Un frame da "La signora di Zeri"Vivere nelle aree montane è spesso sinonimo di sacrificio e fatica. Alpi e Appennini hanno vissuto, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, in risposta al boom economico e all’incremento senza paragoni dei servizi offerti dagli ambienti urbani, uno spopolamento progressivo dei piccoli comuni. Ci sono paesi che sono diventati fantasmi, oggi mete di un turismo dei ricordi, fatto di silenzi, di osservazione di un passato che appare estremamente lontano, quando in fondo, non lo è. Laddove le comunità riescono a conservare una propria integrità, nonostante il numero contenuto di abitanti, rispetto al passato vitale e rigoglioso della prima metà del Novecento, è possibile riscontrare la presenza di due tipologie di persone: chi ha scelto di restare fin dalla nascita, di non allontanarsi alla ricerca di occasioni migliori e chi vi è tornato. Obiettivo in entrambi i casi, risulta essere il medesimo: offrire supporto a una terra che va preservata, in termini ambientali e culturali. Non sono solo le case o i boschi a dover restare in piedi, ma anche la storia e le tradizioni che caratterizzano i luoghi. I 3 film che vi consigliamo oggi raccontano 3 storie di vita in quota. Una vita non facile, ma in grado di regalare grandi soddisfazioni.
Si parte con Cinzia, protagonista di “La signora di Zeri”, una delle poche donne che svolgono l’attività di pastore in Lunigiana, tra le vette della Toscana settentrionale, a Zeri, un comune sparso della provincia di Massa-Carrara. Un lavoro fatto di passione, senza puntare al massimo profitto ma al vivere in sintonia con i propri animali. Un perfetto esempio di legame tra uomo e natura. In “La terra mi tiene” è raccontata invece la storia di Ivan, laureato in filosofia, che ha scelto di tornare laddove è nato, nel Parco Nazionale del Cilento, Alburni e Vallo di Diano, per diventare contadino e dedicarsi alla coltivazione del grano. E dopo due “ritornanti”, il cerchio si chiude con e la storia di Benno, altoatesino, nato e cresciuto in una terra caratterizzata dalla presenza di minoranze linguistiche. Sul medesimo territorio si ritrovano lingue latine, come il ladino e lingue germaniche, come il mocheno, ricche di termini fortemente legati al mondo della montagna, e spesso difficili da tradurre in maniera semplice e diretta in un termine italiano. Cosa si prova a sentirsi minoritari? Questa la domanda cui cerca di rispondere “Ritratti di lingue”.
La signora di zeri
di Emilio Pallavicino
In un piccolo paese sulle montagne toscane vive un’antica razza di pecore che prende il nome dal paese di Zeri, la Zerasca. Cinzia Angiolini è una delle pochissime pastore della zona. Il modo di allevare di Cinzia non è produttivo: lei con loro ci parla, le cura, le cerca, le porta a casa ogni sera. LA SIGNORA DI ZERI è uno spaccato di uno stile di vita fatto di fatica e sacrificio, dove il legame profondo con gli animali e la natura restituisce un potente significato alla vita.
La terra mi tiene
di Sara Manisera e Arianna Pagani
Ivan è un contadino, laureato in filosofia, che ha scelto di ritornare nella sua terra natale, nel Parco Nazionale del Cilento, Alburni e Vallo di Diano, per dedicarsi alla semina dei “grani del futuro”. Teresa è una donna anziana, una contadina che da giovane ha scelto di emigrare in Germania, abbandonando la terra per migliorare le condizioni di vita dei suoi figli. Le loro storie si intrecciano seguendo il ciclo delle stagioni e la vita di un chicco di grano, dalla semina alla mietitura nell’anno della pandemia.
Ritratti di lingue
di Benno Steinegger
Benno è nato e cresciuto in Alto Adige/Südtirol, territorio di minoranze linguistiche, lingue latine come il ladino e lingue germaniche come il mocheno, ricche di termini spesso intraducibili perché descrivono azioni, oggetti, luoghi, fenomeni precisi legati a paesaggio, storia e cultura del luogo. Il film si dipana in 4 incontri: persone che parlano quotidianamente queste lingue e fanno i conti con l’essere “minoritari”. Il film è un omaggio a queste lingue, per valorizzare e conservare la diversità.
La locandina di "Ritratti di lingue"