© Corpo nazionale Soccorso alpinoSi conclude con tre patteggiamenti e due proscioglimenti la vicenda giudiziaria legata alla tragedia della funivia del Mottarone del 23 maggio 2021, uno degli incidenti più gravi degli ultimi anni in Italia.
Il gup di Verbania, Gianni Macchioni, con il via libera della Procura, ha accolto le proposte di patteggiamento avanzate dai legali di Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio, direttore di esercizio al tempo del disastro, e Gabriele Tadini, capo servizio dell’impianto. Le pene pattuite, una volta definitive, consentono di evitare il carcere: 3 anni e 10 mesi per Nerini, 3 anni e 11 mesi per Perocchio e 4 anni e 5 mesi per Tadini.
Dichiarati invece non luogo a procedere Martin Leitner, consigliere delegato dell’omonima società, e Peter Rabanser, responsabile del customer service.
“Questo è il valore che danno alla vita delle persone”, ha commentato Vincenza Minutella, madre di Silvia Malnati, una delle 14 vittime.
Il procuratore Alessandro Pepè ha sottolineato l’adeguatezza complessiva della soluzione, pur riconoscendo la sofferenza dei familiari. “Il processo penale non può mirare a restituire nulla e neppure ad attenuare il dolore”. La sindaca di Stresa, Marcella Severino, ha definito “da brividi” l’esito del procedimento, sottolineando la difficoltà di giustificare l’assenza di un processo dibattimentale.
Il percorso giudiziario è stato lungo e complesso. Per due volte la Procura ha dovuto confrontarsi con un gup che non aveva condiviso le imputazioni, e sono state riformulate le contestazioni. Caduta l’accusa di attentato alla sicurezza dei trasporti aggravato dal disastro nei confronti di Nerini, Perocchio e Tadini, rimasta solo per l’apposizione dei forchettoni sulle cabine nei giorni precedenti l’incidente, tutti e tre rispondevano comunque di disastro colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Solo Tadini e Perocchio erano chiamati a rispondere anche di falso.
Gli avvocati delle parti hanno sottolineato la correttezza e la trasparenza della Procura e l’impegno dei loro clienti nel risarcire le vittime. Tadini, tramite lettera, ha espresso il proprio dolore: “Più che la condanna, temo il mancato perdono dei familiari. Dal giorno della tragedia non so darmi pace”.