Ettore Zapparoli
La pietra tombale di Ettore Zapparoli
Ettore Zapparoli e Giorgio BrunnerIl 9 settembre 2007 una escursionista di Macugnaga scopre dei resti umani a 2000 metri di quota, sul ghiacciaio del Belvedere. Un mucchietto di ossa, un dito, un vecchio moschettone e un fazzoletto bianco ricamato. In base ai reperti, il quadro per l’identificazione è circoscritto agli anni Quaranta-Cinquanta del Novecento, periodo in cui quattro alpinisti sono stati ingoiati dai crepacci. Sono l’alpinista musicista Ettore Zapparoli, i lombardi Angelo Vanelli e Sergio Ferrario e la guida di Macugnaga Gildo Burgener. Che sia il mitico Zapparoli? Lui andava sempre solo, vestito come un uomo d’altri tempi. Prima delle scalate faceva tappa nella casa di una contessina per deliziarla con qualche sonata al pianoforte. Dedicava versi alla parete: “Poco su di qui è l’orlo stellare delle rocce dove ci si sente semiastri, le pupille arse vi colgono visioni che poi, scendendo, sembrano trafugate al sogno: 'abito un astro' dice uno lassù”. Nel 1934 era salito al Colle Gnifetti, sul settore più impressionante; nel 1937 aveva aperto la cresta del Poeta, che esce sulla Punta Nordend. Nel settembre 1948, in condizioni impossibili, ancora sulla Nordend a destra della cresta: il canalone della Solitudine. Infine il 18 agosto 1951 era partito per la Punta Zumstein a risolvere il problema della via diretta. Aveva detto ai custodi del rifugio Zamboni-Zappa: “Se dovessi morire sul Rosa non venite a cercarmi: tanto non mi trovereste mai”. Era stato buon profeta, perché non era tornato e Dino Buzzati aveva scritto pietosamente sul Corriere della Sera: “Sebbene a dirlo sembri infame, io mi domando se la grande parete non sia stata buona veramente. Zapparoli, Zapparoli!, noi gridiamo, facendo portavoce nelle mani, ai ghiacciai che non rispondono. Zapparoli, perché non torni? Ma in fondo, non siamo degli ipocriti? Che avremmo da offrirgli se tornasse? Cosi invece egli è rimasto intatto, preservato nella sua sagoma di arcangelo, tratto via in una specie di trionfo… E io lo vedo ancora là, che manovra con la picca, tremendamente sprovveduto e solo, piccolissimo, un bambino, nell’immensità misteriosa del santuario”.
Dopo il ritrovamento dei resti, i cugini di Zapparoli acquisiscono dalla procura l’autorizzazione per l’esame comparativo del Dna, affidato agli specialisti bolognesi e al Ris di Parma. “Vorremmo tanto – confida una delle discendenti – tumulare i resti di Ettorino nel cimitero di Macugnaga con i genitori Gigi e Anita, che avrebbero voluto essergli vicini”. Il desiderio si avvera e gli esami di laboratorio confermano che i resti sono proprio i suoi. Dopo 56 anni il ghiacciaio l’ha restituito.