Specie aliene e riscaldamento globale: una minaccia per gli ecosistemi alpini

Con l’aumento delle temperature, le barriere naturali che un tempo difendevano le Alpi dalle specie aliene si stanno indebolendo. Piante non native raggiungono quote sempre più elevate, alterando equilibri ecologici delicati.

 

Gli ambienti montani vengono spesso percepiti come luoghi remoti, difficili da raggiungere, relativamente protetti dalle trasformazioni che interessano le aree di pianura, e quindi naturalmente schermati anche dalle invasioni biologiche: il clima rigido, la breve stagione vegetativa e la ridotta presenza umana hanno infatti storicamente limitato la diffusione di specie aliene. Oggi però i cambiamenti globali che interessano il nostro pianeta stanno progressivamente erodendo questa protezione naturale, rendendo anche gli habitat d’alta quota sempre più vulnerabili. Con il termine ombrello “specie aliene” si intende organismi introdotti al di fuori del proprio areale naturale, cioè in luoghi dove non sarebbero arrivati senza l’intervento, volontario o accidentale, dell’essere umano. Una specie introdotta che riesce a sopravvivere e riprodursi stabilmente nel nuovo territorio viene definita naturalizzata. Se, oltre a questo, è capace di espandersi rapidamente e causare impatti negativi sulla biodiversità autoctona, allora viene classificata come invasiva. A causa delle temperature più miti, le specie aliene stanno raggiungendo quote sempre più elevate, mettendo a rischio la stabilità di habitat già indeboliti dall’effetto del cambiamento climatico. Capire come queste specie si espandono è fondamentale per riuscire a proteggere gli ambienti più vulnerabili all’invasione e le specie native che li abitano.

 

Un numero crescente di specie aliene bussa alle porte delle Alpi

Fino a pochi anni fa, le specie aliene erano relativamente rare in quota, ostacolate da condizioni ambientali sfavorevoli: suoli poveri di nutrienti, stagioni vegetative brevi a causa della prolungata copertura nevosa, e un clima rigido segnato da basse temperature e gelate ricorrenti. Oggi però il quadro sta cambiando rapidamente. Il riscaldamento climatico, insieme all’aumento dei disturbi legati alle attività umane, sta creando nuove opportunità per molte piante non native. 
Una delle risposte più comuni degli organismi all’aumento delle temperature è lo spostamento verso latitudini o altitudini maggiori, per inseguire condizioni ambientali favorevoli. La stessa dinamica è stata osservata nelle specie aliene, che però si stanno espandendo verso l’alto più velocemente delle specie native, seguendo la traiettoria delle isoterme che avanzano con il riscaldamento globale. 
Le piante aliene non arrivano in montagna “per caso”. La loro risalita lungo i versanti alpini è strettamente legata alla presenza di corridoi di dispersione, soprattutto strade e corsi d’acqua, che funzionano allo stesso tempo sia come mezzi di trasporto di semi e propaguli (tramite i quali le piante si riproducono), sia come ambienti disturbati dove le piante aliene trovano condizioni favorevoli per insediarsi. Le strade, attraverso il traffico veicolare, trasportano e rilasciano lungo i margini una grande quantità di propaguli provenienti dalle aree di fondovalle e di pianura. Allo stesso tempo, creano ambienti disturbati - suolo nudo, competizione ridotta, microclimi più caldi – che risultano particolarmente adatti all’arrivo di piante pioniere, spesso aliene e altamente competitive. I fiumi agiscono in modo analogo: trasportano semi e frammenti vegetali lungo tutto il reticolo idrografico, mentre i disturbi periodici - erosione, deposizione di sedimenti, esondazioni - generano superfici libere e instabili che favoriscono la germinazione di specie pioniere e aliene.

 

Un caso emblematico: Senecio inaequidens, il “senecione sudafricano”

