Progetto MAHE: un mese in rifugio per il bene della scienza

Il Rifugio Nino Corsi ha ospitato per un mese un gruppo di volontari, protagonisti di uno studio volto a indagare gli effetti sul corpo umano dell'altitudine moderata.

Alle porte dell’estate, il centro di ricerca altoatesino Eurac Research, apriva al pubblico le candidature per partecipare a uno studio in quota dal titolo “MAHE” (Moderate Altitude Health Effects), finalizzato a indagare gli effetti della moderata altitudine sul corpo umano. 

Finora la scienza medica ha privilegiato studi dedicati agli effetti fisiologici dell’alta quota, oltre i 2.500 metri. Il progetto MAHE, condotto dall’Istituto per la medicina d’emergenza in montagna di Eurac Research e l’Ospedale universitario di Zurigo, è nato allo scopo di colmare il deficit conoscitivo sugli impatti fisiologici delle altitudini moderate, comprese tra i 2000 e i 2500 metri, rappresentative della fascia altitudinale in cui vive la maggioranza della popolazione alpina e in cui si recano regolarmente, per svago, allenamento o lavoro, milioni di persone.

I protagonisti dello studio, condotto tra agosto e settembre, sono stati uomini e donne sani, di età compresa tra i 18 e i 40 anni, abituati a vivere al livello del mare, che hanno trascorso un mese presso il Rifugio Nino Corsi – Zufallhütte, situato a 2.265 metri in alta Val Martello, nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio. Punto di riferimento per escursionisti e alpinisti nel gruppo Ortels-Cevedale, il rifugio ha offerto le condizioni ideali per l'isolamento controllato necessario alla ricerca scientifica.

Il progetto ha previsto il monitoraggio costante di una serie di parametri fisiologici, allo scopo di raccogliere dati su funzione vascolare, circolazione polmonare, attività del nervo simpatico, sonno, metabolismo e appetito, volume sanguigno e prestazioni di resistenza. I monitoraggi, effettuati prima, durante e dopo il soggiorno, permetteranno al team di Eurac Research di comprendere come l’altitudine moderata influisca sulla salute e sulle prestazioni fisiche.

 

Un mese in rifugio, tra regole e natura

Per garantire la massima accuratezza dei dati, ai partecipanti è stato richiesto di aderire a un regime di vita molto rigoroso: ogni pasto è stato pesato e ogni spuntino annotato dal team di ricerca, e le attività sportive sono state consentite con specifiche restrizioni. In una stanza del Nino Corsi è stato allestito un vero e proprio laboratorio d’alta quota

Diversi e numerosi i test svolti in quota. Mediante un sensore di glucosio applicato sulla pelle, sono stati misurati giorno e notte i livelli di zucchero nel sangue per 15 giorni, trasmettendo i dati in tempo reale per osservare la reazione del corpo a cibo e attività. Un dispositivo ad hoc ha permesso, tramite la reinalazione dell’aria espirata, di calcolare la massa di emoglobina e il volume totale del sangue, parametri chiave per l'acclimatazione. Settimanalmente è stato misurato il consumo energetico a riposo: a digiuno, i partecipanti sono stati invitati a rimanere immobili per venti minuti mentre si misurava l'ossigeno inspirato e la CO2 espirata. Inoltre, grazie a un ecografo portatile, è stata svolta l'ecocardiografia per determinare la pressione sanguigna nelle arterie polmonari. 

Nonostante la dedizione alla ricerca, il tempo libero non è mancato. Quando non impegnati in test o misurazioni, i partecipanti si sono dedicati a tranquille passeggiate, slackline e, con spirito creativo, hanno rivisitato il gioco delle bocce, sostituendole con delle pietre raccolte nelle vicinanze. Molti hanno approfittato del soggiorno per lavorare in smart working o preparare esami universitari.

I risultati dello studio, finanziato dalla Provincia autonoma di Bolzano nell’ambito del programma “Joint Projects Italy-Switzerland”, saranno essenziali per approfondire se, come e quanto, l'esposizione prolungata ad altitudini moderate abbia effetti su prestazioni e salute umana.