Scoperte nel nord del Canada le rocce più antiche della Terra

Come appariva la crosta terrestre primordiale? Ad aiutare gli scienziati nel fornire una risposta al quesito, è una zona del Quebec nota come Nuvvuagittuq Greenstone Belt, dove sono state scoperte rocce risalenti a oltre 4 miliardi di anni fa.

Come appariva la superficie terrestre all’epoca della sua formazione? La domanda non è delle più semplici. La crosta terrestre, lo strato più superficiale del nostro Pianeta, composto principalmente da rocce, ha subito nel corso di miliardi di anni, intensi processi di rimodellamento, mediati dall’impatto di meteoriti e asteroidi, attività vulcanica, erosione ma soprattutto dai processi tettonici. A fornire una idea di come potessero apparire le primordiali rocce terrestri, è una particolare zona situata nel nord del Quebec, nota come Nuvvuagittuq Greenstone Belt o NGB (“Cintura di rocce verdi di Nuvvuagittuq”). Uno studio di recente pubblicazione sulla rivista Science, condotto da un team di ricerca franco-canadese, confermerebbe che nella NGB siano infatti presenti rocce risalenti a oltre 4 miliardi di anni fa.

 

Come apparivano le rocce nell'eone Adeano

Le prime rocce si stima che abbiano avuto origine sulla Terra circa 4,5 miliardi di anni fa, durante l'eone Adeano. In quel periodo, il Pianeta cominciò a raffreddarsi, e da quella che possiamo immaginare come una iniziale massa di materiale fuso e incandescente, iniziò a originarsi una superficie rocciosa, una crosta primordiale. Trovare sulla Terra testimonianze rocciose risalenti all’Adeano è un evento raro e prezioso per la geologia. Sono stati trovati frammenti minerali risalenti agli albori del nostro Pianeta, ma l’idea di poter trovare un “pezzo” di crosta terrestre primordiale, non ha mai convinto molto il mondo scientifico. 

La Cintura di rocce verdi di Nuvvuagittuq è stata in tal senso attenzionata dagli scienziati, per oltre un decennio, come regione potenzialmente candidata a ospitare le rocce più antiche del Pianeta, dopo la scoperta, realizzata nel 2003, di alcune rocce di età stimata attorno ai 3,8 miliardi di anni

Uno dei maggiori protagonisti degli studi realizzati nella zona, è Jonathan O'Neil, professore associato presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente della Ottawa University. Nel 2008 O’Neil, all’epoca dottorando, ha realizzato uno studio sulle rocce della NGB, effettuando la datazione di alcuni campioni di rocce, mediante analisi dell’isotopo neodimio-142, un isotopo stabile del neodimio, elemento appartenente alle terre rare, originato dal decadimento di un isotopo “estinto”, il samario-146, esclusivamente nell’eone Adeano. 

Il samario-146, come premesso, non è più presente sulla Terra. Si è originato infatti, da esplosioni stellari, prima dell'origine del nostro Pianeta, e si è esaurito entro i primi 500 milioni di anni di vita del Sistema Solare. Considerando il tempo di dimezzamento molto breve, di circa 103 milioni di anni, è decaduto quasi completamente in neodimio-142 prima che si formasse la crosta terrestre. Rispetto alle rocce formatesi successivamente al completo decadimento del samario-146, che presentano un rapporto standard tra l'isotopo neodimio-142 e un altro isotopo stabile del medesimo elemento, che è il neodimio-144, quelle più antiche presentano delle lievi anomalie, come riflesso della presenza di una quantità residua di samario-146, ancora non decaduto, al momento della loro formazione. Il neodimio-142 fornisce dunque una sorta di “firma fossile”. L'applicazione di questo complesso metodo di analisi alle rocce della NGB, ha portato O'Neil a stimare una età dei campioni pare a 4,3 miliardi di anni.

La ricerca non ha ottenuto consenso unanime da parte del mondo scientifico, ma O’Neil non si è fatto scoraggiare e ha proseguito, in veste di docente, le sue ricerche. Nel 2017 sono stati raccolti dei nuovi campioni di rocce, nei pressi del comune di Inukjuak, e le analisi preliminari, effettuate nel corso di un lavoro di tesi di un allora studente, Christian Sole (primo autore dello studio pubblicato su Science), sono risultate molto interessanti. Si è dunque optato per procedere con nuove analisi, svolte in collaborazione con la Carleton University di Ottawa.

Per stabilire l'età delle rocce, i ricercatori hanno combinato petrologia, geochimica e applicato due metodi di datazione dei campioni. Accanto al sopracitato metodo di analisi del neodimio-142, è stato anche applicato il metodo samario-neodimio, che prende in considerazione l’isotopo neodimio-143, prodotto dal decadimento del samario-147, isotopo ancora oggi presente sulla Terra, caratterizzato da un tempo di dimezzamento estremamente lungo, pari a circa 100 miliardi di anni. Il primo metodo è dunque basato sulla memoria di un decadimento, non più attivo. Il secondo su un decadimento ancora oggi in corso. Il dato comune raggiunto mediante confronto tra questi due cronometri naturali, è di 4,16 miliardi di anni

La conferma di aver individuato “pezzi” della primordiale crosta terrestre, apre agli scienziati la possibilità di fare un salto nel tempo. Come evidenziato dallo stesso O’Neil “comprendere queste rocce significa tornare alle origini stesse del nostro pianeta. Questo ci permette di capire meglio come si sono formati i primi continenti e di ricostruire l'ambiente da cui la vita potrebbe essere emersa".