Il Sentiero Italia CAI di Sara Bonfanti

Sette mesi di cammino, quasi 8mila chilometri percorsi. A pochi giorni dal suo arrivo sul sagrato della chiesa campestre di Nostra Signora del Buon cammino, nei dintorni di Santa Teresa Gallura, la camminatrice lombarda ha dialogato a lungo con Lo Scarpone sul presente e sul futuro del Sentiero Italia CAI
Sette mesi di cammino, più di 7mila chilometri percorsi da Muggia (in Friuli Venezia Giulia) a Santa Teresa Gallura (in Sardegna). In mezzo, le montagne italiane: le Alpi e gli Appennini, e poi le isole, la Sicilia e la Sardegna. Sara Bonfanti ha deciso di regalarsi la grand avventura del SICAI in occasione del suo 40esimo compleanno. A pochi giorni dal suo arrivo sul sagrato della chiesa campestre di Nostra Signora del Buon cammino, nei dintorni del piccolo centro sardo, la camminatrice lombarda ha dialogato con Lo Scarpone. Il focus è stato il presente e il futuro del Sentiero Italia CAI, un percorso che ha inevitabilmente segnato in positivo l’esistenza di Sara.   Prima di tutto complimenti. Immagino tu stia realizzando ora il valore di ciò che hai fatto. «Si tratta di un lungo percorso di accettazione: non riesco ancora a rendermi conto che sia finito. Dopo sette mesi, il mio corpo vuole continuare a camminare. Non riesco a fermarmi. Ho ancora bisogno di muovermi e di andare avanti».   Raccontaci dell’ultima tappa? «Faccio fatica a definirla: sicuramente indimenticabile dal punto di vista umano. Da Saltarà al Santuario Campestre della Madonna del Buon cammino, sono circa 9 chilometri. Quegli ultimi passi li ho fatti con grande leggerezza, anche grazie alle persone che erano con me, da Alessandro Geri, già referente nazionale del Sentiero Italia CAI, a Matteo Marteddu, presidente del gruppo regionale Sardegna, che mi hanno accolto all’arrivo».  
Sara Bonfanti all'arrivo a Santa Teresa Gallura © Sicai
Tiriamo un po’ le somme: in generale, quali sono stati gli aspetti positivi e quelli negativi del tuo viaggio lungo il Sentiero Italia CAI?  «Gli aspetti positivi sono legati alla fisionomia e alla natura del Sentiero Italia CAI: un grande percorso che unisce l’Italia intera e che deve essere valorizzato e spinto il più possibile. Oltre alle meraviglie paesaggistiche, il SICAI permette di scoprire un Paese al di fuori dei luoghi comuni. Allo stesso tempo, devo ammettere che, in alcuni territori, ci sono tappe, che non sono proprio mantenute in maniera ottimale. Altre sì, invece. A tenere in ordine il tracciato, ci sono i volontari, e capisco che non è sempre semplice arrivare dappertutto. Altro aspetto critico sono i punti tappa: ci sono situazioni in cui si arriva in mezzo al nulla».
Sara in cammino © Cai
Immagino che questi casi tu li abbia segnalati alle sezioni di competenza… «Certo, e mi hanno risposto tutti. Credo che l’aspetto più importante sia la condivisione, anche dei problemi e dei disagi. In modo da far crescere il progetto. Allo stesso tempo, è necessario anche tenere conto che alcuni tratti del percorso si svolgono in alta montagna e bisogna essere preparati e consapevoli dei rischi e delle eventuali difficoltà»   Andando nello specifico, quali sono state le tappe più significative?  «In particolare, ne ho una nel cuore ed è in Valle d’Aosta. Queste montagne sono state il teatro della mia infanzia. Il luogo in cui andavo a camminare insieme a mio padre. Quando ho affrontato la tappa da Rhêmes-Notre Dame al Rifugio Savoia, avevo le lacrime gli occhi ed ero in totale simbiosi con la natura, nel bel mezzo di luoghi meravigliosi come la Cima di Entrelor».   E le persone incontrate sul cammino? Quali sono stati gli incontri più significativi?  «Si tratta di una domanda difficilissima. Ogni giorno è stato costellato di incontri. Penso alla Calabria, ad esempio, dove ho avuto il piacere di camminare per più giorni insieme a Consolato Dattola, del Cai Reggio Calabria. Una persona di grande cuore ed empatia. In Sardegna, invece, ricordo con grande piacere il regalo da parte di una delle persone che mi hanno ospitato: il suo coltellino personale, coltellino che tutti da quelle parti si portano dietro. Infine, come dimenticare Franca, di Balme (nelle Valli di Lanzo, in Piemonte), che ha continuato a scrivermi tutti i giorni per sapere come stava andando il mio cammino»   Che persona eri quando sei partita e che Sara sei diventata, all’arrivo? «Anche se sono sempre stata attratta dall’avventura e ho fatto le mie scelte, anche lavorative, sono sempre stata impaurita dall’ignoto. Nonostante avessi già deciso dormire in tenda, inizialmente ero più quadrata e tendevo a pianificare la mia giornata. Poi, mi sono lasciata andare e ho cominciato a vivere alla giornata. Insomma, alla fine del mio percorso sono diventata la Sara che ha imparato a osare e a sognare».   Più in generale, che ruolo ha (e avrà) il Sentiero Italia CAI, dal punto di vista economico e culturale? «Credo che il Sentiero Italia CAI possa essere un perfetto strumento di rilancio per quei territori che sono fuori dai normali circuiti turistici. Per molti aspetti si tratta di uno dei pochi strumenti di rilancio di territori altrimenti destinati allo spopolamento. È un patrimonio da valorizzare e da spingere. Gli effetti si vedono anche dal punto di vista culturale: teniamo presente che stiamo parlando proprio dei territori in cui nasce la cultura della montagna. Insomma, il suo futuro è quello della valorizzazione».   Quale sarà il tuo futuro prossimo? «Ah, è semplice: penso che continuerò a camminare e ad affrontare nuove avventure in montagna e sulle terre alte».