Un fotogramma dal videoSi è aperto ieri presso il Tribunale di Sulmona il processo a carico di G.C., 63 anni, accusato di maltrattamento di animali per aver inseguito con la propria auto un’orsa marsicana e il suo cucciolo a Roccaraso, nel giugno 2023. L’episodio, ripreso in un video che fece rapidamente il giro dei social, suscitò indignazione in tutta Italia e sollevò un ampio dibattito sul rapporto tra uomo e fauna selvatica.
Secondo l’accusa, il comportamento dell’imputato avrebbe provocato “stress acuto, sofferenze e alterazioni comportamentali e fisiologiche” negli animali coinvolti. In particolare, si trattava dell’orsa F21, conosciuta come Bambina, giovane femmina con cucciolo al seguito, considerata dagli esperti un individuo prezioso per la conservazione della specie, oggi ridotta a poco più di 60 esemplari.
Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise ha commentato con fermezza l’apertura del procedimento: “L’inseguimento di un animale per “gioco”, il frastuono dei motori, la fuga forzata tra le strade urbane: tutto questo è il riflesso di una profonda disconnessione emotiva e culturale con il mondo naturale, mascherata da entusiasmo ed interesse".
L’Ente sottolinea anche il ruolo distorsivo dei social media, che hanno trasformato episodi di disturbo della fauna in contenuti virali. “È inquietante constatare come i social media, nati per connettere, siano diventati strumenti di distorsione del rapporto con la Natura. Il disturbo arrecato agli animali selvatici non è più percepito come violazione, ma come contenuto da condividere, commentare, monetizzare”.
"Ci auguriamo che il processo non resti solo un atto giudiziario ma diventi anche un monito - concludono -. Proteggere la fauna selvatica non significa solo applicare leggi, ma ripensare il nostro modo di vivere, di osservare, di raccontare.”
L’inchiesta era stata avviata dai Carabinieri Forestali di Roccaraso, che identificarono l’uomo dopo la diffusione del video. Ora sarà il tribunale a stabilire eventuali responsabilità penali, ma per il Parco l’episodio resta già un segnale d’allarme: “Il rispetto non si posta: si pratica”.