Spazio pubblico alpino: a Castelfondo (TN), una piazza che ricuce il cuore del borgo

Nel docufilm ArchitetturAlpinA, la nuova piazza di Castelfondo in Val di Non racconta come un vuoto urbano diventi spazio pubblico attivo. Un progetto che trasforma una ferita del borgo in architettura condivisa, tra materia locale e nuove relazioni.

Questo articolo, a cura del progetto ArchitetturAlpinA, ci guida alla scoperta delle architetture contemporanee che animano e trasformano il paesaggio alpino.

Nuove piazze e spazi pubblici a Castelfondo © Mariano Dallago

Trentino, Borgo d’Anaunia. Dopo la Carnia friulana e le cabine elettriche che hanno reso visibile l’invisibile, il viaggio di ArchitetturAlpinA si sposta più a ovest, tra le pieghe ordinate e potenti della Val di Non, dove la montagna si intreccia alla vita quotidiana con una compostezza antica. In questo scenario, è la nuova piazza di Castelfondo il progetto scelto a rappresentare il territorio trentino nel docufilm, una piazza che non è solo uno spazio urbano, ma una lente attraverso cui osservare il ruolo dell’architettura nei centri minori delle Alpi italiane.

Nato dalla demolizione di un edificio pericolante nel cuore del borgo, l’intervento restituisce centralità e senso a un luogo pubblico, trasformando una ferita urbana in un sistema articolato di relazioni. Non un unico grande vuoto, ma una serie di spazi in dialogo, scanditi da quote, materiali e affacci, pensati per contenere la vita e stimolare nuove dinamiche comunitarie.

Secondo l’Ordine degli Architetti della Provincia di Trento l’intervento definisce “un primo cuneo che genera un sistema di spazi pubblici a partire dalla demolizione di un edificio esistente ormai abbandonato e destinato all’inutilizzo, articolando la nuova piazza su tre quote differenti a gestire i dislivelli presenti”.  Anche i progettisti, Franzoso e Marinelli definiscono il loro risoluzione con queste parole "Il corpo delle architetture esistenti e il corpo del nuovo progetto entrano in risonanza per generare spazi dove la comunità si ritrova e si reinventa. Un’atmosfera sospesa nel tempo in cui la pietra di porfido presente nel calcestruzzo porta il monte Luco, la montagna porfirica cara al paese, al centro del desiderato nuovo spazio pubblico. Così, dove prima c’era un brano di tessuto abbandonato, i materiali ora generano relazioni in grado di costruire luoghi nuovi aperti a tutti”.

A differenza di tante piazze alpine, spesso pensate come piani unici delimitati da bordi rigidi, la piazza di Castelfondo è stratificata, quasi scolpita nel pendio. Un gioco di livelli, scale e passaggi costruisce una sequenza fluida di luoghi: luoghi per sedersi, camminare, sostare, incontrarsi. Ogni piano visivo si apre sul successivo, in un continuo invito al movimento e alla scoperta.

 

Materia locale, memoria collettiva

Il linguaggio architettonico scelto è sobrio, eppure ricco di significati. I muri che delimitano gli spazi sono in calcestruzzo lavato, lavorato con inerti di porfido, la pietra che caratterizza il vicino monte Luco, vetta simbolica della zona. A questo si aggiungono pavimentazioni in legno di larice, un materiale che profuma di bosco, calore e stagioni. Non ci sono superfici lisce e levigate: la ruvidità del cemento, arricchita dalle tessiture minerali, richiama la massività degli edifici storici, offrendo un legame tangibile con il carattere architettonico del paese.

La scelta dei materiali non è solo estetica o funzionale: è una presa di posizione culturale. Utilizzare il porfido, pietra che dà identità al paesaggio, significa riconoscere che l’architettura non deve introdurre elementi estranei, ma ascoltare, valorizzare, restituire.

Nuove piazze e spazi pubblici a Castelfondo © Mariano Dallago

Una piazza per attivare, non solo rappresentare

A rendere questo progetto emblematico nel contesto del documentario ArchitetturAlpinA è soprattutto il suo valore sociale. In montagna, dove la dispersione insediativa è spesso una condanna alla marginalità, ogni spazio pubblico può diventare un attivatore di presenza. Un punto di coagulo, un luogo dove l’abitare collettivo può rinnovarsi.

Sempre l’Ordine di Trento lo sottolinea: “L’intervento di Castelfondo rappresenta un’occasione per riflettere sul senso e sul modo di abitare i centri storici dei paesi che punteggiano le nostre valli. Lo spazio pubblico diventa luogo identitario della comunità, ma anche motore di funzioni e dinamiche che ne rafforzano la vitalità.”

Non è solo una questione di estetica, ma di architettura come infrastruttura sociale. Una piazza, se ben progettata, può contenere la memoria e al tempo stesso suggerire un futuro. Può accogliere la festa e il silenzio, i bambini e gli anziani, le cerimonie civili e le giornate comuni.

Ciò che rende forte questo progetto è anche il suo punto di partenza: non la costruzione dal nuovo, ma la rimozione di un rudere, una cicatrice urbana che ostacolava la vita del centro. È un gesto netto, ma necessario: demolire per liberare, per fare spazio a qualcosa che parli di cura, di bellezza, di condivisione.

In questa logica, la nuova piazza non è un’aggiunta, ma una restituzione. Ritorna alla comunità ciò che per troppo tempo era stato tolto: la possibilità di vivere lo spazio collettivo. In un’epoca di spopolamento e fragilità sociale nei territori montani, ogni gesto che rafforza il senso di appartenenza è un gesto molto importante per le popolazioni.

 

Piccolo è significativo

Nel paesaggio architettonico alpino, sono spesso i piccoli progetti a produrre le trasformazioni più durature. Non grattacieli, non musei spettacolari, ma interventi misurati, capaci di ascoltare i luoghi. In questo senso, la piazza di Castelfondo è sorella del “Paesaggio Elettrico” della Carnia: entrambi dimostrano come la qualità dell’architettura può e deve abitare anche le pieghe meno visibili del territorio.

Come nel caso friulano, anche qui la forza del progetto non sta solo nella forma, ma nel metodo: attenzione al contesto, materiali locali, coinvolgimento della comunità, dialogo con la storia e con il futuro. Tutti elementi che ArchitetturAlpinA riconosce e valorizza come componenti essenziali di una nuova cultura del costruire in montagna.

In definitiva, la nuova piazza di Castelfondo ci invita a riflettere su cosa voglia dire architettura pubblica oggi. In un’epoca in cui lo spazio comune è spesso trascurato, marginale, o banalizzato, questo progetto mostra che l’architettura può ancora essere strumento di coesione, di rigenerazione, di bellezza condivisa.

Il docufilm in lavorazione desidera raccontare questa storia con la delicatezza e l’attenzione che merita, portando lo sguardo dello spettatore dentro una montagna abitata, curata, pensata. Una montagna che non vuole essere solo sfondo turistico, ma territorio vivo, fatto di relazioni, scelte e visioni.