San Gottardo di Rimella: architettura diffusa per un nuovo abitare in quota

Nel viaggio di Architettura Alpina, la borgata walser di San Gottardo di Rimella emerge come modello di rigenerazione silenziosa ma efficace. Qui la sinergia tra interventi pubblici e privati ha invertito lo spopolamento, restituendo vita e dignità a un territorio fragile.

Questo articolo, a cura del progetto ArchitetturAlpinA, ci guida alla scoperta delle architetture contemporanee che animano e trasformano il paesaggio alpino.

Il viaggio di Architettura Alpina prosegue verso le sue ultime tappe, attraversando luoghi dove l’architettura non è soltanto forma o materia, ma strumento di rinascita e coesione sociale. Con la nona tappa, il docufilm si sposta nel territorio di Vercelli, tra le valli silenziose della Valsesia, per raccontare un progetto che, pur lontano dai riflettori e dai clamori mediatici, rappresenta un modello di riferimento per chi oggi si interroga sul futuro delle comunità montane: il Riuso delle borgate della Valsesia, e in particolare il caso di San Gottardo di Rimella.

San Gottardo, piccola borgata walser situata a 1330 metri di quota nell’alta Val Mastallone, è un luogo che ha saputo trasformare la fragilità in opportunità. In un contesto segnato dallo spopolamento e dal declino delle attività tradizionali, la borgata è riuscita, negli ultimi anni, a invertire la tendenza alla dispersione, grazie a un insieme di interventi mirati e coordinati che hanno rimesso in moto il tessuto architettonico e sociale.

“Nel caso di San Gottardo di Rimella – spiegano dall’Ordine degli Architetti di Vercelli – non si tratta di una sola opera, ma di più interventi pubblici e privati corretti dal punto di vista architettonico. Interventi che, sfruttando le risorse del paesaggio e il recupero dell’architettura tradizionale, sono riusciti nel loro insieme a generare un arresto allo spopolamento. Le opere pubbliche, decisive per il recupero della borgata, hanno interessato i luoghi di uso collettivo: dalle nuove autorimesse all’arrivo della carrozzabile, all’interramento delle linee aeree e all’adduzione del GPL. I privati, invece, hanno recuperato correttamente diverse case della tradizione walser”.

È una ricostruzione per piccoli passi, dove l’architettura diventa un linguaggio condiviso tra amministrazioni e abitanti. Le infrastrutture minime, la cura degli spazi pubblici e il recupero delle case storiche si fondono in un’azione corale che riattiva la borgata e la rende nuovamente vivibile. “L’attenzione dell’Ordine di Vercelli – aggiungono – è rivolta a San Gottardo di Rimella, borgata che, avendo messo a sistema negli ultimi anni un oculato e attento utilizzo di risorse pubbliche e iniziative private, è riuscita a produrre un tendenziale aumento della popolazione attiva, sfruttando le risorse del paesaggio e del recupero dell’architettura tradizionale”.

Nel film, le immagini di Architettura Alpina raccontano con delicatezza questo equilibrio: la pietra e il legno delle case walser, le nuove connessioni, le persone che tornano a vivere stabilmente in un luogo che sembrava perduto. Non ci sono grandi gesti architettonici, ma una somma di azioni consapevoli, una “architettura diffusa” fatta di coerenza e di responsabilità.

San Gottardo di Rimella non ambisce alla spettacolarità; la sua forza è altrove. È un progetto che non si impone per immagine, ma per sostanza, e proprio per questo merita attenzione. In un panorama in cui la montagna è spesso raccontata attraverso interventi iconici, qui emerge una dimensione più discreta ma forse più autentica: quella di chi sceglie di restare, di ricostruire, di prendersi cura.

Per questo la borgata walser della Val Mastallone rappresenta un caso da studiare con attenzione. È un laboratorio reale di rigenerazione territoriale, dove la sinergia tra pubblico e privato, tra tradizione e innovazione, produce un modello replicabile per molte altre realtà alpine.
Le azioni messe in campo – infrastrutturali, architettoniche e sociali – non mirano a trasformare, ma a conservare con intelligenza, restituendo funzionalità e dignità a un patrimonio diffuso.

Nel racconto corale del docufilm, San Gottardo è una tappa di passaggio, ma anche una riflessione sul senso dell’abitare contemporaneo in montagna: come si vive oggi a quote alte? Come si mantiene vivo un luogo senza snaturarlo? Le risposte non sono teoriche, ma inscritte nei gesti quotidiani dei suoi abitanti, nei muri restaurati, nelle nuove reti, nella luce che torna a filtrare dalle finestre delle case recuperate.

È forse uno degli episodi più significativi di Architettura Alpina: un esempio di come l’architettura possa essere silenziosa ma efficace, non spettacolare ma necessaria, non imposta dall’alto ma costruita dal basso, giorno dopo giorno. Dopo Rimella, il docufilm si avvicina alla sua ultima tappa, portando con sé un messaggio chiaro: la montagna del futuro si costruisce con la pazienza del restauro, con la collaborazione delle comunità e con la capacità di vedere valore anche dove sembra esserci solo resistenza.