Andrea in discesa nella parte alta © M. TrerotolaCi sono vere e proprie imprese che in un primo momento non vengono troppo celebrate, se non dalle cronache locali. Non perché non abbiano valore, anzi, ma perché spesso i protagonisti hanno quel carattere riservato, molto orientato all’azione e poco al racconto di sé. È il caso di Andrea Carì, che poco più di un mese fa ha sceso con gli sci la Parete Fasana, al Pizzo della Pieve.
La guida alpina ha sceso il muro verticale per oltre 600 metri, con un’inclinazione che in alcuni punti ha toccato i 60°. La linea scelta è stata quella della via dell’Inglese [Cornelio Bramani e Luigi Flumiani , 1928], così chiamata non perché avesse a che fare con un reale esponente del Regno d'Oltremanica, ma perché era una via lunga e pericolosa. L'impresa di Carì è caduta non a caso nel centenario della prima salita della parete, a opera del visionario Eugenio Fasana insieme a Vitale Bramani. “Per me la Fasana è sempre stata qualcosa di più – ha raccontato Carì a Lecco Notizie –. È la parete di casa che ti toglie costantemente il respiro, così come le preziose ore di sole in inverno, ed è un tarlo che si è inserito nella mia mente quasi 20 anni fa, quando mio padre era intento a scrivere la guida Calcare d’Autore, dove, tra i possibili progetti aperti, riportava una discesa con gli sci della via dell’Inglese”.
Quella di Carì è quindi una bellissima storia, che unisce ricordi personali alle grandi imprese del migliore alpinismo di un'epoca che oggi appare lontanissima. Carì ha dovuto metabolizzare bene il progetto, scegliere la stagione giusta e aspettare condizioni ottimali di difficile lettura. Alla fine "i pianeti si sono allineati" e dopo un mese di allenamenti specifici e discese in Grigna e sui Campelli, ha preso il coraggio in mano e si è deciso a tentare.
La salita è avvenuta per il versante opposto (Cainallo): una prima volta il 3 aprile, tentativo abortito che lo ha caricato ancora di più tanto, da riprovare due giorni dopo. "La discesa è stata un viaggio totale dentro la parete ma ancor di più dentro di me. Il tempo scorre veloce, ma in un’ altra dimensione lontana da ciò che in questo momento sono e sto vivendo. Alcuni istanti sembrano lunghi e altri sono brevissimi. L’unico modo per mantenere la concentrazione è la ripetizione ossessiva dei gesti, intervallando momenti di scaletta con la picozza in mano, a curve dove la neve lo permette".
Una volta liberata la tensione a valle, per Andrea è stato come voltare pagina, e la settimana successiva ha replicato la discesa: questa volta non in gran segreto - a eccezione della sua ragazza, a conoscenza del progetto- ma seguito da un elicottero per documentare con le riprese quell'idea un po' pazza e molto coraggiosa, sicuramente bellissima, diventata realtà.