Il territorio della Foresta di Sant’Antonio occupa un’area di circa 10 kmq sulle pendici occidentali del Pratomagno e fino al 1975, faceva parte della Riserva di Vallombrosa; dal 1977 appartiene alla Comunità Montana Pratomagno, ente che gestisce e valorizza il patrimonio boschivo del grande massiccio montuoso. Questo itinerario, è un must per chi voglia conoscere questo polmone verde del Valdarno in quanto lungo il percorso potremo osservare meraviglie naturalistiche come la Cascata di Meriggioni e un vero patriarca della natura come il Faggione di Prato a Marcaccio. Non solo: potremo visitare alcuni dei luoghi storici più suggestivi di questa montagna come la Carbonaia di Masino, la vecchia Fornace di Sant’Antonio e l’omonimo antico borgo in pietra. Il centro visite di Ponte a Enna da cui il percorso ha inizio, è una struttura affacciata sul gorgogliante Torrente Resco, posta nei pressi di un caratteristico e ben conservato ponte di epoca basso medievale a schiena d’asino.
L'itinerario
Dal centro visite di Ponte a Enna 475 m, tralasciando le indicazioni per il Sent. 16 si imbocca la traccia in salita che costeggia la sponda orografica destra del Torente Resco. Attraversati i terrazzamenti agricoli delle case coloniche circostanti, in leggera salita si perviene in breve all’intersezione con il Sent. 15. Transitati per l’Agriturismo Lavana 577 m, un casolare di origini antichissime, si perviene a un bivio con un cartello indicante il Ponte di Macereto: ignoratolo, si procede mantenendosi sul Sent.15 risalendo il corso del Borro di S. Antonio fino al bivio in corrispondenza una nuova biforcazione posta in prossimità di un grande masso erratico. Qui si svolta a sinistra sul Sent. R3 che risale il corso del Borro delle Fornaci in un bosco di castagni. Tralasciato a destra il Sent. R7, si prosegue in salita mantenendosi in prossimità del ruscello che forma scenografiche cascatelle, quindi superato un masso di arenaria, si guada il corso d’acqua transitando dopo pochi passi per una parete di roccia denominata Massa Macone (739 m) nella quale si scorge una caverna, presumibile ricovero per gli animali della foresta. Sempre procedendo in prossimità del corso d’acqua si transita per la Carbonaia di Masino, presso la quale si trova un pannello didattico con alcune informazioni su questa antica attività che nei secoli passati costituiva una delle principali fonti di reddito per la gente di queste montagne. Si asseconda la traccia che attraversa più volte il ruscello, immersi in uno splendido bosco di faggi, raggiungendo in breve la spettacolare Cascata di Meriggioni (828 m). Con una costante salita si perviene a un crocevia di sentieri nei pressi delle rovine dell’antica Fornace di Sant’Antonio 889 m posta nei pressi della riva del Fosso del Frate Dannato. Guadato, non senza una certa inquietudine, il ruscello con un nome tanto nefasto, si continua il cammino mantenendosi sul Sent. R3, quindi si procede a mezzacosta in un bosco di cerri alle pendici del Poggio di S. Antonio (1046 m). Lungo questo tratto di sentiero si superano alcuni tratti rocciosi in corrispondenza dei quali l’assenza di vegetazione ci regala scorci spettacolari della foresta. Dopo circa 0,15 h di cammino dalla Fornace si incrocia la strada forestale : qui si ignora a sinistra la deviazione per Macinaia e si procede a destra pervenendo in breve al punto panoramico di Massa Falco (952 m), da cui dopo un tratto in lieve discesa in una folta abetina, si arriva al bivacco Case Sant’Antonio (937 m). Questo edificio, oggi adibito a rustico ricovero per escursionisti (all’interno vi sono letti, tavoli e camino, e all’esterno un’area attrezzata, era anticamente un eremo dei monaci vallombrosani, edificato per i religiosi che desideravano condurre una vita ascetica in completa solitudine, cosa che non era possibile fare nell’abbazia. Nel 1599, abbandonati dall’ultimo eremita, gli edifici furono convertiti in una cascina agricola. Lasciate Le Case di S.Antonio si prosegue l’escursione sulla strada forestale pressoché pianeggiante (Sent. 15) fino ad incontrare il bivio per la Capanna del Mandro Vecchio che si tralascia a destra: si rimonta quindi il ripido e stretto sentiero nel bosco (Sent. R6 detto “Delle Fonticine” in quanto vi si trovano numerose sorgenti che servono l’acquedotto di Reggello) e ci si addentra in un rigoglioso bosco di faggi. Tralasciato a sinistra il Sent. R5 per la Capanna di Massa Bernagia, si guada dapprima il Borro delle Lame, e dopo aver superato un nuovo tratto di salita nel bosco anche il Borro di Braccialupi. Un’antica mappa indica il ruscello come “Bracca Lupi”: il toponimo deriva infatti dalle trappole che pastori e cacciatori approntavano in questa zona per catturare questi canidi selvatici che attentavano all’integrità delle loro greggi e degli animali domestici. Poco oltre questo punto ci aspetta l’emozionante incontro con il monumento naturale rappresentato dal Faggione di Prato a Marcaccio (1076 m). Si tratta del più grande esemplare di faggio presente nei boschi del Pratomagno, curiosamente formatosi dalla fusione di due esemplari la cui altezza raggiunge i 30 metri e la circonferenza quasi 6. Il toponimo è certamente dovuto al fatto che qui (sebbene oggi si stenti a crederlo) si trovava un’area di pascolo nella quale il grande albero fungeva da riparo per il gregge. Superato un breve tratto di discesa si perviene al bivio posto nei pressi del Pian del Tiglio. Non essendoci attorno alberi di tale specie, si ritiene che il toponimo tragga origine dalla “tigliata” un piatto a base castagne bollite con il finocchio selvatico che faceva parte del monotono menu dei boscaioli. Da Pian del Tiglio una breve digressione di 0,10 h sulla sinistra ci conduce al rustico Bivacco Pian d’Espoli 959 m, antico ricovero di carbonai. Tornati al Pian del Tiglio si perde rapidamente quota sul Sent. R8 in un bosco di abeti bianchi: in breve si transita dalla Casa Pian della Farnia (834 m), abitata fino alla metà del XX secolo, e si cala ulteriormente di quota fino a incrociare il Sent. 16 ovvero la “Antica strada Reggellese” vecchia via doganale che conduceva commercianti e pellegrini dal Valdarno al Casentino passando per il Varco di Reggello. Lungo il tracciato si trovano ancora lunghi tratti di selciato originario in buone condizioni. Si segue la via Reggellese a destra lungo il corso del Torrente Resco pervenendo in breve a Macereto. A pochi passi da qui si trova la cascatella detta Pisciolo di Macereto, una una caduta d’acqua (pisciolo, appunto) di esigua portata, che pertanto nei periodi poco piovosi potrebbe essere scarsa se non del tutto assente. Da qui si fa ritorno al punto di partenza seguendo la comoda strada forestale (Sent. 16) che in pochi minuti ci conduce a Ponte a Enna.