Myotis daubentonii - Foto Luca Cistrone
Prof. Danilo Russo
Fiume Sangro - Villetta Barrea (AQ)
Fiume Sangro - Villetta Barrea (AQ)
Fiume Sangro - Villetta Barrea (AQ)
Fiume Sangro - Villetta Barrea (AQ)
Fiume Sangro - Villetta Barrea (AQ)
Fiume Sangro - Villetta Barrea (AQ)
Fiume Sangro - Villetta Barrea (AQ)Il riscaldamento globale sta manifestando effetti evidenti sulla biodiversità. Tra questi, lo spostamento di diverse specie, sia animali che vegetali, verso quote o latitudini maggiori, alla ricerca di nuovi habitat ottimali per la propria sopravvivenza. Il fenomeno è in atto su scala globale, dagli ambienti marini a quelli montani. Con riferimento a quest’ultimo caso, è stata evidenziata la tendenza a uno spostamento verso quote più elevate in specie di uccelli come la pernice bianca, piante sia erbacee, come la stella alpina, che arboree, come il pino cembro, e ancora insetti come le farfalle, e mammiferi, come il camoscio, lo stambecco e i pipistrelli. La lista è in continua crescita.
Per approfondire le dinamiche di adattamento dei pipistrelli al cambiamento climatico, è stato avviato nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise un progetto di ricerca, condotto dal Laboratorio Animal Ecology and Evolution (AnEcoEvo) del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II, in collaborazione con la Prof.ssa Mirjam Knörnschild del Museo di Storia Naturale di Berlino.
Di recente sono stati pubblicati sulle riviste scientifiche Science of the Total Environment e Forest Ecology and Management, i risultati delle ricerche effettuate su una delle specie di pipistrello che vivono nel Parco: il Vespertilio di Daubenton (Myotis daubentonii). Un pipistrello che, essendo un cacciatore specializzato nel sorvolare fiumi e laghi, ha trovato come ambiente ottimale in cui vivere e riprodursi, le foreste ripariali del PNALM. Nel dettaglio, i ricercatori hanno rilevato uno spostamento a quote maggiori, solo delle femmine. Abbiamo chiesto a Danilo Russo, Professore Ordinario di Ecologia presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico e responsabile del Laboratorio AnEcoEvo, di spiegarci il fenomeno e di fornirci una panoramica di quelle che, attualmente, sembrano essere le risposte dei pipistrelli “di montagna” al cambiamento climatico.
Professore, come stanno reagendo i pipistrelli al cambiamento climatico?
Siamo agli inizi della comprensione sul tema. Finora sono stati pubblicati diversi studi, basati principalmente sulla elaborazione di modelli di distribuzione, che mostrano come alcune specie di pipistrelli potrebbero rispondere all’innalzamento medio delle temperature, cambiando il loro areale o spostandosi a quote più elevate. Quindi delle stime su cosa potrebbe succedere in futuro. Quello che stiamo conducendo nel PNALM è uno dei primi studi effettuati sul territorio, ricerche che possono effettivamente dirci cosa sia già avvenuto e stia avvenendo in conseguenza del cambiamento climatico.
Cosa avete osservato nel PNALM?
Stiamo osservando che varie specie manifestano una tendenza a salire in quota. Ad esempio, il Vespertilio di Capaccini (Myotis capaccinii) è una specie che fino al 2023 non era presente nel Parco. Due anni fa lo abbiamo trovato nel territorio di Scontrone, a quota 870 m, quest’anno a 1.020 m. Si sta spostando quindi in una maniera davvero rapida. Per il Vespertilio di Daubenton, specie che personalmente studio dalla fine degli anni Novanta, protagonista delle recenti pubblicazioni su Science of the Total Environment e Forest Ecology and Management, abbiamo notato qualcosa di più sottile, ovvero che le femmine si stiano spostando in quota, mentre i maschi restano lungo tutto il corso del Fiume Sangro, com’è sempre stato.
