Studiare la vegetazione dallo spazio: dal dettaglio alla scala globale

Il telerilevamento permette di osservare la vegetazione alpina dall’alto, in modo continuo e su vaste aree difficili da raggiungere. Grazie ai satelliti, possiamo monitorare gli effetti del cambiamento climatico, riconoscere segnali di stress delle piante e seguire l’evoluzione degli ecosistemi nel tempo. Una tecnologia che affianca e potenzia il lavoro sul campo.
Le Alpi viste dallo spazio. Foto GrazianoU/Wikipedia

Studiare gli effetti del cambiamento climatico sulla vegetazione richiede spesso dati raccolti su larga scala e ripetuti nel tempo, un lavoro che può diventare molto dispendioso in termini sia economici che logistici. Quando l’area di studio si trova in territori montani o alpini, le difficoltà aumentano ulteriormente: si tratta infatti di ambienti remoti, impervi e non sempre facilmente accessibili ai ricercatori. Il telerilevamento, cioè l’insieme di tecniche che permettono di osservare e misurare la superficie terrestre a distanza tramite satelliti, aerei o droni, diventa quindi una risorsa preziosa. I sensori utilizzati in queste tecnologie acquisiscono immagini registrando l’energia riflessa o emessa dalla superficie terrestre in diverse lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico, cioè nei vari “tipi” di luce che esistono in natura, in particolare nelle regioni del visibile e dell’infrarosso. Ogni materiale riflette la luce in modo diverso a seconda delle sue proprietà fisiche e chimiche: questa è ciò che si definisce informazione o firma spettrale. Analizzando come un oggetto riflette ciascun tipo di luce, i sensori possono ricavare indicazioni preziose sul suo stato e sulla sua composizione.
L’immagine digitale risultante può essere pensata come una griglia di pixel, ciascuno dei quali contiene valori numerici che rappresentano specifiche informazioni spettrali utili a interpretare le caratteristiche della vegetazione osservata. L’utilizzo del telerilevamento permette ai ricercatori di integrare o sostituire parte dell’attività sul campo con dati già disponibili, aggiornati e accessibili gratuitamente da piattaforme aperte come Copernicus o Landsat. 

 

Perché il telerilevamento è utile per studiare la vegetazione

Una delle principali potenzialità del telerilevamento è la possibilità di osservare la vegetazione in modo continuo e ripetuto nel tempo. I satelliti tornano a sorvolare le stesse aree a intervalli regolari (da pochi giorni a qualche settimana), permettendo così di monitorare l’evoluzione degli ecosistemi, cogliere variazioni stagionali e individuare eventuali anomalie legate a eventi estremi o cambiamenti climatici. Un altro grande vantaggio è la copertura geografica: grazie ai dati satellitari è possibile ottenere informazioni omogenee su territori vastissimi, superando limiti logistici e difficoltà di accesso. Questo rende il telerilevamento particolarmente utile per studi su larga scala o in aree remote, come molte zone alpine. Per comprendere davvero perché queste tecnologie siano così efficaci nel descrivere gli ecosistemi, è utile fare un passo indietro e osservare ciò che accade alla scala delle foglie, dove nasce il segnale che i satelliti registrano. Le foglie sono gli organi che permettono alle piante di catturare la luce per la fotosintesi: quando la radiazione solare colpisce la loro superficie, una parte viene riflessa, conferendo per esempio il colore verde alle foglie, mentre un’altra penetra all’interno della foglia. All’interno, le cellule del mesofillo, lo strato “spugnoso” che si trova tra le due epidermidi, insieme agli spazi d’aria diffondono la luce in molte direzioni. Se cambia la quantità di acqua contenuta nei tessuti fogliari, cambia anche il modo in cui la foglia riflette la luce: per questo i sensori possono riconoscere segnali di stress idrico prima ancora che siano visibili a occhio nudo. 
Le immagini satellitari consentono inoltre di estrarre numerosi parametri utili per descrivere la vegetazione. Tra i più noti c’è l’NDVI (Normalized Difference Vegetation Index), un indicatore che permette di stimare la quantità e la salute della biomassa verde. Oltre all’NDVI, esistono molti altri indici derivati dal confronto tra lunghezze d’onda diverse, utili per valutare fenomeni come la fenologia (cioè i cambiamenti stagionali come l’inizio della crescita o l’ingiallimento autunnale) e persino segnali se le piante sono in stress idrico o termico.

 

Esempi applicativi del telerilevamento in ambienti montani e alpini

Negli ecosistemi d’alta quota il telerilevamento può avere molte applicazioni dalla mappatura degli habitat e delle comunità vegetali, al monitoraggio del cambiamento climatico e degli eventi estremi, fino all’identificazione di specie invasive. Una delle applicazioni più rilevanti riguarda il monitoraggio della linea degli alberi, ovvero il limite altitudinale oltre il quale le condizioni climatiche e ambientali non permettono più la crescita degli alberi. Questo confine biologico forma un ecotono, cioè una zona di transizione tra due habitat distinti, caratterizzata da forti gradienti ambientali e da mosaici di vegetazione appartenenti ai due ecosistemi confinanti. La posizione e la struttura di questo ecotono rispondono rapidamente ai cambiamenti della temperatura, della durata della stagione di crescita e alla riduzione della copertura nevosa, rendendoli indicatori precoci degli effetti del riscaldamento globale. Il telerilevamento risulta particolarmente utile in questo contesto perché consente di monitorare e quantificare gli spostamenti altitudinali o latitudinali della linea del bosco e, di conseguenza, di stimare quelli che potrebbero essere gli effetti di questi cambiamenti su scala ecosistemica.

Il telerilevamento rappresenta oggi una delle nuove frontiere per la botanica e l’ecologia. La possibilità di osservare gli ecosistemi dall’alto, in modo continuo e su vaste aree, offre una prospettiva completamente diversa ma perfettamente complementare al lavoro sul campo. Ciò che accade su scala microscopica, nelle cellule delle foglie, dove i pigmenti fotosintetici e l’acqua determinano il modo in cui la luce viene assorbita o riflessa, diventa leggibile dai satelliti come un segnale che racconta lo stato di salute di interi paesaggi. Integrare telerilevamento e osservazioni dirette significa unire due mondi: la precisione del dettaglio e l’ampiezza dello sguardo globale. In un’epoca di rapido cambiamento climatico, questa sinergia è essenziale per proteggere la biodiversità, guidare le strategie di conservazione e offrire nuovi strumenti per comprendere e raccontare la montagna che cambia.

 

Riferimenti bibliografici

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