"Renata Rossi", una pietra miliare per la Valle del Sarca

Marco Furlani ci racconta l'apertura della via sul Colodri che ha segnato il cambiamento per l'arrampicata ad Arco. "La linea era logica, ci avevano già provato in tanti, ma nessuno aveva passato il traverso"

La Renata Rossi è una signora via ancora oggi, nonostante siano passati 46 anni dalla sua apertura. Taglia la parete del Colodri giusto al centro, ha una linea logica ed estremamente invitante. Le difficoltà alpinistiche si mantengono tra V e VI superiore, con un paio di tiri davvero continui che richiedono tecnica e resistenza. È anche un viaggio nella storia dell'arrampicata della Valle del Sarca per diversi motivi, tra i quali il fatto che il primo spit è stato piantato sulla sua variante Specchio delle mia brame, aperta dall'alto nel 1982 da Roberto Bassi e Heinz Mariacher.

 

Marco Furlani, che ha tracciato la via insieme a Gigi Giacomelli e una seconda cordata composta da Elio Piffer e Roberto Bassi, ci racconta della nascita di questo piccolo gioiello che ha contribuito a rendere Arco uno degli spot più interessanti dell'arrampicata negli ani '80. “Ciano [Stenghel, ndr] l'aveva già provata, era arrivato fino a metà del traverso sotto il tetto, ma non era riuscito a proseguire. E poi anche Aldo Leviti era arrivato fino allo stesso punto e pure Pierluigi Bini con Alberto Campanile ci avevano provato, ma poi Campanile era volato giù sul diedro dopo il traverso e si era rotto i talloni. L'errore che facevano era quello di provare a uscire subito dal tetto dopo la prima parte del traverso. Comunque, fatto sta che nel 1979 non ci era riuscito ancora nessuno. Io invece ho avuto l'intuizione giusta: dopo il tetto ho continuato a traversare a destra, un po' in libera e un po' in artificiale. Comunque avrò messo un paio di chiodi in tutto. Fatto quel passaggio lì siamo saliti su per il diedro. Lì l'arrampicata è ancora molto sostenuta, ma poi non è che molla chissà quanto anche sopra”.

 

La via è stata conclusa il 4 febbraio, Furlani e Bassi erano già in piena fase di allenamento per il viaggio a Yosemite e il 6 gennaio avevano aperto la Teresa alle Placche Zebrate. “Mi ricordo che era una giornata fredda. Scalavamo già con le scarpette, prima avevo le Tepa Sport, poi delle scarpe francesi, le Robert Paragot. Ma al tempo le indossavamo con i calzettoni e le tenevamo anche per l'avvicinamento, non era come adesso. C'erano meno cose, l'imbrago per dire me l'ero cucito io. Bassi era ancora un ‘bocia’, aveva appena 18 anni. Poi lui ha arrampicato tanto con Gigi Giacomelli, mi hanno anche fregato – così per dire- la White Crack [sempre al Colodri]. Io ero arrivato fin sotto al tetto, poi ero sceso. Sono andati su loro e l'hanno finita, ma ci sta. Dicevano che volevo fare tutto io...ma era una competizione sana”.

 

Negli anni successivi, Furlani ha arrampicato più con Valentino Chini ed Elio Piffer, Bassi si è progressivamente spostato verso l'arrampicata sportiva. “Per me era un allenamento, mentre loro hanno trovato la loro passione. La variante Specchio delle mie brame alla Renata Rossi l'ho poi fatta in libera proprio con Roberto, che l'aveva aperta con Heinz Mariacher pochi anni dopo [1982, ndr]. Era stata attrezzata dall'alto con i primi spit piantati in valle. Dall'alto come Zanzara e Labbradoro, che aveva aperto con Zanolla. Seguiva un po' la moda del Verdon, dove si faceva così. A quel tempo non c'era ancora Massone, l'arrampicata sportiva doveva ancora venire come attività in sé. Noi andavamo ai Bindesi, ma giusto per allenamento”.

 

La Renata Rossi non è stata la prima via sul Colodri. È arrivata dopo la Umberta Bertamini, la Barbara, la Sommadossi, la Agostina e la Katia. “Ma quando è stata aperta era la più dura della parete. Al tempo quasi tutte le vie erano state dedicate a donne e Giacomelli la volle dedicare a Renata, la prima guida alpina italiana, che era la moglie di suo fratello. La prima ripetizione mi ricordo che l'ha fatta Elio Orlandi con la sua banda e mi aveva ben detto che era dura”.