare l'attività alpinistica, un rito tribale officiato dal Regulo del villaggio ha benedetto l’ingresso nella riserva e la posizione del campo base.
Come spesso accade la spedizione non ha mancato di destare una grande curiosità in tutto il distretto. Nessun occidentale aveva mai messo piede qui, e i locali stentavano a credere che qualcuno potesse scalarla. E a ragione, come ha scoperto il gruppo durante la fase di perlustrazione. I componenti della spedizione si sono divisi per studiare il massiccio da ogni angolazione, ma è apparso subito chiaro che la montagna non offre un facile accesso alla cima. Tutti i versanti si sono rivelati ripidi, con placche compatte e poco lavorate.
Una falesia per i giovani del posto
Oltre all'obiettivo sportivo, la spedizione ha voluto sostenere la comunità locale. A tal fine, è stata individuata una placca rocciosa più semplice dove Mirco e Samuele hanno allestito dei tiri per far arrampicare, sotto forma di gioco, i bambini del villaggio di Zembe, attesi per una visita nei prossimi giorni. La spedizione prevede inoltre la donazione di tutto il materiale, anche tecnologico, in dotazione al campo base.