Per comprendere il fenomeno, è necessario chiarire prima di tutto chi sia questo pipistrello. Si tratta di uno specialista ripariale, un cacciatore “acquatico”, che cattura a pelo d’acqua gli insetti, utilizzando le zampe e la membrana caudale a mo’ di rastrello. Nei primi anni 2000, la specie mostrava una distribuzione particolare lungo il fiume Sangro: i maschi erano distribuiti lungo tutto il corso del fiume, le femmine si limitavano attorno agli 850 metri, come se tra i due sessi ci fosse un muro invisibile. A distanza di oltre 20 anni, abbiamo rilevato una espansione delle femmine a quote più alte, fino attorno ai 1.050 metri.
Come mai maschi e femmine hanno una distribuzione differente?
La risposta si lega alla fisiologia dei pipistrelli, che sono animali eterotermi facoltativi. Sono in grado di regolare la temperatura corporea, esattamente come noi, ma in alcune condizioni ambientali, si comportano da eterotermi. Ad esempio, durante il letargo, smettono di investire energia nella termoregolazione e affidano la sopravvivenza alle riserve adipose. Strategia che si può usare anche in fase di attività, come fa il maschio del Vespertilio di Daubenton, che nella bella stagione, caccia di notte e di giorno si riposa e si “raffredda”. Entra, infatti, in uno stato che viene definito di “torpore diurno”, durante il quale smette di termoregolare e abbassa la temperatura corporea ai livelli di quella ambientale, così da consumare poca energia ed accumulare grasso. Le femmine riproduttive non lo possono fare, in quanto hanno la necessità di mantenere la temperatura corporea costante ed elevata, per sostenere gravidanza e allattamento. Nel periodo riproduttivo (tarda primavera – estate), le femmine vanno quindi alla ricerca di rifugi riproduttivi, ovvero di edifici o cavità degli alberi, che devono essere ambienti caldi, così da limitare il dispendio energetico necessario per mantenere alta la temperatura corporea. Il cambiamento climatico, con un innalzamento delle temperature ambientali, sta portando alla possibilità di trovare rifugi sufficientemente caldi anche a quote più alte di quelle riscontrate 20 anni fa.
Come avete fatto a verificare questo spostamento in quota?
Attraverso delle catture, ovvero posizionando delle reti, a quote differenti. Abbiamo così rilevato la presenza di femmine a quote cui finora non erano mai state catturate. Un dato però non sufficiente di per sé per decretare l’espansione in quota della zona riproduttiva. Una femmina può magari spostarsi più in alto, temporaneamente, per cercare cibo, e poi tornare al rifugio più in basso. Per cui abbiamo applicato dei minuscoli trasmettitori radio ad alcune femmine, per effettuare il radiotracking, ovvero per seguirne gli spostamenti. In questo modo è stato possibile confermare la presenza di colonie riproduttive all’interno di cavità degli alberi ripariali, ben oltre gli 850 metri.
Siamo certi che il fenomeno sia legato al cambiamento climatico?
Posso dirvi che siamo andati a scaricare i dati di temperatura relativi ai mesi di innevamento forniti dal Servizio Meteomont dei Carabinieri Forestali per l’area di studio. Quel che risulta evidente è che si sia verificato in 24 anni un aumento di 4°C nei mesi invernali. Dunque, lo spostamento dell’area riproduttiva risulta coerente con il cambiamento climatico.
Sono stati notati altri cambiamenti, oltre allo spostamento delle femmine?
Abbiamo anche notato una interessante variazione in termini di dimensioni dei pipistrelli. Nell’arco di 24 anni di studi, sia i maschi che le femmine di Vespertilio di Daubenton, in media sono diventati più grandi. Parliamo di pochi millimetri, ma comunque si tratta di dati significativi. A cosa può essere dovuto questo fenomeno? La soluzione ci viene fornita da un altro studio, realizzato in Germania, sul Vespertilio di Bechstein. Anche in Germania era stato notato un incremento delle dimensioni medie della specie. Per comprendere se il fenomeno fosse legato alla temperatura è stato effettuato uno studio in cui i colleghi tedeschi hanno riscaldato i rifugi artificiali, le cosiddette bat box, lasciandone altri come controllo, senza riscaldamento. Dopo poche generazioni, si è notato che i piccoli di pipistrello nati nelle bat-box riscaldate avevano dimensioni mediamente maggiori. La ragione è semplice: se la femmina partorisce in un rifugio più caldo, deve investire meno in termoregolazione. Consumando meno energia, puoi investire un surplus energetico nello sviluppo embrionale.
