"Non può essere sempre estate". Viaggio nei colori della montagna

Quando l’estate volge al termine, la montagna risveglia il suo animo austero e serio prima dell’arrivo dell’inverno.
Scenario autunnale © Pixabay

Verso la fine di agosto, la montagna comincia a sgranchirsi. È come se, dopo essersi concessa al passo leggero dei turisti estivi, volesse lentamente riappropriassi della sua natura austera e imponente; una trasformazione silenziosa che inizia nei dettagli ma che cambia volto all’intero paesaggio alpino

I gerani e le surfinie rosse, rosa e bianche che hanno punteggiato i balconi e i davanzali dell’intero arco alpino, lentamente perdono i petali, lasciando spazio ai gambi verdi, che attendono il riposo dell’inverno. I prati verdi smeraldo puntellati dal giallo dei ranuncoli e dei fiori di tarassaco, calpestati incessantemente da scarponi e zoccoli per l’intera estate, perdono quell’intensità brillante, assumendo sfumature più smorzate, mescolandosi al marrone della terra. I fiori montani dai mille colori quindi, smettono di crescere, così come svanisce il blu dei mirtilli ed il rosso dei lamponi che lasciano il posto al marrone dei funghi e delle castagne

Giorno dopo giorno il sole, non più alto e caldo come durante i mesi precedenti, regala colori nebulosi e lattiginosi che portano con sé suoni ovattati e pieni di tranquillità. Si accorciano dunque le giornate e l’enrosadira dell’alba e del tramonto si avvicinano l’una all’altra, tingendo le cime di rosso, di rosa e di viola per un tempo sempre più fugace. 

Nei boschi gli alberi stanno mutando, i larici virano lentamente al giallo dorato prima di perdere i loro aghi e diventare spogli e grigi, spiccando tra gli abeti, compagni di vita fedelmente verdi, anche se di un verde più scuro e cupo sui quali risalta il grigio spento dei licheni. Ancora, a  quote più basse, anche i faggi, le querce, gli aceri e le betulle aprono la danza del foliage, ricoprendo i sentieri e le strade di foglie, che rimanendo bagnate da brina e rugiada dalla mattina alla sera, marciscono diventando un tutt’uno marrone con la terra. Gli alberi che durante l’estate riempivano la vista, ora, spogli, permettono di guardare attraverso creando una transizione equilibrata tra pieno e vuoto. 

Le prime piogge d’autunno, via via più persistenti, non ridonano più freschezza al prato che non ha più il tempo di ricrescere, ma lasciano in eredità toni fangosi e umidi. Le nubi, fin dal mattino presto, si abbassano nelle valli, creando un mare di nebbie bianche in cui le cime, viste dall’alto, ritornano ad essere quello che sono sempre state: scogli sparsi. 

Il paesaggio assume toni sempre più sobri e silenziosi, persino le rocce, pur nella loro immobilità, sembrano essersi ingiallite e scurite dopo l’ardore del sole estivo.

Arriva poi anche la prima neve. La prima spolverata - dapprima bagnata - riesce comunque a coprire i prati e le cime più alte come fosse zucchero a velo, regalando a chi si gode un’escursione, l’effetto netto della linea sotto la quale quei fiocchi sono solo pioggia e pozzanghere. I laghi alpini, specchi immobili di blu cristallino, iniziano a ghiacciarsi, tingendosi di grigio e bianco, riflettendo i colori dei larici dorati e degli abeti verdi. Lentamente, la vita e i colori intorno si adeguano. Con il passare delle settimane la quota neve e l’aria fredda scendono sempre più, fino in fondovalle e la spolverata diventerà una vera e propria nevicata. Dove prima c’era il verde dei pascoli silenziosi, che in estate risuonavano di campanacci, presto ci saranno delle bianche distese di neve.

Le malghe chiudono la porta in attesa della prossima estate, le finestre dei rifugi serrate, pitturate di rosso e bianco, bianco e celeste, segnano la fine della stagione, quella estiva, che sta lasciando lo spazio solo ai locali invernali. L’aria del mattino chiara e più decisa, inizia a raffreddarsi; la legna accatastata meticolosamente e con perizia oramai cotta e secca del sole estivo, inizia pacatamente a dare vita ai comignoli, che liberano fumi bianchi e densi che sembrano restare fermi immobili sopra ai tetti. Cambiano i vestiti, compaiono le camicie a quadri rossi, i maglioni spessi e il velluto a coste. Il momento dell’autunno sparge nebbie bianche, spianando la strada all’inverno che porterà con se quiete ed un solo colore. La montagna ce lo ricorda ad ogni passo che le stagioni non si susseguono soltanto ma trasformano davvero il mondo che le circonda perché come scriveva H. Hesse “non può essere sempre estate”.