Piz Nair, stazione di monte della funivia - Foto Tiia Monto - Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0
Piz Nair, stazione di monte della funivia - Foto Capricorn4049 - Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0
Piz Nair, stazione di monte della funivia - Foto Tiia Monto - Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0
Piz Nair - Foto Capricorn4049 - Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0
Piz Nair, stazione di monte della funivia - Foto Tiia Monto - Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0In un'epoca in cui il cambiamento climatico sta ridisegnando il nostro pianeta, il permafrost emerge come uno degli elementi più vulnerabili degli ambienti d’alta quota. Accanto alla progressiva e accelerata fusione glaciale, preoccupa sulle Alpi lo stato di quello che, per definizione, è il suolo che resta perennemente congelato per almeno due anni consecutivi.
Questo strato di terreno ghiacciato, che funge da “cemento” naturale che tiene insieme rocce, detriti e ghiaccio, garantendo dunque stabilità al paesaggio, è estremamente sensibile all’innalzamento delle temperature. La progressiva fusione del ghiaccio presente nel permafrost minaccia la stabilità dei versanti montani e anche gli equilibri idrogeologici.
Nelle Alpi Svizzere, secondo i dati diffusi lo scorso giugno dalla Accademia Svizzera di Scienze Naturali (SCNAT), negli ultimi 25 anni si è assistito a una significativa perdita per fusione del ghiaccio conservato nel permafrost. Nell’ultimo decennio l’incremento della temperatura a 10 metri di profondità, è risultato essere di poco inferiore a 1°C.
Risulta pertanto urgente, oltre a intervenire a monte nel frenare l’incremento medio delle temperature, trovare soluzioni che possano rallentare il processo di fusione del permafrost.
Sul Piz Nair (3.057m m), montagna che domina Saint Moritz ed elemento centrale del suo comprensorio sciistico e turistico, si stanno sperimentando a tale scopo dei “congelatori”. Termine semplicistico che utilizziamo per facilitare la comprensione di quella che è la finalità dell’esperimento in corso. Più corretto sarebbe l'uso di “termosifone”, da intendere nella sua definizione di tecnologia basata su uno scambio termico passivo.
“Termosifoni” d'alta quota
Si tratta, nel dettaglio, di un sistema di raffreddamento installato sotto la stazione di monte della funivia del Piz Nair, che consiste in tubi ermetici, contenenti anidride carbonica compressa. Sfruttando i principi della termodinamica, il sistema è in grado di assicurare il raffreddamento del permafrost, in maniera passiva, senza necessità di apporto energetico esterno.
Il meccanismo alla base è il seguente: la CO2 presente allo stato liquido nella parte inferiore dei tubi, va incontro a evaporazione per effetto di riscaldamento del suolo (anche di pochi gradi). Il gas sale in maniera spontanea verso la parte più alta del tubo, esposta all’aria esterna. Qui avviene uno scambio di calore tra interno ed esterno. Nei mesi invernali, in cui la temperatura dell’aria è inferiore a quella presente nel tubo, il gas va incontro a condensazione e torna in forma liquida nella parte bassa del tubo. In questo processo viene ceduto calore dal terreno all’ambiente circostante.
Il sistema, già in uso in altre aree del mondo, quali Canada, Siberia e Alaska, mai sperimentato prima sulle Alpi, ha come obiettivo il ridurre la progressiva fusione del permafrost, che minaccia la stabilità del terreno e, di conseguenza pone a rischio la stessa stazione della funivia.
Come riportato nel dettaglio sul portale web Tedamos, dove sono reperibili i dati relativi ai diversi progetti di geo monitoraggio innovativo, attivi su scala europea, tra cui quello del Piz Nair, la stazione di monte della teleferica risulta ancorata a rocce metamorfiche (serpentinite) nel permafrost. E in conseguenza del riscaldamento climatico, “la zona di permafrost si è spostata e sta compromettendo la stabilità delle fondamenta della stazione di montagna”.
I monitoraggi del permafrost sono attivi nell’area dal 2020, sia in forma automatizzata che manuale, ma questa estate si è optato per fare un passo avanti, e cercare, come evidenziato dall’ingegnere geotecnico Lukas Arenson, in un servizio diffuso dai TG in Svizzera, di “dare una mano alla natura”.
Secondo le stime, a fronte di un investimento di quasi 2 milioni di euro, si potrebbe assicurare la stabilità del permafrost del Piz Nair per almeno 30 anni. La funivia in tal modo, potrebbe considerarsi salva almeno fino al 2050. Vi erano alternative a una simile spesa?
La risposta è sì e corrisponde alla dismissione degli impianti di risalita. La Engadin St. Moritz Mountains AG, società che gestisce gli impianti a St. Morit, si è trovata di fronte a un bivio: smontare l’impianto o investire per la sua conservazione. Secondo quanto dichiarato da Thomas Brunner, direttore tecnico degli impianti di risalita, smontare l'impianto sarebbe risultato ancora più costoso della installazione dei “congelatori” del permafrost.