Orso abbattuto a Yellowstone: "Era diventato una minaccia per i visitatori"

È il primo caso dal 2020. L’animale aveva imparato a ottenere cibo dai campeggiatori

Un orso nero (Ursus Americanus) è stato abbattuto l’11 luglio nel Parco Nazionale di Yellowstone, dopo una serie di comportamenti considerati pericolosi legati alla sua capacità di procurarsi cibo di origine antropica. Si tratta della prima uccisione per motivi gestionali dal 2020. A confermarlo è il National Park Service (NPS), in una nota riportata da ABC News e rilanciata da diverse testate americane.

L’animale è stato soppresso nella zona del Blacktail Deer Creek, nel settore settentrionale del parco, dopo che aveva danneggiato un campeggio e consumato cibo che, secondo quanto riportato, era stato correttamente conservato dai campeggiatori. L’episodio ha fatto seguito a un primo segnale risalente al 7 giugno, quando l’orso aveva distrutto una tenda non occupata.

La situazione è precipitata l’11 luglio, quando l’orso è riuscito a scalare un palo progettato per proteggere il cibo dalla fauna selvatica, ha strappato diverse borse sospese e ne ha consumato il contenuto. “Anche se è raro che un orso a Yellowstone riesca ad accedere a cibo umano, quando accade può diventare rapidamente condizionato e pericoloso hanno dichiarato le autorità del parco in un comunicato ufficiale. “Il comportamento in escalation dell’animale rappresentava una chiara minaccia alla sicurezza dei visitatori.

Tutti i 293 campeggi del parco sono dotati di sistemi anti-orso, tra cui contenitori metallici e pali per appendere gli alimenti, progettati per evitare che gli animali vengano attratti da odori o residui di cibo. Come sottolineato da Kerry Gunther, responsabile del programma orsi a Yellowstone: “Facciamo il possibile per evitare che gli orsi accedano a risorse umane. Ma a volte un orso riesce a superare le nostre difese. In quei casi, dobbiamo prendere decisioni difficili per tutelare sia le persone che la fauna selvatica.

L’abbattimento di orsi nel parco è un’azione estrema. Le autorità sottolineano che ogni anno si compiono grandi sforzi per educare i visitatori e limitare le interazioni tra uomo e fauna selvatica.

 

La voce del Gruppo Grandi Carnivori del CAI

Questo episodio di cronaca che arriva dal Nord America ci offre la possibilità di fare alcune importanti ed urgenti riflessioni e ci aiuta a comprendere come - nel rapporto tra uomo e fauna selvatica - sia fondamentale evitare che gli orsi, ed i selvatici in generale, si abituino ad approfittare di risorse alimentari di origine antropica. E’ perciò necessario mettere in atto tutti gli sforzi possibili per evitarlo.

Importantissimo è essere consapevoli che i nostri comportamenti sbagliati o superficiali possono avere impatti negativi sull’orso (come in questo caso specifico) ma, di conseguenza ed in prospettiva - in alcuni casi particolari - anche sulla nostra incolumità. Un’azione di educazione sui comportamenti corretti da tenere, attraverso informazione e formazione capillare, è determinante. Purtroppo, stando a quanto si percepisce da un’attenta osservazione delle pubblicazioni sui social e dalle notizie di cronaca, pare siamo ancora lontani da questo basilare obiettivo che dovrebbe essere bagaglio culturale di tutti, soprattutto di chi dice di amare e rispettare la natura. Come Club Alpino Italiano ci impegniamo costantemente nell’attività di una corretta divulgazione in tutte le occasioni utili.

Altrettanto importante è fare tutti gli sforzi possibili per un’attenta ed efficace gestione dei rifiuti, a partire dal singolo cittadino fino alle comunità insediate in territori dove la presenza di fauna selvatica è conclamata. Evitare l’abituazione alle risorse alimentari antropiche è un passo fondamentale per scongiurare che alcuni esemplari (soprattutto orsi, cinghiali e grandi carnivori in generale) diventino poi recidivi e maturino via via atteggiamenti e comportamenti potenzialmente pericolosi per l’incolumità dell’uomo.

Quando malauguratamente ciò avviene ed i tecnici e gli enti preposti alla gestione della fauna ritengono che un esemplare abbia sviluppato dei comportamenti a rischio è necessario comprendere, soprattutto in una realtà come quella italiana molto antropizzata, ancor più che nei grandi parchi del Nord America, che la rimozione di questi esemplari dall’ambiente naturale (abbattimento, captivazione o altro) è fondamentale per continuare a garantire la presenza dei grandi carnivori e dell’ormai numerosa fauna selvatica in territori come i nostri e preservare quel fragile e delicato equilibrio che si chiama coesistenza.

Con pragmatismo, il nostro focus deve essere necessariamente rivolto alla più ampia conservazione delle specie piuttosto che ai singoli esemplari che sfortunatamente sono stati condizionati o da nostri comportamenti errati o da un carattere più intraprendente e propenso ad interagire in modo negativo e potenzialmente pericoloso con i nostri spazi.

La natura e quanto di prezioso l’ambiente naturale ospita, anche nei nostri territori, vanno opportunamente protetti così come occorre preservare un adeguato ambiente di vita per gli esseri umani ed è proprio in virtù di tali obiettivi che bisogna impegnarsi per trovare un equilibrio complesso ma irrinunciabile che prescinda da una visione puramente ideologica.