© Valter PerlinoSi sono concluse nelle scorse ore in Nepal le complesse operazioni di recupero dei corpi degli alpinisti italiani Stefano Farronato e Alessandro Caputo, travolti da una bufera di neve durante la salita al Panbari Himal, vetta di 6887 metri nella regione del Manaslu. La conferma è arrivata con un comunicato di Avia Mea, la società che ha coordinato le operazioni di soccorso insieme alle autorità nepalesi e italiane.
Le ricerche e il recupero sul Panbari Himal
Le ricerche sono state condotte in condizioni meteorologiche molto difficili, con forti nevicate e venti legati al passaggio del ciclone Montha. Sul campo ha operato un team nepalese composto da un pilota e tre soccorritori, con il supporto di Valter Perlino, capo della spedizione italiana e unico superstite, che ha collaborato alle operazioni in quota fornendo indicazioni logistiche e assistenza diretta. Dall’Italia, Avia Mea ha gestito la pianificazione tecnica, le analisi meteorologiche e il coordinamento operativo. Parallelamente, la struttura ha risolto questioni burocratiche e assicurative con il prezioso intervento del Club Alpino Italiano, che ha garantito il proprio supporto operativo e istituzionale. Per le operazioni sono stati impiegati due elicotteri: uno della Kailash Helicopter, pilotato dal comandante Deepak, che ha raggiunto la zona del Panbari per trasportare i soccorritori, e un secondo, della Simrik Air, mantenuto a Kathmandu come supporto di emergenza. Dopo 48 ore di lavoro, le squadre hanno localizzato e recuperato i corpi di Farronato e Caputo.
Il sopravvissuto, Valter Perlino, ha raccontato nelle ore successive al recupero qualche dettaglio sugli accadimenti. Lui si è salvato perché sceso prima dei compagni. “Ho avuto un problema al piede sinistro quando stavamo salendo verso campo 3, a 6300 metri, così abbiamo deciso di scendere verso campo base”. Perlino ha poi proseguito diretto verso il campo base, mentre i compagni si sono attardati a smontare il campo in quota. Alla fine però solo lui avrebbe fatto ritorno a campo base, mentre Farronato e Caputo avrebbero deciso di trascorrere la notte in quota. “Forse per stanchezza hanno deciso di fermarsi a campo 1”. Secondo la ricostruzione di Perlino, la nevicata che ha travolto il Panbari Himal è iniziata la sera di lunedì 27 ottobre, con due giorni di anticipo rispetto alle previsioni. Al momento del peggioramento del meteo, lui si trovava già al campo base, mentre Stefano Farronato e Alessandro Caputo erano ancora al campo 1. I tre sono rimasti in contatto fino alla sera di giovedì 30 ottobre, quando le comunicazioni si sono interrotte. Perlino ha spiegato di aver lanciato il primo SOS già mercoledì 29, attraverso il dispositivo satellitare e contattando direttamente l’agenzia e le persone di riferimento, poiché le nevicate avevano già reso impossibile qualsiasi spostamento: in pochi giorni erano caduti oltre due metri di neve.
Con buona probabilità la tragedia si è consumata nella notte tra giovedì 30 e venerdì 31 ottobre. I due alpinisti sono morti mentre dormivano nella loro tenda al campo 1, a oltre 5000 metri di quota, sepolti dall'enorme massa di neve caduta in poche ore. Le operazioni di ricerca sono poi potute iniziare solo lunedì 3 novembre insieme al team di ricerca napalese, supportato da un elicottero dotato di sistema Recco. In questa fase Perlino ha sottolineato la collaborazione con esperti italiani attivi in Nepal, tra cui il pilota Maurizio Folini e l’alpinista Michele Cucchi, che hanno fornito assistenza tecnica e consulenza operativa.
Sullo Yalung Ri
Mentre il recupero sul Panbari Himal si concludeva, un’altra tragedia ha colpito un’altra montagna, sempre in Nepal. Una valanga allo Yalung Ri, nella valle di Rolwaling, ha ucciso almeno sette persone tra alpinisti e guide. Tra le vittime ci sono tre italiani: Paolo Cocco, Markus Kirchler e Marco Di Marcello. Con loro sono morti il tedesco Jakob Schreiber, il francese Christian Andre Manfredi e le guide nepalesi Padam Tamang e Mere Karki. A divulgare i nominativi sono state le autorità nepalesi, riferendo tra l'altro che i soccorsi sono stati ostacolati dal maltempo e dai ritardi nelle autorizzazioni ai voli in elicottero.