"Poi vidi lui e Mr Hadow volare giù": la testimonianza di Whymper

Nel 1865, dopo la prima salita al Cervino, Edward Whymper raccontò al “Times” la caduta dei suoi compagni. Tra accuse, stampa e mito, l’alpinismo entrò nella coscienza vittoriana.

“Per quanto io sappia, al momento dell’incidente nessuno si stava effettivamente muovendo. Non posso parlare con sicurezza, né lo possono i Taugwalder, perché i due uomini che scendevano in testa erano parzialmente nascosti alla nostra vista da un masso sporgente. Il povero Croz aveva appoggiato la sua piccozza e, per dar più sicurezza a Hadow, stava sistemandogli le gambe e i piedi, uno dopo l’altro, nella giusta posizione di discesa. Dal movimento delle loro spalle mi pare che Croz avesse ultimato questa operazione e stesse per voltarsi in modo da scendere lui stesso di due o tre gradini. In quel momento Mister Hadow scivolò, cadde su Croz e lo travolse. Udii un’esclamazione allarmata di Croz, poi vidi lui e Mister Hadow volare giù; un momento dopo Hudson fu trascinato via dai suoi gradini e Lord Francis Douglas immediatamente dopo di lui. Tutto ciò fu questione di un attimo; ma, appena udito il grido di Croz, Taugwalder e io ci afferrammo quanto più possibile alle rocce; la corda era tesa tra di noi, e lo strappo ci colpì come fossimo un solo uomo. Resistemmo, ma la corda si ruppe a mezza via tra Taugwalder e Lord Douglas».

L’8 agosto 1865 Edward Whymper rilasciò questa testimonianza al direttore del “Times”. Ormai il caso del Matterhorn montava ogni giorno di più; il giovane Edward era considerato da mezza Gran Bretagna un eroe e dall’altra mezza un criminale, perché aveva scalato il Cervino ma era tornato senza quattro compagni, di cui tre britannici. Si aprì un’inchiesta, si setacciò ogni macabro dettaglio, si annegò nella retorica: “Il Reverendo Hudson – scrisse Charles Gos – aveva duramente scalato un nuovo Pisgah. Si stendeva davanti a lui un paese di bellezza. Egli contemplava questa Canaan di terra come l’immagine, bella ma imperfetta, di una regione celeste. Non sapendo che la sua opera in questo deserto era compiuta”. La regina Vittoria considerò l’eventualità di proibire l’alpinismo prima che crescesse eccessivamente, Charles Dickens dichiarò che scalare le montagne era una cosa assurda. Ma lo sdegno aumentò l’interesse morboso del pubblico inglese, che dalle poltrone di casa si appassionò come non mai alle emozioni e ai rischi della scalata. I giornali vendevano alla grande e il Cervino cominciava a rendere bene, non solo agli albergatori di Zermatt.

Intanto procedevano le inchieste. Whymper e i due Taugwalder, gli unici che si erano salvati, furono processati per negligenza; gli venne anche imputato il taglio della corda. Alla fine ne uscirono sostanzialmente riabilitati, perché le corde di canapa erano fragili e non potevano sostenere il peso di quattro alpinisti in caduta libera, ma Whymper non fu mai più lo spavaldo e invincibile conquistatore delle Alpi. Era diventato una celebrità, però era condannato a dividere la luce del successo con l’ombra della tragedia: “Scalate le montagne, se volete, ma ricordate che il coraggio e la forza non sono nulla senza la prudenza e che un attimo di negligenza può distruggere la felicità di una vita”.