Nepal, un lago glaciale collassa: almeno 7 vittime

Una violenta alluvione ha colpito l’8 luglio scorso il distretto nepalese di Rasuwa, lungo il confine con la Cina. Alla base, il collasso improvviso di un lago glaciale formatosi solo pochi mesi prima.
Un'immagine della violenta inondazione

Una violenta alluvione causata dal collasso improvviso di un lago glaciale ha colpito l’8 luglio scorso il distretto di Rasuwa, nel Nepal settentrionale, provocando gravi danni e vittime lungo la principale via commerciale tra Nepal e Cina: il ponte Miteri Pul, conosciuto localmente come “Ponte dell’Amicizia”.

Il cedimento del lago, formatosi appena a marzo a circa 35 chilometri a monte del confine, ha dato origine a un’enorme ondata che ha travolto infrastrutture, vie di comunicazione e aree abitate. Il bacino, che si era progressivamente esteso fino a raggiungere una superficie di 638mila metri quadrati, si è svuotato per un terzo nel giro di 24 ore, riversando a valle una massa d’acqua distruttiva. Il torrente ha spazzato via un campo di operai cinesi al lavoro su un impianto idroelettrico da 200 megawatt sul fiume Tirsuli, oltre a un mezzo pesante. Il bilancio provvisorio parla di almeno sette vittime e venti dispersi, tra cui sei cittadini cinesi. Le stime iniziali indicano per il Nepal perdite economiche superiori ai 100 milioni di dollari, senza contare l’impatto a lungo termine sul commercio transfrontaliero e sul turismo locale.

 

Le cause

Secondo i ricercatori, l’evento è solo l’ultimo di una serie di glacial lake outburst floods (GLOFs), improvvise alluvioni causate dal collasso di laghi glaciali, che stanno diventando sempre più frequenti sull’intera catena himalayana. A guidarne la crescita è la crisi climatica: le temperature nella regione sono aumentate in media di 0,42 °C per decennio tra il 2008 e il 2018, quasi il doppio rispetto alla media globale.

Questo riscaldamento accelera la fusione dei ghiacciai e favorisce la formazione di laghi sempre più grandi e instabili. Secondo i dati del centro ICIMOD, tra il 1977 e il 2017 il numero di laghi glaciali in Nepal è cresciuto del 154%, mentre la loro superficie complessiva è aumentata del 46%.

Un’indagine condotta nel 2020 da ICIMOD (International Centre for Integrated Mountain Development) e UNDP (United Nations Development Programme) ha identificato 3624 laghi glaciali nei tre principali bacini idrografici dell’Himalaya, 47 dei quali a rischio elevato di rottura, con 25 situati in Tibet. Tra i più pericolosi c’è il Thulagi Lake, nel distretto di Manang, che contiene circa 36 milioni di metri cubi d’acqua. Un’eventuale esplosione potrebbe interessare oltre 160mila persone e causare danni per 415 milioni di dollari.

 

Un rischio crescente per chi vive a valle

L’evento dell’8 luglio non è isolato. Solo nell’ultimo anno si sono verificati altri episodi simili in Nepal: nel maggio 2025, nel distretto di Humla, tre laghetti glaciali si sono fusi provocando un’alluvione che ha sfollato numerose famiglie; nell’agosto 2024 una doppia esplosione glaciale ha devastato il villaggio di Thame distruggendo 23 abitazioni e danneggiandone 40.

Le autorità nepalese registrano eventi sempre più frequenti, come quello del 2021 in Sindhupalchok, che provocò 24 morti e quasi un miliardo di dollari di danni. Nel 2016, un lago in Tibet ruppe gli argini causando un’onda che investì il fiume Bhote Koshi e distrusse case, scuole e una dogana.

Secondo gli esperti del Tribhuvan University e dell’ICIMOD, questi “tsunami himalayani” sono destinati ad aumentare di frequenza e intensità. A conferma di questo tre glacial lake outburst floods si sono verificati nella sola regione himalayana nel mese di giugno 2025.