Una delle invasioni tra le più emblematiche delle Alpi è quella del Senecio inaequidens, conosciuto come “senecione sudafricano”. Originaria del Sudafrica, questa specie è arrivata in Europa alla fine dell’Ottocento come contaminante della lana di pecora. Da allora si è diffusa rapidamente lungo infrastrutture e aree disturbate. Nelle regioni alpine, uno studio condotto da Vacchiano e colleghi in Valle d’Aosta ha documentato come, tra il 1990 e il 2010, la specie abbia colonizzato rapidamente pendii aridi e soleggiati, rive dei fiumi e margini stradali, raggiungendo i 1600 metri di quota e mostrando un potenziale di espansione verso quote ancora più elevate.
Il senecione sudafricano rappresenta un caso particolarmente preoccupante non solo dal punto di vista ecologico, ma anche sanitario ed economico: la pianta contiene alcaloidi pirrolizidinici, tossici per il bestiame e potenzialmente rischiosi per la salute umana attraverso il consumo di latte e suoi derivati. 
Il recente studio di Quaglini e colleghi (2025) mostra che Senecio inaequidens si espande soprattutto in ambienti poveri e disturbati, dove la competizione è bassa e il suolo nudo favorisce l’insediamento, mentre viene limitato in comunità vegetali ricche e strutturate che esercitano maggiore resistenza biotica. Questo conferma che la specie è un colonizzatore efficace ma un competitore debole, evidenziando l’importanza non solo di contenere le popolazioni aliene, ma anche di preservare le comunità native, affinché possano limitarne la diffusione.

 

Riscaldamento climatico e aumento del rischio di invasione

I modelli previsionali indicano che nei prossimi decenni il rischio di invasione nelle Alpi è destinato ad aumentare. Secondo Carboni e colleghi (2017), il riscaldamento climatico renderà gli ambienti alpini sempre più idonei alle specie aliene, mentre l’abbandono dei pascoli aprirà nuovi spazi a specie introdorre che oggi sono contenute dal pascolo stesso. A questo si aggiunge l’introduzione continua di nuove specie attraverso il settore turistico e vivaistico. Ad esempio, la costruzione delle piste da sci talvolta si affida alla semina di specie erbacee non native che possono persistere a lungo e inibire la ricolonizzazione da parte di specie native. 

L’arrivo delle specie aliene in quota non è una semplice curiosità botanica, ma una minaccia concreta: piante spesso più competitive delle native possono sostituire rapidamente la flora specializzata d’alta quota, riducendo la biodiversità, favorendo una crescente omogeneizzazione floristica e una conseguente perdita di servizi ecosistemici essenziali. 
Di fronte a questi impatti, la ricerca suggerisce azioni chiare: intervenire nelle prime fasi dell’invasione, monitorare i principali corridoi di ingresso come strade, parcheggi, aree sciistiche e fiumi, regolare il commercio di specie ornamentali potenzialmente invasive e, infine, mantenere attive le pratiche tradizionali come il pascolo, che contribuiscono a limitare l’espansione delle specie aliene. Agire tempestivamente e in modo coordinato è indispensabile per proteggere i paesaggi alpini.

 

Riferimenti bibliografici

Alexander, J.M., Lembrechts, J.J., Cavieres, L.A., Daehler, C., Haider, S., Kueffer, C., Liu, G., McDougall, K., Milbau, A., Pauchard, A., Rew, L.J., & Seipel, T. (2016). Plant invasions into mountains and alpine ecosystems: current status and future challenges. Alpine Botany, 126, 89–97.

Barni, E., Bacaro, G., Falzoi, S., Spanna, F., & Siniscalco, C. (2012). Establishing climatic constraints shaping the distribution of alien plant species along the elevation gradient in the Alps. Plant Ecology, 213(5), 757–767. 

Carboni, M., Latimer, A.M., Banerjee, S., Kueffer, C., & Gibson, D.J. (2017). Simulating plant invasion dynamics in mountain ecosystems under global change. Global Change Biology, 23(11), 4738–4750.

Geppert, C., Lenoir, J., Molina-Venegas, R., Saladin, B., Dengler, J., et al. (2023). Red-listed plants are contracting their elevational range faster than common plants in the European Alps. Journal of Biogeography.

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Quaglini, L.A., Yannelli, F.A., Fasano, F., Montagnani, C., Caronni, S., Citterio, S., & Gentili, R. (2025). Abiotic and biotic factors shape the invasion success of the alien plant species Senecio inaequidens (Asteraceae) in northern Italy. Journal of Plant Ecology, 18.

Vacchiano, G., Barni, E., Lonati, M., Masante, D., Curtaz, A., Tutino, S., & Siniscalco, C. (2013). Monitoring and modeling the invasion of the fast spreading alien Senecio inaequidens DC. in an alpine region. Plant Biosystems, 147(4), 1139–1147.

Vorstenbosch, T., Essl, F., & Lenzner, B. (2020). An uphill battle? The elevational distribution of alien plant species along rivers and roads in the Austrian Alps. NeoBiota, 63, 1–24.