Foresta alpina
Foresta
ForestaL’evacuazione del centro abitato di Brienz, in Svizzera, avvenuta nelle ultime settimane, ha riportato al centro dell’attenzione il tema delle frane. Questi fenomeni, che possono manifestarsi come scivolamenti, crolli, colate detritiche o altri movimenti di massa, sono parte integrante della dinamica naturale delle Alpi, degli Appennini e, più in generale, di tutte le aree montane e collinari.
La gravità è la forza motrice che innesca una frana, ma la stabilità di un pendio dipende da un equilibrio molto più complesso. Precipitazioni intense che saturano il suolo, erosione superficiale da parte degli agenti meteorologici, variazioni stagionali di temperatura che dilatano e contraggono i materiali, eventi sismici che ne riducono la coesione e interventi umani come il disboscamento o pratiche agricole non sostenibili: tutti questi fattori possono indebolire i versanti e renderli più vulnerabili. I suoli montani, spesso poco profondi, sono particolarmente sensibili al cambiamento climatico che sta modificando profondamente il ciclo idrologico: precipitazioni più frequenti e intense, alternanza più marcata tra periodi secchi e piovosi e un aumento degli eventi estremi contribuiscono a intensificare processi erosivi, frane e colate detritiche. In questo scenario complesso, la vegetazione montana e alpina svolge un ruolo fondamentale. Le radici consolidano il terreno, la copertura vegetale riduce l’erosione e quindi la presenza di comunità vegetali diversificate contribuisce a mantenere la stabilità dei pendii. Proteggere e valorizzare questi ecosistemi significa quindi ridurre il rischio di calamità naturali che possono colpire le aree a valle.
Come la vegetazione stabilizza il suolo, in pratica
L'erosione del suolo è una delle principali e più diffuse forme di degrado del territorio. Sia la parte aerea (fusto e foglie) che quella sotterranea (radici) contribuiscono a mitigare l’erosione del suolo e ad incrementare la stabilità del pendio. Fusto e foglie riducono l’impatto delle gocce di pioggia intercettandole prima che raggiungano terra, rallentano il ruscellamento superficiale, intrappolano sedimenti e riducono il contenuto idrico del suolo attraverso la traspirazione. L'apparato radicale della pianta compatta la struttura del suolo in vari modi, sia meccanicamente creando una rete fisica che trattiene e pressa le particelle tra loro, sia chimicamente tramite materia organica, come polissacaridi ed essudati che fungono da vere e proprie colle chimiche. La sostanza organica, infatti, a seconda del suo stadio di decomposizione, può agire come agente stabilizzatore degli aggregati: maggiore è lo stato di decomposizione, maggiore sarà la stabilità delle particelle del suolo. Questo perché la materia organica decomposta presenta delle caratteristiche molecolari che le permettono di stringere legami più forti con le particelle di suolo circostanti, conferendo maggiore stabilità. Le radici, inoltre, riducono la pressione dell’acqua nei pori assorbendola attivamente e favorendone il drenaggio, diminuendo così la pressione interstiziale che indebolirebbe la struttura del suolo.
Non tutta la vegetazione protegge allo stesso modo
Quando si parla di stabilità dei versanti, è importante ricordare che non tutte le coperture vegetali hanno lo stesso effetto sul suolo. Boschi, arbusteti e coltivazioni agricole differiscono nella struttura e nella profondità dei loro apparati radicali, e quindi nella capacità di serrare il terreno e renderlo più resistente alle frane. Uno studio condotto negli Appennini settentrionali da Bordoni e colleghi nel 2020 ha mostrato che i boschi di latifoglie sono tra i sistemi più efficaci nel proteggere i pendii: le loro radici sono numerose, robuste e raggiungono profondità spesso superiori al metro, fornendo un forte rinforzo meccanico al suolo. All’estremo opposto si trovano prati seminati e arbusteti che ricoprono le aree agricole abbandonate: in questi ambienti le radici sono quasi tutte concentrate nei primi 30 centimetri di terreno e sono molto sottili, con una capacità limitata di consolidare gli strati più profondi. Un caso particolarmente interessante è quello dei vigneti, che possono comportarsi sia come coperture instabili sia come veri e propri elementi di protezione naturale, a seconda della gestione del suolo. Dove il terreno tra i filari viene regolarmente lavorato e mantenuto nudo, le radici della vite rimangono scarse e superficiali, riducendo significativamente la stabilità del pendio. Al contrario, nei vigneti con copertura erbosa tra i filari, l’apparato radicale è molto più ricco e profondo e il suolo è rinforzato quasi quanto quello dei boschi. Questo dimostra che non è solo la presenza della vegetazione a contare, ma anche come viene gestita: pratiche agricole attente possono offrire benefici non solo ecologici, ma anche di sicurezza territoriale.
L’uso del suolo per la sicurezza del territorio
La stabilità dei versanti non dipende solo dalle caratteristiche del suolo o dall’intensità degli eventi meteorologici: è profondamente influenzata da come utilizziamo il territorio. Le scelte di gestione agricola, forestale e paesaggistica modellano la struttura del suolo, la profondità degli apparati radicali e la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua. La progressiva espansione di arbusteti dovuta all’abbandono dei pascoli, così come la lavorazione intensiva del suolo, può aumentare la vulnerabilità dei pendii alle frane. Al contrario, mantenere prati e pascoli in gestione, evitare l’abbandono e promuovere forme di utilizzo che preservino la continuità della copertura vegetale, possono essere dei veri e propri strumenti di prevenzione. In un contesto climatico che rende più frequenti gli eventi estremi, queste scelte non proteggono solo il paesaggio alpino, ma anche le comunità che vivono a valle.
Riferimenti bibliografici
Hudek, C., Stanchi, S., D’Amico, M., & Freppaz, M. (2017). Quantifying the contribution of the root system of alpine vegetation in the soil aggregate stability of moraine. International Soil and Water Conservation Research, 5(1), 36–42.
Bordoni, M., Cislaghi, A., Vercesi, A., Bischetti, G. B., & Meisina, C. (2020). Effects of plant roots on soil shear strength and shallow landslide proneness in an area of northern Apennines. Bulletin of Engineering Geology and the Environment, 79, 3361–3381.
Tasser, E., Mader, M., & Tappeiner, U. (2003). Effects of land use in alpine grasslands on the probability of landslides. Basic and Applied Ecology, 4, 271–280.