Possiamo parlare di fenomeno evolutivo?
No, perché non c’è una selezione naturale in atto. Si parla di plasticità fenotipica, ovvero un cambiamento delle caratteristiche in funzione delle condizioni ambientali. Un po’ come il leccio, che presenta foglie di sole e di ombra. Le prime sono più piccole delle seconde perché, essendo maggiormente esposte alla luce solare, devono limitare la perdita di acqua per evaporazione. Le seconde sono più ampie perché, essendo in ombra, necessitano di una superficie maggiore per intercettare sufficiente luce per svolgere la fotosintesi. Il genoma resta lo stesso, ma si esprime in maniera diversa a seconda delle condizioni ambientali.
Analizzando i dati raccolti in altre aree italiane sul Vespertilio di Daubenton, abbiamo potuto verificare come questo incremento dimensionale della specie sia una dinamica rilevata in tutta Italia. E anche altri pipistrelli, sebbene su scale temporali differenze, mostrano lo stesso trend.
Si tratta di un adattamento che potrà essere utile alla specie ad affrontare il cambiamento climatico?
Non è detto. Nel lungo termine essere più grande potrebbe risultare negativo e vi spiego perché. Se sono più grande, consumo di più, devo dunque mangiare di più. Il problema però è che il pipistrello è un insettivoro e, in conseguenza della diffusione dei pesticidi e dell’alterazione degli habitat, le popolazioni di insetti stanno manifestando un crollo. Quindi gli esemplari più grandi, necessitando più cibo, potrebbero essere svantaggiati.
Vi faccio un altro esempio, per comprendere quanto una risposta manifestata in conseguenza della variazione di un dato fattore ambientale possa non rappresentare in senso assoluto un vantaggio. Sempre in Germania, stiamo osservando con i colleghi del Museo di Storia Naturale di Berlino che, a seguito delle recenti ondate di calore estive, si manifesta un aumento di mortalità nei pipistrelli nei loro rifugi. Parliamo di cifre significative, anche centinaia di morti al giorno, soprattutto neonati o giovani, che muoiono per shock termico o per disidratazione. Questo fenomeno sta iniziando a manifestarsi anche in foresta, come abbiamo osservato in un piccolo bosco del Friuli, sito di riproduzione della nottola comune. Alla base vi è una “trappola ecologica”. Le femmine scelgono i rifugi, come descritto in precedenza, per assicurare a se stesse e ai piccoli un ambiente caldo. E considerate che questa selezione del rifugio “migliore” deriva da milioni di anni di evoluzione dei pipistrelli. Il problema attuale è che, quando intervengono le ondate di calore, quei rifugi apparentemente perfetti, diventano forni.
Potremmo assistere a un simile fenomeno anche nel PNALM?
Nel PNALM non si notano attualmente casi di mortalità legati a ondate di calore, anche se non si può escludere in futuro. Al momento sappiamo solo che abbiamo una specie di pipistrello, che vede uno dei due sessi in risalita lungo il fiume, per esigenze climatiche. Sul futuro al massimo possiamo fare ipotesi, ma importante è concentrarsi sul presente, sull’agevolare gli spostamenti delle specie anche più fragili del Vespertilio di Daubenton (ma il discorso si può ampliare al di fuori del mondo dei pipistrelli) verso quote o latitudini maggiori. Serve una gestione intelligente del territorio, che passa attraverso la conservazione e la creazione di corridoi ecologici. Nel caso del Vespertilio di Daubenton, conservare la vegetazione ripariale diventa essenziale. Dovremmo superare la visione negativa che purtroppo si è diffusa in merito, ovvero che la vegetazione che cresce lungo i fiumi sia causa di accumulo di legno e vada quindi a bloccare il flusso dell’acqua. In realtà quella vegetazione consolida gli argini e contiene le esondazioni. Ed è importante anche per la biodiversità, perché offre rifugi così come aree in cui gli animali, soprattutto insettivori, possono alimentarsi. Insomma, si tratta di vere “autostrade verdi”, che gli animali possono seguire anche in risposta al cambiamento climatico.