Soccorsi in montagna: più praticanti, più responsabilità

L’aumento degli interventi non dipende solo dall’impreparazione, ma dalla crescita dei frequentatori della montagna. Ce ne parla Enrico Camanni
Foto Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico - CNSAS

Mancano ancora i dati definitivi, ma è chiaro che i soccorsi in montagna stanno aumentando. Nell’estate del 2025 sono stati maggiori che in quella precedente anche perché il tempo s’è rivelato migliore, ma a generare la crescita degli interventi è soprattutto la crescita dei praticanti. Prima di strapparsi le vesti perché oggi si va in montagna in ciabatte e senza preparazione, bisognerebbe innanzi tutto assimilare un fatto: più gente ci va più sale il numero di coloro che possono trovarsi in difficoltà. Bravi, preparati, impreparati: capita a tutti. Ed è un dato matematico. Statistiche a parte, mi basta frequentare i sentieri e le pareti di roccia per vedere che ci sono sempre più persone, di ogni età, e se ci aggiungessi anche le attività che non pratico come la mountain bike o i funghi l’incremento salirebbe ancora. 

È stato il Covid? In parte sì, perché ha fatto scoprire a tante persone i sentieri vicino a casa e ha sdoganato un’attività, l’escursionismo, che un tempo era considerata cosa da vecchi. C’entra il riscaldamento climatico? Certo che sì, perché le estati sempre più calde spingono le persone dalla città alla montagna, e qualcuno si avventura sui sentieri. Overtourism? Solo in certi posti, dove la meta è un selfie e la montagna è solo una cornice. Ma la gente è più o meno preparata di una volta? Non mi sembra così impreparata, altrimenti avremmo una richiesta di interventi davvero insostenibile, ma certo le infinite possibilità di accesso alla montagna, anche alla scalata, generano semplificazione e superficialità. Una volta l’apprendistato era lungo e faticoso, adesso per fortuna è facilitato ma in montagna non s’improvvisa. Certo non bastano un GPS e una previsione meteorologica per ritenersi al sicuro. L’esperienza richiede tempo e pazienza, anche nell’era digitale. Le scorciatoie si pagano, sempre.

Una novità nella nuova legge nazionale della montagna riguarda il principio di responsabilità che si può riassumere così: “Il fatto colposo del fruitore costituisce caso fortuito ai fini della responsabilità civile”. In altre parole, le cadute di sassi o gli infortuni per comportamenti imprudenti non saranno imputabili ai Comuni o altri enti. Era ora. L’autoresponsabilità è l’unico vero deterrente contro l’imprudenza, e non c’è nessuno, oltre a noi stessi, che sia giusto che paghi per l’evento imponderabile, la sfortuna o una scelta sbagliata. 

Più discutibile è invece la misura inserita nella bozza della Legge di bilancio che riguarda il pagamento dei soccorsi in caso di richiesta “immotivata o ingiustificata”. Il confine del pericolo è troppo labile per stabilire, a posteriori, se fosse giusto o meno chiamare l’elicottero. Servirebbero inchieste lunghissime e probabilmente molto costose. Provare a risolvere l’incremento dei soccorsi con delle sanzioni pecuniarie è illusorio, perché i veri antidoti alla superficialità sono l’educazione alla montagna e la responsabilità individuale. Lo dicono gli stessi soccorritori.