Orso bruno marsicano: scoperta mutazione genetica nella popolazione

Uno studio italiano rileva una mutazione mitocondriale presente in tutti gli esemplari della sottospecie endemica dell’Appennino centrale. La scoperta solleva interrogativi sulle strategie di conservazione.

Nel territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, areale principale dell’orso bruno marsicano, un gruppo di ricercatori ha identificato una mutazione genetica presente in tutti gli esemplari analizzati, con possibili effetti sul metabolismo cellulare.

L’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) è una sottospecie endemica dell’Italia centrale, con una popolazione stimata di circa 50 esemplari. La sottospecie è isolata da migliaia di anni e precedenti studi avevano evidenziato una ridotta variabilità genetica e la presenza di mutazioni potenzialmente dannose.

Oggi i ricercatori delle università di Ferrara e Politecnica delle Marche hanno identificato una mutazione che interessa un enzima essenziale per la respirazione mitocondriale e la produzione di energia cellulare. In laboratorio, le cellule dell’orso marsicano hanno mostrato un’attività ridotta del 20‑30 % e una maggiore produzione di radicali liberi, condizioni associate in altri organismi a malattie croniche o ridotta efficienza cellulare.

 

Le implicazioni per la conservazione

La presenza della mutazione solleva interrogativi sulla crescita della popolazione, che rimane stabile nonostante la protezione del territorio. Gli studiosi indicano che l’accumulo di mutazioni deleterie potrebbe influire sulla capacità riproduttiva

Per questo gli autori dello studio evidenziano che la mutazione potrebbe rendere necessarie strategie di conservazione aggiuntive. Oltre alle misure tradizionali (protezione del territorio, contrasto al bracconaggio, connettività ecologica) si potrebbe considerare l’uso di strumenti biotecnologici, come l’editing genetico, attualmente in fase sperimentale. La valutazione deve considerare anche i possibili effetti sulla diversità genetica della sottospecie.

Gli autori segnalano che al momento non vi sono evidenze cliniche o osservate sul campo che gli orsi affetti manifestino patologie riconducibili alla mutazione: resta quindi da comprendere in che misura la mutazione impatti l’intero organismo.