Manuela Mapelli alla Sala della Montagna, foto dell'autrice.“Ho iscritto mio figlio a un corso di arrampicata, per l’occasione volevo regalargli un libro sull’argomento, ma non l’ho trovato e allora l’ho scritto io”. Manuela Mapelli, illustratrice milanese trapiantata a Cesena, racconta così la genesi della sua prima graphic novel, La gita selvatica (pp. 96, 14 euro, Sinnos 2024, età dagli 8 anni), al termine della presentazione alla Sala della Montagna al Salone del Libro di Torino, dove è stata bombardata di domande da un numeroso pubblico di giovanissimi lettori, proprio quelli a cui si rivolge.
“A dir la verità un libro lo avevo trovato, ma era troppo tecnico e si rivolgeva a ragazzi più grandi, non spiegava cosa fosse davvero l’arrampicata, o quale la differenza con l’alpinismo, insomma, non era una storia. Nel frattempo ho iniziato ad arrampicare anche io, iscrivendomi a un corso e il progetto iniziale si è modificato”.
La protagonista è Nina che frequenta un corso di arrampicata sportiva e sta per partire per una settimana selvatica, fatta di tende sotto le stelle, arrampicate in falesia e storie attorno al fuoco, la sera. Scopre così le storie dei primi scalatori, un po’ ribelli e un po’ sognatori, grandi amanti della libertà. E anche lei finalmente trova grazie a loro il coraggio di affrontare le sue paure e di immergersi nella natura selvatica. “Nina condensa una parte delle mie paure, soprattutto quella di non sentirmi all’altezza di uno sport di questo genere, poi però rispecchia anche i ragazzi della palestra con cui ho fatto parecchi campi”.
La copertina del libro.A un certo punto la storia (inventata) di Nina, che è una ragazza contemporanea, si intreccia con quella (vera) di Lynn Hill, grandissima scalatrice statunitense attiva professionalmente dagli anni ’80, entrata nel mito con la prima libera di The Nose su El Capitan in Yosemite, prima donna a chiudere un 8b+. “Il disegno è una pratica quotidiana per me, invece la scrittura arriva quando c’è l’esigenza forte di comunicare. Per questo ho scelto di parlare dell’arrampicata raccontando la storia di una donna speciale, quale appunto è stata Lynn Hill, della sua epoca e della comunità di arrampicatori che c’era a Yosemite, una situazione molto diversa da quella che viviamo noi. Mi sono molto documentata per questa parte”.
Si dice soddisfatta Mapelli, al Salone per la seconda volta, ma autrice in passato solo di albi illustrati. Soddisfatta innanzitutto perché il primo destinatario della sua fatica editoriale, suo figlio, oggi quattordicenne, ha apprezzato: “Andiamo ancora insieme ad arrampicare, però adesso è lui quello bravo, chiude blocchi che io non posso neanche guardare. Lui continua e io sono contenta, penso che l’arrampicata sia veramente uno sport formativo”.
Ovviamente, quando si parla di arrampicata è molto importante controllare la correttezza dei dettagli tecnici, per questo Mapelli inizialmente ha chiesto aiuto agli insegnanti di suo figlio, che poi sono diventati i suoi, finché lei stessa è stata in grado di valutare in autonomia alcuni aspetti, per esempio i nodi o l’attrezzatura giusta, perché quella sua idea di iscriversi a un corso di arrampicata è andata a finire che per poco non diventa anche istruttrice. Insomma, all’inizio era solo una mamma che porta suo figlio a fare sport, poi, come dice lei, “mi sono fatta prendere la mano”. Che per un’illustratrice è anche una buona cosa. Di sicuro è una che quando parte convinta arriva fino in fondo.
Un esempio degli interni.