Famiglia di orsi bruni marsicani
Orso marsicano - Foto Alastar 07 - Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0
Orso Marsicano
Il cucciolo di orso marsicanoLa loro indole più mite non è solo una questione di comportamento, ma una caratteristica scritta nel DNA. Gli orsi bruni marsicani, simbolo della fauna dell’Appennino centrale e tra i mammiferi più minacciati d’Europa, possiedono varianti genetiche che li rendono mediamente meno aggressivi rispetto ad altre popolazioni di orso bruno. A confermarlo è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution da un team di ricercatori in larga parte italiani, guidati da Andrea Benazzo dell’Università di Ferrara.
La ricerca nasce dall’analisi del genoma di diversi orsi bruni provenienti dall’Italia e dalla Slovacchia, con un’attenzione particolare alla popolazione marsicana, oggi ridotta a circa cinquanta esemplari. Un numero esiguo, che rende l’orso bruno marsicano una specie classificata come in pericolo critico di estinzione.
I risultati della ricerca
Secondo quanto ricostruito dagli studiosi, questa popolazione si è separata dagli altri orsi bruni europei tra i duemila e i tremila anni fa, rimanendo geneticamente isolata per almeno quindici secoli. Un isolamento dovuto in larga parte all’impatto umano sul territorio, come la progressiva distruzione dei boschi e la frammentazione dell’habitat naturale. Da allora, gli orsi marsicani hanno convissuto a stretto contatto con l’uomo, adattandosi a un ambiente sempre più antropizzato.
Ed è proprio questa lunga coesistenza ad aver lasciato un segno profondo nel loro patrimonio genetico. Oltre a presentare una ridotta diversità genetica, dimensioni corporee mediamente più piccole e una conformazione cranica diversa (più larga rispetto ad altri orsi bruni) gli orsi dell’Appennino mostrano una minore propensione all’aggressività. Una caratteristica che, secondo i ricercatori, potrebbe essere stata favorita dalla selezione naturale: gli individui meno aggressivi avrebbero avuto maggiori possibilità di sopravvivere in un contesto dominato dalla presenza umana.
Per arrivare a queste conclusioni, il team ha analizzato il DNA di alcuni esemplari emblematici, come Lauretta, l’orsa ospitata al Centro Visite del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise a Pescasseroli, morta alla fine del 2019, insieme a quello di altri orsi appenninici e dell’Europa orientale. L’attenzione si è concentrata in particolare su alcune varianti genetiche legate al funzionamento del cervello e alla regolazione del comportamento.
I risultati confermano osservazioni già avanzate in passato dagli etologi: la convivenza forzata con l’uomo avrebbe contribuito a modellare l’indole più pacifica degli orsi marsicani. Una caratteristica che rappresenta allo stesso tempo un vantaggio e una fragilità. Se da un lato riduce il rischio di conflitti diretti con le comunità locali, dall’altro può rendere questi animali più vulnerabili in un ambiente dove la pressione antropica resta elevata.